"Scienza e Professione"
Mensile di informazione e varie attualita' - Reg. Trib. Roma n. 397/2004 del 7/10/2004
Resp.:   Daniele Zamperini  O.M. Roma 19738 - O. d. G. Lazio e Molise 073422   
Versione ufficiale delle  
"PILLOLE DI MEDICINA TELEMATICA" attive dal 1998

Patrocinate da - O.M. della Provincia di Padova - SIMG-Roma -  A. S. M. L. U. C. - Medico&Leggi -

N. 3, anno 2, Gennaio 2005
 

Redazione: Luca Puccetti (webmaster), Marco Venuti (aggiornamento legale), Raimondo Farinacci, Giuseppe Ressa, Renato Rossi, Guido Zamperini. Per iscriversi: richiesta a dzamperini@tiscali.it. Archivio generale di oltre 1500 articoli e varie risorse aggiuntive su http://www.pillole.org/ (consigliato) oppure (vecchia versione) su www.scienzaeprofessione.it Il nostro materiale, salvo diverse specificazioni,  è liberamente utilizzabile per uso privato. Riproduzione consentita citando la fonte.


INDICE GENERALE 

PILLOLE
- Medici scienziati? No, grazie
- Dislipidemia: trattare aggressivamente
Il calo del triptofano innesca mutamenti dell’attività cerebrale.
- Infarti cerebrali visibili alla TAC sono in relazione alla demenza e alla mortalità
L’emicrania puo' essere spia di lesioni cerebrali subcliniche
- La Leptina nell’amenorrea ipotalamica migliora la funzione riproduttiva e neuroendocrina
- Associazione tra ischemia cerebrale e alcuni ceppi di Helicobacter pylori
- Carne e alcool aumentano il rischio di recidive di colite ulcerosa
L’ Eritromicina presa con altri inibitori del Citocromo P450 3A aumenta il rischio di morte improvvisa
Il Celacade migliora la prognosi nell' insufficienza cardiaca avanzata
Effetto positivo dell’associazione Simvastatina e Ramipril
Olio di pesce contro la cachessia tumorale, in qualche caso
Il Papillomavirus puo' causare il tumore polmonare?
Carcinoma della prostata, efficacia della multiterapia di combinazione
Il bambino con ritardo nel linguaggio
Le tappe nello sviluppo del linguaggio 
Controversa l'utilità di associare ACE inibitori e Sartani nello scompenso
- L'atenololo nell'ipertensione: dubbi sulla scelta di questo beta-bloccante
- Vaccinarsi e' bene, rivaccinarsi e' meglio
- News prescrittive (dalla Gazzetta Ufficiale): (a cura di Marco Venuti)
Chinoplus, Unidrox, Keraflox- Motilium


CASI CLINICI
- I CASI DEL DOTT. CRETINETTI
Quelle strane perdite di coscienza (di Giuseppe Ressa)


APPROFONDIMENTI
- MANIPOLAZIONE DEI GENI. Il dubbio di Ippocrate tra scienza e coscienza (Massimiliano Fanni Canelles)


IL DIBATTITO
Posizione della Società scientifica Promed Galileo sulle note AIFA 2004


MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Di Daniele Zamperini per ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica.

- Il consenso tra teoria e prassi: la confusione e' dietro l' angolo (Daniele Zamperini)
Richiesta di chiarimenti all' AIFA da parte di Promed-Galileo: risolvere il conflitto Note/Scheda Tecnica
Il medico e la legge: cap. 6 Diligenza professionale, imperizia e imprudenza.
- Il medico e la legge: cap 7 Diligenza e non adeguatezza degli strumenti materiali

- LE NOVITA' DELLA LEGGE (Di Marco Venuti): Novembre 2004
Su www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm Marco Venuti mette a disposizione una serie di articoli su problemi connessi alla prescrizione dei farmaci.


AVVISI IMPORTANTI

IL MANUALE DI CLINICA PRATICA
Continua la pubblicazione settimanale sul sito http://www.pillole.org/ del "Manuale di clinica pratica", di R. Rossi e G. Ressa, con la collaborazione di vari altri colleghi.  L' opera e' di libero uso esclusivamente personale; non e' consentito l' uso commerciale o di qualunque altro genere senza il consenso degli autori. Questo mese e' stato pubblicato il modulo n. 10
L' indice e' su http://www.pillole.org/public/aspnuke/indicelibro.asp

IL MEDICO E LA LEGGE
Continua la pubblicazione, per gentile concessione dell' Avv. Nicola Todeschini,  del compendio legale sulla Responsabilita' del Medico.L' opera, pubblicata a puntate su questa rivista, viene contemporaneamente messa a disposizione (versione integrale scaricabile) sia sul sito http://www.pillole.org/ che su  http://www.scienzaeprofessione.it/

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"PILLOLE"

0A - Medici scienziati? No, grazie
Alcuni medici –secondo Richard Smith, del BMJ Journal – sono scienziati, esattamente come sono scienziati alcuni politici. Ma non tutti lo sono. Come studenti di medicina, afferma, sono stati riempiti di nozioni sulla biochimica, sull’anatomia, sulla psicologia, e su altre scienze mediche. Ma le sole informazioni non fanno di uno studente uno scienziato. Altrimenti sarebbe possibile divenire scienziati guardando canali informativi, come Discovery Channel e simili. In cose differisce, allora, uno scienziato da una persona acculturata?
La differenza è nel metodo di indagine e di analisi della realtà. Uno scienziato è una persona che costantemente pone questioni, indaga, genera teorie e ipotesi falsificabili e accumula dati mediante esperimenti replicabili. Uno scienziato, scherza Richard, è una persona che si lava solo metà dell’arco dentario per vedere se il lavarsi i denti è utile o meno. Nella realtà i medici usano le regole, ma non le seguono fedelmente: le rispettano, ma spesso improvvisano attorno ad esse.
Nel loro metodo di lavoro sono più simili ad una sessione jazz che ad un esperimento di laboratorio. Sembra oltraggioso affermare che i medici non sono scienziati, ma nella realtà ne sono ben consapevoli. Smith racconta che una volta chiese ad un gruppo di 150 medici quanti di loro fossero scienziati, e solo 5 o 6 di questi alzarono la mano.
Ma se i medici non sono scienziati, allora perché gli articoli che compaiono nelle riviste specializzate è presente un flusso costante di ricerche scientifiche originali?
Negli operatori sociali ed infermieristici le ricerche riportate non sono in originale, ma elaborate e ristrutturate. Per i medici, invece, vi è un costante flusso di dati grezzi, non elaborati.
L’inevitabile conseguenza di questa situazione è che in realtà molti dei medici non leggono gli articoli scientifici per intero, limitandosi agli abstract e, quando disponibili, ai sunti.
In effetti la maggior parte dei medici non è in grado di valutare criticamente gli articoli, in quanto non sono stati addestrati a farlo.
Spesso i lettori di questi articoli – continua Smith – svolazzano sugli stessi articoli come api sui fiori, prendendo qui e lì del polline.
In definitiva, sia il comportamento del medico che la formazione non corrispondono a quelle che dovrebbero essere se fossero scienziati. La stessa diagnosi e la relativa cura delle malattie del paziente avvengono in un modo non scientifico, dove spesso alla cura ottimale si preferisce quella più accessibile al paziente.

Guido Zamperini
Fonti: bmj journal (http://bmj.bmjjournals.com/) riportato su
http://www.omco.pd.it/

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A - Dislipidemia: trattare aggressivamente

Secondo le linee-guida attuali, nei pazienti coronaropatici il valore dell’LDL dovrebbe essere portato a meno di 100 mg/dl. In uno studio multicentrico, randomizzato, internazionale, sponsorizzato dal produttore della pravastatina, i ricercatori hanno paragonato due terapie ipolipemizzanti: pravastatina a dose abituale (40 mg/die) e atorvastatina a dose alta (80 mg/die).
I partecipanti sono stati 4162 pazienti con sindrome coronarica acuta (età media 58 anni, 22% donne) e un valore di colesterolemia totale di 240 mg/dl o meno. I livelli medi di LDL in entrambi i gruppi erano di 106 mg/dl al momento della randomizzazione (circa una settimana dopo l’evento coronarico acuto).
Durante i 2 anni del follow-up i livelli di LDL sono diminuiti a 95 mg/dl con la pravastatina ed a 62 mg/dl con l’atorvastatina. L’incidenza dell’endpoint primario (decesso, infarto miocardico, angina instabile, rivascolarizzazione, stroke) è risultata significativamente minore con l’atorvastatina (22,4%) rispetto alla pravastatina (26,3%). Confrontati con i pazienti trattati mediante pravastatina, quelli trattati con atorvastatina hanno presentato meno procedure di rivascolarizzazione (14% in meno), meno angina instabile (29% in meno) e meno decessi da qualsiasi causa (28% in meno). I benefici maggiori si sono avuti nei soggetti di età inferiore a 65 anni e con un valore medio di LDL basale di 125 mg/dl. L’aumento dell’ALT è stato significativamente più frequente con l’atorvastatina (3,3% contro 1,1%). L’abbandono dello studio si è verificato in frequenza simile nei due gruppi.

