Fibrillazione atriale: i fattori di rischio per la cronicizzazione

 

Ricercatori canadesi hanno seguito per una media di 8 anni 757 pazienti (età media 64 anni) che avevano sofferto di un episodio di fibrillazione atriale parossistica.
A distanza di 5 anni dal primo episodio ben il 60% dei soggetti arruolati aveva avuto una recidiva aritmia (FA parossistica o cronicizzazione). La probabilità di progressione verso una forma cronica era dell' 8.6% nel primo anno e del 24.7% nel quinto anno. I fattori di rischio maggiormente associati al rischio di cronicizzazione erano l'età avanzata, un atrio sinistro dilatato, la coesistenza di una valvulopatia mitralica o aortica e la presenza di una cardiomiopatia. Al contrario una rapida risposta ventricolare durante l'episodio parossistico era associata ad un minor rischio di cronicizzazione.

 

Fonte:
Kerr CR et al. Progression to chronic atrial fibrillation after the initial diagnosis of paroxysmal atrial fibrillation: Results from the Canadian Registry of Atrial Fibrillation. Am Heart J 2005 Mar; 149:489-96.

 


Commento di Renato Rossi
La fibrillazione atriale è sicuramente l'aritmia più vista nella pratica clincia e la sua frequenza aumenta con l'età.
Può comportare conseguenze di tipo emodinamico ma spesso l'aritmia cronica è ben sopportata, purchè si riesca a controllare la frequenza ventricolare. Tuttavia vi è un aumentato rischio di stroke cardioembolico, presente non solo nelle forme croniche ma anche in quelle parossistiche recidivanti, per cui viene consigliata una profilassi con anticoagulante orale (o con antiaggregante nei pazienti giovani senza alterazioni cardiache o se l'anticoagulante è controindicato).
E' risaputo che nei pazienti che hanno presentato un primo episodio di fibrillazione atriale parossistica vi è un rischio abbastanza consistente di recidiva oppure di evoluzione verso una fibrillazione atriale cronica e che il rischio aumenta con il passare del tempo. In questa coorte di pazienti tuttavia il rischio di evoluzione verso la cronicizzazione non è stato particolarmente elevato perchè dopo cinque anni dal primo episodio solo un paziente su quattro aveva una FA cronica. I maggiori fattori di rischio associati al rischio di cronicizzazione (a parte l'età avanzata) sono rappresentati dalla coesistenza di una alterazione anatomica cardiaca come un vizio valvolare moderato-grave, una cardiomiopatia o un ingrandimento atriale sinistro. Una FA con rapida risposta ventricolare sembra invece comportare un rischio di trasformazione in aritmia cronica più basso, ma la ragione di ciò non è nota.