Commento: Lo studio, conosciuto come PROVE-IT, fornisce una buona evidenza che una strategia ipolipemizzante aggressiva (l’atorvastatina è stata utilizzata ad 80 mg/die) fornisce i migliori risultati dopo un evento coronarico acuto. L’NNT dice che si devono trattare 25 pazienti con sindrome coronarica acuta per evitare 1 endpoint primario. L’unico appunto che si può condurre allo studio è che è stato confrontato un dosaggio medio di pravastatina con un dosaggio elevato di atorvastatina; sarebbe stato preferibile adottare una strategia aggressiva con entrambi i farmaci, per poter valutare l’eventuale superiorità di uno dei due.
NEJM, 350: 1495, 1562

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B - Il calo del triptofano innesca mutamenti dell’attività cerebrale.

Uno studio sul cervello condotto dai ricercatori del National Institute of Mental Health (NIMH) ha dimostrato che un circuito cerebrale che regola le emozioni risulta iperattivo nelle persone suscettibili alla depressione, anche quando non sono depresse. Gli scienziati hanno scoperto l’anomalia nei cervelli dei pazienti la cui depressione presentava una ricaduta quando un messaggero chimico cerebrale veniva ridotto sperimentalmente. Anche se in remissione, la maggior parte dei soggetti con una storia di disturbi dell’umore sperimentava una ricorrenza temporanea dei sintomi quando dai loro cervelli veniva asportato sperimentalmente triptofano, il precursore chimico della serotonina.
Simili cambiamenti di umore e di attività cerebrale non vengono innescati né da una somministrazione di placebo nei pazienti, né da un calo di triptofano in volontari sani. Le scansioni PET del cervello hanno rivelato che un circuito di elaborazione delle emozioni risultava iperattivo soltanto nei pazienti in remissione, che sperimentassero o meno i sintomi della depressione, e non nei soggetti di controllo. Poiché l’attività anormale non riflette l’umore, la scoperta suggerisce che il calo di triptofano mette alla luce una caratteristica innata associata con la depressione.
Lo studio, di Alexander Neumeister, Dennis Charney, Wayne Drevets e colleghi, è stato pubblicato sul numero di agosto 2004 della rivista "Archives of General Psychiatry
www.lescienze.it

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C Infarti cerebrali visibili alla TAC sono in relazione alla demenza e alla mortalità
Osservazioni incidentali di infarti all’imaging cerebale sono comuni, ma non è chiaro il loro significato clinico.Uno studio, coordinato presso il Sahlgrenska University Hospital di Goteborg, in Svezia, ha valutato l’incidenza di infarti silenti e sintomatici alla tomografia computerizzata cerebrale, e la loro relazione con la demenza e la mortalità in un campione rappresentativo di 239 ottantacinquenni viventi a Goteborg.
L’incidenza di infarti cerebrali è stata del 17.1%, e metà di questi sono state clinicamente silenti ( 8.6% ). La demenza è risultata aumentata nei soggetti con infarti sintomatici ( OR, odds ratio = 5.5 ) e silenti ( OR = 2.7 ). Gli infarti hanno aumentato il rischio di demenza e la sua gravità nelle donne, ma non negli uomini.
La percentuale di mortalità a 3 anni è risultata aumentata tra coloro che hanno presentato infarti silenti ( OR = 4.0 ) e sintomatici ( OR = 3.4 ). Almeno un quinto degli ottantacinquenni avevano infarti riscontrabili alla tomografia computerizzata cerebrale, e metà di questi erano clinicamente silenti. Questi infarti sono correlati ad un incremento della percentuale di demenza e di mortalità a 3 anni.
Una malattia cerebrovascolare come causa di demenza può essere sottostimata a causa di infarti silenti.
Stroke 2004; 35: 1816-1820

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D L’emicrania puo' essere spia di lesioni cerebrali subcliniche
L’obiettivo è stato quello di confrontare la prevalenza di infarti cerebrali e di lesioni della materia bianca nei pazienti con emicrania e di effettuare dei controlli sulla popolazione generale e di identificare le caratteristiche dell’emicrania associate a queste lesioni.
Lo studio , condotto in Germania , è stato effettuato su un campione di popolazione di età compresa fra i 30 ed i 60 anni.Sono stati individuati 161 pazienti con emicrania con aura, 134 con emicrania senza aura . Il gruppo controllo era composto da 140 soggetti.Non sono state evidenziate sostanziali differenze tra i pazienti con emicrania e controlli nell’incidenza totale  di infarto ( 8.1% versus 5.0% ). Tuttavia , nella regione cerebellare del territorio circolatorio posteriore, i pazienti con emicrania hanno mostrato un’incidenza di infarto più alta rispetto ai controlli ( 5,4% versus 0,7%; p = 0,2 ).
Il rischio di infarto posteriore dipendeva dal sottotipo di emicrania e dalla frequenza degli attacchi.
L’OR ( odd ratio ) , aggiustato , è risultato 13.7 per i pazienti con emicrania con aura rispetto aii controlli. Nei pazienti con emicrania e con una frequenza di attacchi uguale o superiore ad 1 al mese , il rischio era 9.3.
Il rischio maggiore si è avuto nei pazienti con emicrania con aura e con 1 o più attacchi al mese ( OR= 15.8 ).
Tra le donne, il rischio di lesioni profonde della materia bianca è risultato più alto nelle pazienti con emicrania rispetto ai controlli ( OR= 2.1 ).
Il rischio aumentava con la frequenza degli attacchi ( OR= 2.6 ), ma è rimasto simile tra i pazienti con emicrania con e quelli senza aura.Negli uomini non sono state osservate significative differenze nell’incidenza di lesioni profonde della materia bianca tra i pazienti con emicrania ed i controlli.
Questi risultati hanno suggerito che alcuni pazienti con emicrania ,con e senza aura, presentano un aumento del rischio di lesioni subc liniche in determinate aree del cervello.
JAMA 2004;291:427-434

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E - La Leptina nell’amenorrea ipotalamica migliora la funzione riproduttiva e neuroendocrina

Alterazioni neuroendocrine ed endocrine sono associate a bassi livelli dell’ormone leptina, secreto dagli adipociti, e si manifestano come amenorrea ipotalamica.Uno studio, coordinato da Ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center, ha verificato l’ipotesi che la somministrazione di Leptina ricombinante esogena fosse in grado di migliorare la funzione riproduttiva e neuroendocrina nelle donne con amenorrea ipotalamica.Sono state studiate donne con amenorrea ipotalamica dovuta ad intenso esercizio fisico o a basso peso corporeo.Dopo il primo mese di osservazione, alle donne è stata somministrata la Leptina ricombinante, due volte al giorno per 3 mesi.Ad altre donne con amenorrea ipotalamica non è stata somministrata alcuna terapia.Dopo due settimane, il trattamento con Leptina ha aumentato i livelli medi di ormone luteinizzante ( LH ), e la frequenza della pulsatilità di LH ed ha aumentato il diametro follicolare, il numero di follicoli dominanti, il volume ovarico ed i livelli di estradiolo nell’arco di 3 mesi.Tre pazienti hanno presentato un ciclo mestruale ovulatorio, mentre altre due hanno presentato uno sviluppo follicolare preovulatorio ed interruzione del sanguinamento durante il trattamento.La terapia ha aumentato in modo significativo i livelli di triiodiotironina libera ( TF3 ), di tiroxina libera ( FT4 ), di IGF-1 ( insulin-like growth factor 1 ), IGF-BP3 ( insulin-like growth factor-binding protein 3 ), fosfatasi alcalina ossea ed osteocalcina.Questo studio ha dimostrato che la somministrazione di Leptina nelle donne con amenorrea ipotalamica sembra migliorare la funzione riproduttiva e la funzione neuroendocrina.
N Eng J Med 2004

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F - Associazione tra ischemia cerebrale e alcuni ceppi di Helicobacter pylori
Gli studi sul legame tra infezione da HP e rischio di ictus non hanno fornito prove definitive.
Ricercatori tedeschi hanno voluto verificare se ceppi più virulenti di Helicobacter pilori, cioè ceppi portatori del gene A associato alla citotossina ( CagA, cytotoxin-associated gene-A ) fossero coinvolti nell’ictus ischemico. Sono stati ricercati gli anticorpi IgG contro l’ Helicobacter pylori e la proteina CagA in 190 pazienti con ischemia cerebrale acuta ed in 229 controlli, arruolati in modo casuale dalla popolazione generale. La sieropositività per la proteina CagA è stata riscontrata più comunemente nei pazienti ( 60% ) che non nei soggetti di controllo ( 43.2%) ( OR, odds ratio = 1.97 ; p < 0.001 ). Al contrario , la sieropositività all’ Helicobacter pylori non è risultata associata ad un aumento del rischio di ictus o dei suoi sottotipi eziologici.
I risultati ottenuti supportano l’ipotesi di una associazione tra l’infezione da ceppi di Helicobacter pylori positivi per la proteina CagA, e l’ischemia cerebrale acuta.
Stroke 2004; 35: 1800-1804

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G Carne e alcool aumentano il rischio di recidive di colite ulcerosa
Le cause alla base delle recidive di colite ulcerosa non sono note, anche se i fattori dietetici sono ritenuti coinvolti nella patogenesi.Ricercatori della Newcastle University in Inghilterra hanno compiuto uno studio per determinare se i fattori dietetici fossero associati ad un aumentato rischio di recidive di colite ulcerosa. Un totale di 191 pazienti sono stati arruolati e tenuti sotto osservazione per un anno. Il 96% di questi ha completato lo studio. Il 52% dei pazienti è andato incontro a recidive. Il consumo di carne ( odds ratio, OR: 3,2 ), particolarmente carne rossa e carne processata ( OR: 5,19 ), una dieta proteica ( OR: 3 ) e l’alcol ( OR = 2,71 ) aumentano la probabilità di recidive di colite. Anche l’assunzione di alte quantità di solfuro e di solfati è associata a recidive.
Gut 2004; 53: 1479-1484

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H - L’ Eritromicina presa con altri inibitori del Citocromo P450 3A aumenta il rischio di morte improvvisa
L’antibiotico Eritromicina, assunto per os, prolunga la ripolarizzazione cardiaca e può causare torsioni di punta ( torsades de pointes ).L’Eritromicina è estesamente metabolizzata a livello epatico dal citocromo P450 3A ( CYP3A ). I farmaci che inibiscono CYP3A provocano un aumento delle concentrazioni plasmatiche di Eritromicina, aumentando pertanto il rischio di aritmie ventricolari e di morte improvvisa. Ricercatori della Vanderbilt University – School of Medicine a Nashville hanno esaminato l’associazione tra impiego di Eritromicina e rischio di morte improvvisa cardiaca, valutando inoltre se l’impiego concomitante di forti inibitori del CYP3A fosse in grado di causare un aumento del rischio. Dall’analisi della coorte del Tennessee Medicaid, sono stati individuati 1476 casi di morte cardiaca improvvisa. Gli inibitori CYP3A impiegati nello studio sono stati: Nitroimidazolo, Diltiazem, Verapamil, Troleandomicina. L’incidenza di morte cardiaca improvvisa tra i pazienti che assumevano Eritromicina è risultata due volte maggiore ( incidence rate ratio: 2,01; p = 0,03 ) rispetto a coloro che non avevano impiegato antibiotici. E’ stata osservata un’incidenza di morte cardiaca improvvisa 5 volte superiore tra coloro che assumevano in modo contemporaneo inibitori CYP3A ed Eritromocina. Questo studio ha dimostrato che l’impiego concomitante di Eritromicina e di forti inibitori CYP3A dovrebbe essere evitato.
N Engl J Med 2004; 351: 1089-1096

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I - Il Celacade migliora la prognosi nell' insufficienza cardiaca avanzata
Uno studio clinico di fase II ha valutato l’effetto di una nuova terapia di immunomodulazione ( Celacade ) nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica, in fase avanzata.
Hanno preso parte allo studio 73 pazienti, che stavano assumendo la terapia convenzionale a base di Ace-inibitori, beta- bloccanti, Digossina e diuretici.
Un miglioramento significativo è stato osservato in un numero maggiore di pazienti che hanno ricevuto Celacade ( 31% versus 11% placebo ; p = 0,046 ).
Di contro, una più alta incidenza di peggioramento è stata osservata nel gruppo placebo che nel gruppo Celacade ( 65% versus 33% placebo ; p = 0,010 ).
I pazienti riceventi Celacade hanno anche presentato significativi miglioramenti in alcuni parametri dell’ECG.
In media l’intervento QTc si è ridotto di 18 msec tra i pazienti del gruppo Celacade, mentre è aumentato di 12 msec nel gruppo placebo.
Non è stata osservata una differenza significativa nella tolleranza all’esercizio o nella frazione d’eiezione ventricolare sinistra tra Celacade e placebo, mentre un trend favorevole riguardo alla classe NYHA e alla qualità della vita è stato riportato per i pazienti riceventi Celacade.
Journal of the American College of Cardiology, 2004

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L - Effetto positivo dell’associazione Simvastatina e Ramipril
Sono state studiate le risposte vascolari alla terapia di combinazione, statina ed Ace inibitore, nei pazienti con alti livelli plasmatici di colesterolo.
Lo studio controllato con placebo, in doppio cieco, randomizzato, è stato condotto su 50 pazienti ipercolesterolemici, trattati con Simvastatina e placebo o Ramipril e placebo ( studio I ), e su 45 pazienti ipercolesterolemici con diabete, trattati con Simvastatina o Ramipril e placebo, o con Simvastatina associata a Ramipril ( studio II ), per 2 mesi con 2 mesi di washout.
Nello studio I la Simvastatina associata a Ramipril ha ridotto in modo significativo la pressione sanguigna dopo 2 mesi.
La Simvastatina da sola o associata al Ramipril ha modificato in modo significativo i livelli delle lipoproteine, ha migliorato la risposta dilatatrice all’iperemia del 30% e del 53%, rispettivamente, ha ridotto i livelli plasmatici della malondialdeide del 4% e del 25%, rispettivamente.
I livelli della proteina chemoattraente i monociti ( MCP-1 ) si sono ridotti del 3% e del 12%, quelli della proteina C reattiva dello 0% e del 18%, mentre i livelli di PAI-1 ( inibitore dell’attivatore del plasminogeno ) si sono modificati del –7% e del 17%, rispettivamente.
Nello studio II, il Ramipril da solo non ha modificato i livelli delle lipoproteine ed i livelli della proteina C reattiva. Quando è stato associato alla Simvastatina il Ramipril ha prodotto significativi cambiamenti sia nei livelli delle lipoproteine che della proteina C reattiva.
Questo studio ha mostrato che nei pazienti ipercolesterolemici la Simvastatina associata al Ramipril è in grado di migliorare la vasodilatazione endotelio-dipendente e la potenziale fibrinolisi, e di ridurre i livelli plasmatici dei marcatori dello stress ossidativo e di infiammazione.
Hypertension 2004; 44: 180-185

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M - Olio di pesce contro la cachessia tumorale, in qualche caso
Uno studio ha esaminato gli effetti della somministrazione ad alti dosaggi di supplementi di acidi grassi di olio di pesce nel rallentamento della perdita di peso e nel miglioramento della qualità della vita nei pazienti con cachessia associata a neoplasie.I pazienti, con tumore in fase avanzata e con perdita di peso maggiore o uguale al 2% nel precedente mese, hanno assunto capsule ad alto contenuto di acidi grassi omega-3 ( 7.5g di Acido Eicosapentenoico più Acido Docosaesenoico, in un soggetto di 70kg ). Lo studio ha preso in esame 43 pazienti con malnutrizione moderata-grave. La durata del trattamento è stata di 1.2 mesi. Nei 36 pazienti che hanno assunto almeno una capsula e non presentavano edema è stato osservato un cambiamento di peso da –6.2kg a +3.5kg, ed una perdita di peso media generale di 0.8kg. Un totale di 24 pazienti, invece, ha presentato una stabilizzazione del peso corporeo ( un guadagno inferiore al 5% o una perdita inferiore al 5% ), 6 pazienti hanno guadagnato più del 5% del loro peso corporeo, mentre 6 pazienti hanno perso più del 5%. Molti pazienti hanno manifestato effetti indesiderati gastrointestinali. Secondo gli Autori, gli acidi grassi omega-3 potrebbero essere utili per combattere la cachessia in alcuni sottogruppi di pazienti con tumore.
Cancer 2004; 101: 370-378

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N - Il Papillomavirus puo' causare il tumore polmonare?
Negli ultimi decenni l’incidenza di adenocarcinoma polmonare è sensibilmente aumentata nel mondo. La maggior parte dei pazienti con adenocarcinoma polmonare, soprattutto donne, non è fumatore. I fattori, noti, di rischio di adenocarcinoma polmonare sono: fumo di sigaretta, fumo passivo, esposizione ai fumi della cucina, inquinamento atmosferico, asbesto e radon. L’infezione da HPV, papillomavirus umano, è un riconosciuto fattore di rischio per lo sviluppo del carcinoma a cellule squamose, ma non è stato valutato come potenziale fattore di rischio per l’adenocarcinoma polmonare. Nel corso della loro vita più del 50% delle persone contrae l’infezione da HPV, sia intrauterina che postnatale. Studi hanno dimostrato una possibile associazione tra infezione da HPV ed il rischio di sviluppare adenocarcinoma polmonare. Non è stata ancora delucidata completamente la via di trasmissione del papillomavirus umano. Una delle ipotesi che ottiene più consenso, è che il papillomavirus si trasmetta per via sessuale dalla cervice alla cavità orale e successivamente alla laringe e ai polmoni.
Cancer 2004, 101: 1428-1436

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O - Carcinoma della prostata, efficacia della multiterapia di combinazione
Nei pazienti con carcinoma della prostata, localizzato, ad alto grado, la radioterapia a 70Gy associata alla terapia di soppressione degli androgeni per 3 anni si è dimostrato efficace, ma il prolungato trattamento soppressivo degli androgeni non è scevro da effetti indesiderati.
L’obiettivo dei Ricercatori del Brigham and Women’s Hospital e del Dana Farber Cancer Institute a Boston è stato quello di verificare l’esistenza di benefici sulla sopravvivenza della radioterapia conformazionale ( 3D-CRT ) da sola o in combinazione con la terapia di soppressione degli androgeni per 6 mesi. Un totale di 206 pazienti con tumore alla prostata, localizzato, è stato assegnato in modo random a ricevere 70Gy 3D-CRT da sola ( n = 104 ) o in associazione alla terapia di soppressione degli androgeni per 6 mesi ( n = 102 ).
I pazienti eleggibili erano quelli nei quali il livello di PSA ( prostate-specific antigen ) era di almeno 10ng/ml, con un punteggio di Gleason di almeno 7, o con un’evidenza radiografica di malattia extraprostatica. Dopo un periodo medio di follow-up di 4.52 anni, i pazienti assegnati a 3D-CRT più terapia di soppressione degli androgeni hanno presentato una maggiore sopravvivenza ( p = 0.04 ), una più bassa mortalità associata al tumore alla prostata ( p = 0.02 ) ed una maggiore sopravvivenza libera da terapia di salvataggio ( p = 0.002 ).
La sopravvivenza a 5 anni è stata stimata attorno all’88% nel gruppo sottoposto a 3D-CRT più terapia di soppressione ormonale contro il 78% della sola 3D-CRT.
La sopravvivenza libera da terapia di salvataggio a 5 anni è stata dell’82% per la terapia di combinazione contro il 57% del gruppo 3D-CRT.
JAMA 2004 ; 292 : 821-827

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P - Il bambino con ritardo nel linguaggio

Uno dei problemi più grandi nell’affrontare il ritardo del linguaggio nei bambini è la diagnosi del problema stesso. In primo luogo, infatti, il disturbo non è definito in maniera univoca: le statistiche stesse parlano infatti di una incidenza del ritardo del linguaggio sulla popolazione nell’ordine di 1-32% dei bambini. Questo perché i criteri di diagnosi del disturbo del linguaggio non sono stabiliti precisamente. Del resto l’altissima comorbilità del ritardo del linguaggio con altri problemi psichiatrici quali l’autismo, e l’alta percentuale di remissione spontanea del disturbo rendono estremamente difficoltoso il processo decisionale del medico.
Bisogna distinguere tre differenti possibilità: la prima prevede uno sviluppo del linguaggio tipico, nei tempi previsti, senza problemi. La seconda possibilità prevede invece uno sviluppo del linguaggio tipico ma ritardato, traslato nel tempo. Rientrano tutti quei casi in cui il bambino comincia a parlare dopo, ma senza disturbi particolari. Nel terzo caso rientrano tutti i casi con più o meno gravi disturbi della parola. La differenza sostanziale fra lo sviluppo normale ed uno patologico, quindi, non è il tempo necessario al bambino per cominciare a parlare (o non solo), ma la qualità del linguaggio che il bambino riesce (o non riesce) a produrre.
Ipotizziamo a questo punto una madre che vada dal proprio medico perché il bambino di un anno e mezzo (statisticamente le prime parole dovrebbero comparire intorno ad un anno) non parla ancora.
Il medico si trova davanti ad una decisione non facile. Da un lato, le statistiche non definiscono regole certe. Potrebbe essere il classico caso di ritardo semplice della parola, e quindi risolversi autonomamente da li a poco. Dall’altro caso potrebbe trattarsi di una patologia più seria, ed un intervento tempestivo potrebbe aiutare molto il bambino.
Come può fare il medico a decidere se il bambino è da inviare o meno a fare analisi più approfondite?
Alcune linee guida (indicazioni, tutt’altro che esaustive), possono essere le seguenti:
Prima di tutto è importante l’acquisizione della storia completa del parto e della gravidanza. Problemi che sono sovvenuti in queste fasi possono aver compromesso alcune abilità del bambino; parto prematuro, asfissia, infezioni congenite, possono aver danneggiato il sistema nervoso, i centri di produzione ed elaborazione del linguaggio o le capacita di gestione dei sistemi produttori. L’otite ricorrente è statisticamente una causa di un ritardo nello sviluppo del linguaggio, come una meningite batterica.
Una storia di sordità familiare, del resto, potrebbe essere importante nel ritardo della formazione della parola per una questione sia di ereditarietà che di ambiente sociale.
Uno studio del sistema nervoso centrale, ma soprattutto delle strutture dell’orecchio, del naso e della gola sono estremamente importanti per sapere se la difficoltà dipende dal sistema centrale o se è una difficoltà dei centri di produzione del linguaggio periferici.
È inoltre importante raccogliere indizi di eventuali menomazioni all’apparato uditivo (una delle cause della mancata articolazione di suoni intelligibili), mediante l’osservazione dei comportamenti del bambino.
Questi indizi, come già affermato tutt’altro che esaustivi, possono dare al medico una traccia da seguire per decidere se il bambino debba essere mandato a fare accertamenti o se è il caso di attendere qualche tempo.

Guido Zamperini
Fonte: Jamiu O. Busari, Nielske M Weggelaar
BMJ 2004; 328:272-6

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Q - Le tappe nello sviluppo del linguaggio 

Spesso capita di dover individuare un eventuale ritardo dello sviluppo del linguaggio nel bambino. Per evitare, però, di scambiare un semplice ritardo temporale da un ritardo patologico, è utile sapere come si sviluppano le capacità linguistiche nel bambino. Secondo Fenson, l’ordine dei processi di apprendimento del linguaggio è sempre il medesimo. Quello che varia è il tempo che intercorre fra uno e l’altro. Questa grande differenziazione nei tempi rende, difficile riconoscere un ritardo non patologico da uno patologico.
In un processo di apprendimento nella media, possiamo dire che le prime vocalizzazioni appaiono tra i sei mesi e i dieci mesi. La prima parola, per la gioia dei genitori, coincide con il primo compleanno, mentre le prime frasi (due parole), arrivano tra i 14 e i 24 mesi. A 3 anni il bambino compone frasi di tre parole, ed a 4 anni compare una chiara sintassi nell’eloquio della maggior parte dei bambini.
Questa scala temporale, che ricordiamo essere di massima, scandisce l’accesso del bambino al mondo del parlato.
In realtà questa suddivisione non scalfisce minimamente il problema del riconoscimento del ritardo del linguaggio. Oltre ad un ritardo puramente temporale, infatti, bisogna tenere conto anche di un ritardo strutturale.
La maggior parte dei linguisti individua nel linguaggio quattro aspetti differenti:
1) fonologico, 2) grammaticale, 3) semantico, 4) pragmatico.
- La fonologia è il ramo che si interessa della produzione e della discriminazione dei suoni di un dato linguaggio. Come è noto, le varie lingue della terra utilizzano spesso toni differenti. Basti pensare infatti ai semitoni delle lingue del nord Europa, o alle svariate tonalità, per noi sconosciute, del cinese.
Il bambino, appena nato, è in grado di ricevere e discriminare tutti i toni di tutte le lingue, anche se ovviamente non è ancora in grado di riprodurli. Con il passare del tempo (intorno ai 10 mesi), questa capacità comincia a declinare, arrivando fino a saper discriminare perfettamente solo i toni della propria lingua.
- La grammatica riguarda le regole che sottintendono un determinato linguaggio. Di origine chiaramente sociale e non neurologica, la grammatica comincia ad essere appresa dai bambini con l’uso, quando cominciano a discorrere con i genitori riguardo oggetti, eventi, persone.
- La semantica riguarda lo studio del significato dei vari termini. Riguarda lo studio del vocabolario e del numero di parole che il bambino conosce, ed è ritenuta essere il miglior predittore del successo scolastico. Come la grammatica, anche la semantica ha un’origine puramente sociale, e come quella si sviluppa mediante l’uso di parole nuove e di riconferma del significato di quelle conosciute.
- La pragmatica riguarda l’abilità di usare il linguaggio in interazione con gli altri.

L’utilizzo in senso lato del linguaggio è molto complesso, è in definitiva una complicata sinergia di molti fattori, alcuni di questi neurobiologici, altri cognitivi, altri ancora sociali e relazionali; anche il malfunzionamento di uno solo di questi può creare gravi squilibri nella parola.
Per questo motivo i disturbi sono stati suddivisi a seconda della tipologia:
- Disordini della ricettività
Questi comprendono disturbi neurologici, anatomici e misti.
In questa categoria rientrano i disturbi della parola dovuti all’incapacità del soggetto, per malformazioni fisiche, di comprendere o produrre il parlato.
- Disordini espressivi
Comprendono i disordini della voce vera e propria,le anomalie orofacciali, i danni alle terminazioni nervose e patologie quali disordini della fluenza, balbettii.
- Disturbi combinati
Comprendono disturbi psichiatrici (autismo, mutismo selettivo, problemi comportamentali), ritardo mentale.

Guido Zamperini (fonte BMJ 2004; 328:272-6)

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Q1- Controversa l'utilità di associare ACE inibitori e Sartani nello scompenso

I risultati di una metanalisi indicano che ACE inibitori e Sartani sono efficaci nello scompenso e che l'associazione dei due ridurrebbe solo le
ospedalizzazioni, ma non la mortalità.

Gli aceinibitori e gli antagonisti del recettore dell'angiotensina II (conosciuti anche come sartani) sono farmaci largamente impiegati nello
scompenso cardiaco e nei pazienti con infarto miocardico acuto ad elevato rischio di sviluppo di scompenso. Alcuni autori si sono proposti di
determinare l'efficacia di questi farmaci in queste specifiche condizioni con una meta-analisi che ha analizzato gli studi disponibili considerando
come esiti predefiniti la mortalità totale e l'ospedalizzazione per scompenso cardiaco.
Le conclusioni si possono così riassumere: i sartani riducono mortalità totale ed ospedalizzazioni rispetto al placebo ma non c'è nessuna differenza rispetto agli aceinibitori; l'associazione aceinibitori + sartani riduce le ospedalizzazioni per scompenso ma non la mortalità totale rispetto ai soli aceinibitori.

Fonte: Ann Intern Med 2004 Nov 2; 141: 693-704

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Q2 - L'atenololo nell'ipertensione: dubbi sulla scelta di questo beta-bloccante

Sebbene l'atenololo sia uno dei beta-bloccanti maggiormente utilizzati e che spesso sia stato impiegato come riferimento in corso di trials clinici randomizzati per altri anti-ipertensivi, i risultati di questa meta-analisi gettano un dubbio sul suo utilizzo nei pazienti ipertesi e sulla sua scelta come termine di confronto nei trials. Gli autori hanno incluso nella loro analisi trials randomizzati controllati che analizzavano l'effetto dell'atenololo sulla morbidità o sulla mortalità cardiovascolare nei pazienti affetti da ipertensione primitiva.
Quattro studi condotti su 6.825 pazienti seguiti in media per 4.6 anni, hanno confrontato l'atenololo a un placebo o all'assenza di trattamento. Pur confermando l'efficacia anti-ipertensiva dell'atenololo, non è stata osservata alcuna differenza significativa tra la molecola e il placebo per quanto concerne la mortalità globale (rischio relativo di decesso: 1.01), la mortalità cardiovascolare (RR: 0.99) o la frequenza di infarti del miocardio (RR: 0.99).
E' stata tuttavia rilevata una tendenza alla diminuzione del rischio di eventi cerebrovascolari (RR: 0.85). 5 studi (17.671 pazienti; 4.6 anni) hanno confrontato l'atenololo con altri anti-ipertensivi e nessuna differenza rilevante è stata osservata per quanto riguarda l'effetto sulla diminuzione della pressione. Ma una mortalità significativamente più elevata è stata osservata con l'atenololo (RR: 1.13). Inoltre, la mortalità cardiovascolare e la frequenza degli eventi cerebrovascolari presentavano la tendenza ad essere più elevate con l'atenololo che con gli altri anti-ipertensivi.

Mauro Barsotti
fonte: The Lancet 364: 16841689, B. Carlberg et al. - 6 novembre 2004
http://www.thelancet.com/journal/vol365/iss9446/abs/llan.364.9446.primary_research.31148.1

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Q3 Rivaccinarsi contro l'influenza è meglio che vaccinarsi

Rivaccinarsi contro l'influenza accresce significativamente l'effetto protettivo della vaccinazione e riduce la mortalità globale.

La vaccinazione antinfluenzale dei soggetti anziani è ormai una prassi largamente diffusa in Italia ed è dimostrato che riduce le complicanze della
malattia e le ospedalizzazioni, ma l'effetto sulla mortalità è incerto. Uno studio di coorte su oltre 26.000 anziani (età > 65 anni), seguiti per sei
anni, dimostra che la prima vaccinazione antinfluenzale riduce la mortalità totale in maniera statisticamente non significativa ma che le successive rivaccinazioni diminuiscono il rischio annuale di morte da tutte le cause del 15% e addirittura, durante i periodi di epidemia, del 28%. Questi risultati si riscontrano indipendentemente dalla presenza o assenza di patologie croniche e per i soggetti che hanno più o meno di 70 anni. Si può calcolare che per prevenire un decesso è necessario vaccinare circa 300 soggetti.

Fonte: JAMA. 2004 Nov 3; 292:2089-2095.

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R - News prescrittive di Marco Venuti (dalla Gazzetta Ufficiale)
Chinoplus, Unidrox, Keraflox - Modificate le indicazioni terapeutiche. Le nuove indicazioni sono:
trattamento di infezioni sostenute da germi sensibili, nelle seguenti condizioni: infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie (cistite semplice); infezioni complicate delle vie urinarie; riacutizzazione di bronchite cronica.

Motilium - Modificate le indicazioni terapeutiche. Le nuove indicazioni sono:
adulti: sollievo dai sintomi quali nausea, vomito, senso di ripienezza epigastrica, fastidio al tratto addominale superiore, rigurgito del contenuto gastrico; bambini: sollievo dai sintomi quali nausea e vomito.

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CASI CLINICI

S - I CASI DEL DOTT. CRETINETTI: Quelle strane perdite di coscienza (di Giuseppe Ressa)
[Continua la presentazione di casi clinici basati su esperienze concrete, che possono offrire lo spunto a utili considerazioni metodologiche e pratiche. I personaggi di Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la scelta e l'esposizione dei casi.
Il dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti, prescrive montagne di analisi ed esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto: anamnesi ed esami obiettivi maniacali, connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie fulminanti, esami diagnostici centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone altre più probabili e giuste.
Capita che Cretinetti e Falchetto coesistano schizoidamente nella stessa persona.]

La paziente e' una 75 enne, e' stata sottoposta a 55 anni all'asportazione della ghiandola salivare sottomandibolare dx per ca. adenoideo cistico e, nello stesso intervento, a tiroidectomia totale per struma linfomatoso; soffre di dislipidemia IIa, insuff. venosa aa. inf., lombartrosi, litiasi biliare.
Nel 1998 episodio febbrile acuto, in periodo di epidemia influenzale, accompagnato da vomito e diarrea, si ricovera per confusione mentale, viene fatta diagnosi di shock ipovolemico con IRA, viene praticata terapia infusionale spinta con recupero quasi completo della funzionalita' renale.
2002: durante una nuova epidemia influenzale, nuovo episodio di epigastralgia acuta con vomito e confusione mentale, ricovero : EGDS mucosa gastrica di aspetto flogistico senza lesioni  di continuo, indenne il duodeno, ecografia epatica: sabbia biliare, Na 124\K5 ; terapia con flebo, inibitori di pompa protonica, ac.ursodesossicolico, eutirox , AT 10, pravastatina.
Dopo un mese nuovo episodio con perdita di coscienza e paresi faciobrachiale sn regredita in 2 mesi, TC cranica con segni di patologia cerebrovascolar cronica, viene aggiunta una compressa di cardioaspirina.
Arriva la torrida estate del 2003, mentre e' in vacanza la paziente accusa una astenia marcata e un episodio di vomito e diarrea con stato di prostrazione, viene ricoverata con diagnosi finale di : disidratazione grave in paziente con gastroenterite
Luglio 2004: Cretinetti riceve la paziente complimentandosi per il suo aspetto sempre asciutto e l'incarnato sempre ben colorito "Gia' fatto le prime vacanze?" " Ma no dottore, mi e' ripresa la fiacca come l'anno scorso di questi tempi e ho tanti crampi ai polpacci", Cretinetti magnifica le
virtu' della ipotensione che affligge la signora "Non si preoccupi, d'estate e' un problema ma vivra' piu' a lungo persino di chi ha un pressione normale, mi prenda magnesio e potassio per 20 giorni e mi faccia sapere".
Passano pochi giorni e la paziente accusa un nuovo episodio di transitoria perdita di coscienza, viene ricoverata..
Esce dall'ospedale con: TC cerebrale con mdc negativa per lesioni cerebrali recenti; Ecodoppler TSA negativa per l'eta', markers tumorali negativi; sul foglio di dimissioni viene riportato che alla paziente e' stata effettuata terapia infusionale spinta con soluzione fisiologica per disidratazione
grave, Na 112\K 4.2, az 54 creat 1.4 .
Cretinetti annota diligentemente il tutto sulla cartella di studio, redarguisce severamente la paziente invitandola di nuovo a bere e a mangiare salato d'estate "come gia' le avevo detto l'anno scorso"; ella ammette di non aver fatto, le dice che " gli episodi si potrebbero ripetere l'anno prossimo, siamo a 2 crisi, non so se alla prossima i reni reggeranno".
Poi, dopo qualche giorno, improvvisamente,  gli si accende una lampadina, chiama al telefono la paziente e le fa eseguire degli esami ematochimici, alla loro lettura, egli sente un brivido sulla schiena, la paziente sarebbe potuta morire da li' a breve per una nuova crisi.

E' incredibile come una storia del genere sia potuta andare avanti ben 6 ANNI senza che Cretinetti potesse arrivare alla conclusione diagnostica; in realta' anche i colleghi ospedalieri sono colpevoli (ma meno) perche' l'anamnesi mano a mano stava diventando sempre piu' corposa, ognuno ha
"curato" l'episodio contingente senza avere una visione d'insieme dei fatti;   il tutto e' stato cassato, ogni volta, con una scrollata di spalle, come si fa per l'ennesima banale patologia.
In realta' dall'ANAMNESI si poteva facilmente ricavare che le disidratazioni e l'iponatremia erano stranamente severe anche con scarsa perdita di liquidi; proprio quest'ultimo particolare ha fatto, alla fine, accendere la lampadina a Cretinetti perche' nell'ultimo episodio di Luglio la paziente
era precipitata in iponatremia grave addirittura SENZA vomito e\o diarrea. Nessun medico, e tantomeno Cretinetti, ha fatto un PASSETTO in piu' di una banale spiegazione del caso: hai vomito? il problema e' lo stomaco quindi gastroscopia; hai perdite di coscienza, ma allora e' un attacco vascolare cerebrale, quindi facciamo una bella TC !.
Sfortunatamente la BANALIZZAZIONE del caso poteva avere DRAMMATICHE conseguenze: ricordo che la crisi surrenalica acuta in Morbo di Addison puo' essere mortale.

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APPROFONDIMENTI

AA1 MANIPOLAZIONE DEI GENI. Il dubbio di Ippocrate tra scienza e coscienza. (di Massimiliano Fanni Canelles)

Oggi è possibile far produrre ad alcuni batteri sostanze che normalmente vengono secrete da organi umani per poterle utilizzare nelle cura di diverse malattie, (insulina ed interferone, ad esempio). Grazie alle nuove conoscenze sui meccanismi molecolari che regolano l’espressione genica gli scienziati sono in grado di riconoscere, anche nel periodo prenatale, tramite la "lettura" del Dna, la presenza di caratteri ereditari sia normali che patologici. Con nuovi sistemi è possibile mantenere in vita un essere umano in modo virtualmente indefinito. I medici sono capaci di sopprimere le attività immunologiche per il prelievo ed il trapianto di organi. Si possono impiantare nel cervello elettrodi in grado di provocare movimenti, reprimere impulsi aggressivi, alleviare dolori, provocare sensazioni, e così via dicendo.

Quello che un tempo era fantasia oggi è realtà. Gli strumenti in mano all’uomo sono capaci di produrre trasformazioni inaudite e la vita stessa sta per essere fortemente condizionata dall’ingegneria genetica e dalla biologia molecolare. Ma nel momento stesso in cui orizzonti sempre più affascinanti si aprono alle menti dei biotecnologi, sempre più gravi problemi si pongono al giudizio dell’opinione pubblica. Già da una decina di anni vengono eseguiti numerosi esperimenti sulla fusione di embrioni appartenenti a specie viventi diverse per creare animali inesistenti.

Il professor Willadsen, un famoso embriologista, dopo aver fabbricato pecore-capre ed ottenuto agnelli con la tecnica della clonazione, qualche anno fa aveva affermato nel corso di una discussione scientifica: "Datemi un uovo di topo ed un uovo umano e io se voglio posso fabbricare una nuova specie animale". Sono di questi ultimi anni i clamorosi casi di terapia genica somatica dove per "aggiustare" un pezzo di Dna vengono inseriti nelle cellule umane, tramite virus modificati usati come vettori, i geni necessari alla "correzione" della malattia. Ma come è possibile intervenire su geni di cellule dell’individuo già nato così è potenzialmente possibile anche la manipolazione genica embrionale e germinale. "Non sappiamo ancora in che modo il nuovo gene, entrando nella cellula sconvolga il Dna: il processo è in gran parte indeterministico, casuale", dice Arturo Falaschi dell’Istituto di Biochimica e Genetica dell’Università di Pavia. "A livello delle cellule germinali, poi il discorso è ancora più delicato. Negli interventi sugli animali possiamo scartare i prodotti sbagliati. Ma nell’uomo rischiamo di produrre più sofferenze di quelle che possiamo eliminare". Gli scienziati spaziano però su numerosi settori: grazie al prelievo di spermatozoi dall’uomo ed ovuli dalla donna si può far nascere in una provetta un embrione per poi inserirlo in seguito nell’utero materno. Ma forse non tutti sanno o non vogliono sapere che per ogni figlio ottenuto con la fecondazione in vitro molti suoi "fratelli" sono soppressi, per meglio dire uccisi, al quattordicesimo giorno di vita. Con questa tecnica sono infatti svariati gli embrioni residui od eccedenti utilizzati come materiali "biologico". Su questa circostanza già da molti anni diversi studiosi italiani di bioetica, e tra questi il professor Sgreccia, direttore del centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Roma, conducono una battaglia per rendere di pubblico dominio gli effetti delle sperimentazioni genetiche. Non parliamo poi della pratica abortistica legalizzata ormai in numerosi stati che ha reso sempre più facili ed ampiamente praticabili le sperimentazioni e l’utilizzazione per fini diversi di feti ossia di organi e tessuti fetali in seguito alla loro espulsione con l’aborto. Inoltre è di grande attualità, in questi ultimi anni, l’argomento "eutanasia". Sono sempre più in aumento i casi di morte "dolce" donata dal medico per pietà. Così come viene registrato un allargamento delle forme di morte assistita: da quelle più classiche dei malati inguaribili e straziati dal dolore a quelle più "moderne" di eutanasia di bambini nati deformi o di eutanasia prenatale e di anziani inabili e di peso alla società. Non manca neppure il tentativo d collegare l’eutanasia al problema demografico. In questo senso il dottor R.H.Williams ha scritto sulla rivista Nortwest Medicine: "Un programma di prevenzione della sovrappopolazione deve includere l’eutanasia, sia attiva che passiva". La selezione sociale è un pericolo e si profila il dramma ulteriore "dell’eutanasia passiva allo scopo di evitare cure intensive ai pazienti di età superiore ai 65 anni che non sono più produttivi" ha scritto E.Wilks, autorevole fautore dell’eutanasia sociale.

Di fronte alle manipolazioni genetiche ed al problema della soppressione della vita non dovrebbe il medico (e non solo il medico) andare in crisi in considerazione del giuramento e degli impegni solenni che è tenuto ad onorare? "Farò servire il regime dietetico a vantaggio dei malati secondo le mie capacità ed il mio giudizio e non per il loro pericolo e il loro male, e non farò una pozione omicida né prenderò simili iniziative anche se qualcuno me lo chieda, così non darò a nessuna donna un pessario abortivo", si recita nel giuramento d’Ippocrate. E’ ancora nella dichiarazione dei Ginevra del 1948 approvata dall’Associazione Mondiale dei Medici è stato scritto: "Mi impegno solennemente a consacrare la mia vita a servizio dell’umanità; praticherò la mia professione con scienza e dignità; la salute del mio paziente sarà la mia preoccupazione; manterrò il massimo rispetto per la vita umana fin dal primo momento del concepimento". Ma la cultura "moderna" ha rimesso in discussione i valori morali, i diritti dell’individuo, persino negando valore all’uomo stesso. Talvolta si contesta la legittimità stessa dell’etica e quando un atteggiamento utilitaristico viene assunto dalla maggioranza delle persone questo rischia di imporsi quale nuova norma morale. "Occorre recuperare la coscienza del primato dei valori morali che sono i valori della persona umana in quanto tale, il senso ultimo della vita e dei suoi beni fondamentali", scrive Alfredo Anzani cercando di concentrare l’attenzione sul vero significato della vita. Ma ad unire i concetti di vita (bios) e morale (ethos) ci pensò già nel 1962 Van Resselar Potter, oncologo americano, che coniò il termine di Bioetica inteso come necessario approfondimento di fronte al degrado ambientale, all’aggressività della medicina sperimentale e al non rispetto e violazione dei diritti dell’uomo, di una nuova morale fondata su riflessioni sull’avvenire della specie umana e sulla responsabilità dell’uomo nei confronti della vita planetaria. Definita come "studio sistematico del comportamento umano nell’area delle scienze della vita e della cura della salute, in quanto questo comportamento è esaminato alla luce dei valori e dei principi morali" (Encyclopedia of Bioethics), la bioetica quindi costituisce di fatto un nuovo significativo movimento di pensiero e di azione. Un movimento sostenuto da filosofi, teologi, psicologi, giuristi che si sono posti il problema di discutere le nuove frontiere della scienza non già rinunciando al progresso scientifico ed ai nuovi metodi di ricerca ma rifiutando la passiva accettazione di sperimentazioni quali la manipolazione genetica, l’eutanasia, la fertilizzazione in vitro.

Proprio venerdì 21 ottobre, a Trieste, tenuta dal professor Adriano Bompiani, già ministro degli affari sociali, titolare della cattedra di Clinica Ostetrico Ginecologica del Politecnico Gemelli di Roma, nella sala Baroncini delle Assicurazioni Generali, si è svolta una conferenza sul tema"Bioetica oggi in Italia". Dal preambolo storico del professor Bompiani sulla nascita della bioetica si comprende come fino agli anni del concilio Vaticano II la morale medica fosse bene o male unitaria e sempre ispirata all’etica ippocratica. Non erano riscontrabili in merito, specificità riferibili alle varie religioni o culture.

"In seguito invece incominciò a differenziarsi un filone di matrice protestante che si appoggiò non tanto sulla legge morale individuale (quella fondata sui dieci comandamenti) quanto sui diritti fondamentali dell’uomo", ha spiegato il professor Bompiani. "Di qui l’obbligo di far conoscere la verità, con la conseguenza di comunicare al malato la diagnosi, il diritto alla paternità e a alla maternità responsabile e quindi anche alla contraccezione, il diritto alla fertilità anche indiretta da cui l’inseminazione artificiale, il diritto di impedire la fecondazione e quindi la possibilità della sterilizzazione ed infine il diritto ad una morte degna cioè l’accettazione dell’eutanasia". I cattolici dal canto loro possono rivendicare le prime posizioni di papa Pio XI sull’inseminazione artificiale negli anni Trenta, e lo sviluppo dell’etica medica con papa Pio XII, pontefice che più si è interessato ai problemi legati all’anestesia, alla donazione di cornee ed alle tecniche che alleviano i dolori del parto. Non meno importanti per completare il quadro nel quale la bioetica si è inserita sono i "diritti fondamentali" dell’uomo. Argomento sviluppatosi dopo il processo di Norimberga, con la condanna dei crimini nazisti che hanno utilizzato l’individuo umano quale cavia da esperimento. Ma più di qualcuno suppone che la bioetica, intesa come oggi la conosciamo, non sarebbe realmente nata se negli anni ’40 e ’50 non fossero state somministrate sostanze dannose e cellule cancerose a soggetti umani del tutto ignari!

Secondo il professor Bompiani la bioetica è il risultato scaturito dalla fusione della filosofia morale (poter "agire" seguendo anche i propri ideali), del diritto e dell’etica medica. "Nella scienza giuridica esiste il contrasto tra i diritti dell’uomo ed il diritto codificato dallo stato che non tutela l’embrione, considerato come proprietà dei genitori", ha tenuto a precisare Adriano Bompiani. "L’etica medica dal canto suo si è dovuta adeguare al progresso scientifico staccandosi pian piano dall’etica ippocratica definita paternalistica per la scarsa informazione del paziente da parte del medico". Sono stati determinati allora quattro sostanziali principi secondo i quali doveva essere esercitata la medicina. Il primo definito di "beneficialità", dettato anche da Ippocrate, prevede che il medico operi per il bene del malato. Il secondo è quello dell’autonomia del paziente, ovvero una valorizzazione della sua volontà: ciò comporta degli aspetti positivi ma anche dei rischi e dà sostegno alle pretese di eutanasia. Il terzo principio della "non maleficienza", vecchissima regola ippocratica di non procurare danni ai malati, rappresenta in termini di bioetica moderna la tutela anche dal punti di vista legale nei confronti degli errori medici perpetuati. Infine il principio della giustizia consente ad ogni individuo di ricevere le cure sanitarie senza discriminazioni di razza, si sesso, di status sociale.

Va però sottolineato che i biologi in Italia, a differenza della classe medica, non hanno ancora un codice etico per cui possono agire anche su materiale umano con estrema indifferenza: "Alcuni di essi infatti non ammettono differenze tra il lavorare sulla specie umana o su quella animale", ha raccontato il professor Bompiani. Un problema di estrema importanza se si considera il fatto che alcuni paesi hanno accettato la ricerca su embrioni umani, appositamente fecondati, fino al quattordicesimo giorno di vita. Nessuno è in grado di dire fino a dove la scienza si spingerà o fino a dove l’umanità le permetterà di spingersi. Ma al di là dell’orizzonte ultimo che il progresso saprà conseguire la vera sfida è far sì che le scoperte scientifiche non si rivolgano contro l’uomo. Difendere la vita specialmente nei momenti in cui l’uomo è più debole costituisce il vero imperativo etico dei nostri giorni .

Massimiliano Fanni Canelles

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IL DIBATTITO

AA3   Posizione della Società scientifica Promed Galileo sulle note AIFA 2004

Se le cosiddette note AIFA 2004, fossero state dichiarate quello che in realtà sono, ossia un mero strumento di risparmio economico in ambito farmaceutico, non sarebbe stato opportuno da parte di una Società scientifica prendere posizione in merito. Sono infatti altri i soggetti che hanno istituzionalmente il compito di giudicare e commentare le ricadute sociali di provvedimenti di politica economica. Purtroppo siamo invece di fronte ad un provvedimento che in più parti viene definito dagli estensori "strumento per assicurare l’ appropriatezza di impiego dei farmaci e per migliorare le strategie assistenziali". Se ne deduce che le note rappresentino per gli estensori una sorta di verità rivelata cui orientare le scelte terapeutiche che "risulterebbero quelle appropriate nell’impiego della maggior parte dei medicinali". Il criterio ispiratore, a detta degli estensori, del percorso seguito è stato quello di creare un "clima di condivisione scientifica e culturale del "sistema Note", capace di favorire una ragionata flessibilità d’uso delle note stesse e di evitare contrasti e rigidità applicative che potrebbero tradursi in disagi e inconvenienti per i pazienti". Ci risulta invece che la presente revisione delle note non sia stata discussa affatto con i rappresentanti ufficiali degli Ordini dei Medici.
Mai si era vista una tale solerzia nell'applicazione di un decreto su una questione così delicata, ricca di implicazioni per la vita dei cittadini e per la professionalità dei medici che avrebbe necessitato di un ampio dibattito e di un periodo di transizione adeguato alla rilevanza e applicabilità delle novità introdotte. L’imperativo categorico che ci spinge a prendere posizione è proprio costituito dalla pretesa di rappresentare una sorta di riferimento scientifico-culturale per i medici, anzi uno strumento per una "crescita professionale".
La prima critica di fondo riguarda la pretesa di trovare giustificazioni "scientifiche" a decisioni dettate da esigenze economiche ergendo a totem delle scelte il metodo della cosiddetta medicina basata sulle evidenze (EBM).
La Promed ritiene che la EBM costituisca un importante metodo per valutare criticamente i risultati delle sperimentazioni cliniche e più in generale le informazioni derivanti sia da studi che dall’esperienza. Tuttavia ritiene assolutamente errato pretendere di regolare con questo solo metodo le scelte che il medico deve effettuare a riguardo di un singolo paziente in un determinato contesto di tempo e di luogo. Infinite variabili influenzano la trasferibilità nel singolo delle risultanze di studi di popolazione o di coorte.
La Promed ritiene che la filosofia stessa della santificazione della EBM, intesa non come mezzo, ma come fine, sia un tragico errore. La tentazione di sostituire il metodo tradizionale della pratica clinica, che cura il singolo paziente nel suo specifico contesto, con quello dell’empirismo di stampo anglosassone, che invece pretende di applicare al singolo le risultanze della medicina epidemiologica, è sempre più forte, anche per evidenti dinamiche di colonialismo scientifico-culturale e sta riducendo il ruolo del medico a quello di un sistema pseudoesperto. Per quanti confounding factors un determinato modello abbia avuto la pretesa di considerare, ve ne sarà sempre qualcuno, sconosciuto o dimenticato, potenzialmente in grado di modificare od addirittura sovvertire le conclusioni di un determinato lavoro. La storia delle pubblicazioni medico scientifiche degli ultimi anni è costellata da fulgidi esempi di studi i cui risultati sono stati smentiti clamorosamente da altri studi successivi, gli uni e gli altri apparentemente ineccepibilmente disegnati e realizzati in curiale ossequio alle regole della EBM. Una seconda critica riguarda il metodo seguito per la selezione della letteratura considerata.
Non esiste un’esplicita dichiarazione del metodo adottato per la selezione della letteratura da prendere in considerazione. Si ha talora la sensazione che siano state scelte pubblicazioni funzionali al sostegno di alcune tesi, essendone state escluse altre, evidentemente dissonanti.
Un esempio per tutti: la primitiva stesura della nota 1 aveva del tutto escluso l’età quale fattore di rischio per l’insorgenza di complicazioni gastroenteriche severe in corso di trattamento con FANS. Studi rigorosi effettuati su pazienti veri e non su quelli superselezionati dei trials clinici, hanno dimostrato, mediante analisi multivariata, che viceversa negli artritici l’età è un importante e significativo fattore di rischio indipendente.
L’attuale limite di 75 anni appare troppo elevato essendo 65 o al massimo 70 anni il cut-off di età accreditato dalla maggior parte degli autori e dalle risultanze degli studi pubblicati.
Significativo il fatto che la bibliografia citata nella nuova versione della nota sia la stessa di quella precedente, evidentemente la EBM si presta a varie interpretazioni!

Che dire poi della durata cronica del trattamento con FANS come criterio necessario, ma non sufficiente per la concedibilità della gastroprotezione. Il rischio di complicanze gastroenteriche in corso di trattamento con FANS è infatti costante e quindi la durata del trattamento ne incrementa la prevalenza, ma il rischio è sensibile anche per trattamenti non solo protratti.
Di particolare significato la ratio di fondo che pervade il provvedimento: l’attenzione non è rivolta al singolo paziente ed ai suoi sintomi, ma alla coorte ed alla collettività. Se è vero che forse non si muore di erosioni gastriche non sanguinanti è tuttavia assolutamente vero che si può stare molto male così come, per converso, è possibile non avvertire alcun sintomo e sviluppare una complicazione maggiore. Il ricorso ad un’ ulteriore estensione dei piani terapeutici rappresenta un elemento di diseconomia di utilizzo delle professioni sanitarie, un’ evidente discriminazione nei confronti di molti medici e soprattutto una barriera al diritto di cura dei pazienti. Lo Stato ha formato, in buona parte a sue spese, medici, anche specialisti, che non possono di fatto curare personalmente i pazienti che li hanno scelti come curanti.
Si tratta evidentemente di una grave stortura che lede i diritti del medico, che si trova a dover affrontare disarmato la concorrenza di colleghi che, operando in strutture pubbliche, ma potendo anche operare in regime privatistico, si trovano nell’evidente condizione di poter avere un formidabile vantaggio di posizione. Il paziente, per poter avere la rimborsabilità delle cure prescritte dal medico che ha scelto come curante deve sottostare al giudizio di un ulteriore medico che egli non ha scelto e che non sa assolutamente nulla della sua storia clinica. Se si considera il tempo e la defatigante procedura necessaria per ottenere una valutazione da parte dei centri all’uopo preposti, ben si comprende come un diritto diventi un percorso ad ostacoli che in molti casi costringerà il paziente a pagarsi i farmaci necessari.
Ma forse è proprio questo l’effetto voluto.
Le note sono spesso contraddittorie, ad esempio facendo riferimento ai cosiddetti coxib si sottolinea che non sussistono prove che l’impiego di tali farmaci consenta una riduzione degli eventi gastroenterici gravi e contestualmente si impedisce la prescrizione contemporanea degli inibitori di pompa (9). Vi sono evidenti omissioni come nel caso dell’indicazione dell’artrite gottosa per un coxib la cui confezione contenente il dosaggio consigliato per l’artrite gottosa risulta nell’elenco delle specialità incluse nella nota 66.
In altri casi le note fanno riferimento ad una fattispecie non attuabile nel contesto delle norme regolatorie della prescrizione a carico del SSN, ci riferiamo ad esempio all’utilizzo dei FANS nel dolore neoplastico, dal momento che, per moltissime specialità di questa categoria, mancano le relative indicazioni nelle relative schede tecniche.
Per altre note la valutazione passa addirittura per una valutazione a carattere similperitale, come nel caso della nota 13, difficilmente applicabile nel setting della medicina generale. Altre considerazioni nello specifico sono già state espresse da altre società scientifiche (8) e sono condivise anche dalla Promed Galileo e risulta pertanto pleonastico e ridondante entrare ulteriormente nel merito. In definitiva o le note si spogliano di qualunque valenza di orientamento professionale e vengono chiaramente definite come un mero strumento di controllo finanziario tale per cui le condotte professionali dei medici che non risultino ad esse conformi non debbano essere ontologicamente sospettate di inappropriatezza oppure vengano modificate in semplici indicazioni, redatte da esperti, che rappresentino uno strumento di supporto, non cogente, alle scelte del medico.

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Bibliografia
1) J Rheumatol Suppl. 1990 Feb;20:12-9 6) Ned Tijdschr Geneeskd. 2004 Mar 27;148(13):604-8
2) Am J Med. 1991 Sep;91(3):213-22 7) Presse Med. 2003 Nov 22;32(37 Pt 2):S56-9.
3) Scand J Rheumatol Suppl. 1992;92:21-4 8) http://www.csermeg.it/docum/NoteAIFA-2004.pdf
4) Arthritis Rheum. 2004 Aug;50(8):2433-40 9) Presse Med. 2003 Nov 22;32(37 Pt 2):S44-7
5) Am J Med. 2004 Sep 6;117 S 5A:63S-71S

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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita da D.Z. per ASMLUC
: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica

ML1 Il consenso tra teoria e prassi: la confusione e' dietro l' angolo

"Ho appreso con sgomento che la nuova legge sulla privacy ci obbliga a raccogliere il consenso di tutti i nostri pazienti. Ma cio’ che mi ha preoccupato, piu' che il carico lavorativo e' il fatto che, a quanto mi e’ stato detto, devo raccogliere un consenso allargato a tutti gli specialisti che visiteranno un mio paziente. La cosa mi preoccupa molto. Perche’ devo essere io ad assumermi una responsabilita’ per conto di altri colleghi? Perche' devo correre il rischio di venire coinvolto come corresponsabile nel caso di trattamenti erronei effettuati da altri medici per i quali ho dovuto raccogliere il consenso a mio nome? ".

Il quesito posto dal collega ha costituito, in effetti, una grossa preoccupazione per molti medici.
La questione nasce pero’ da un malinteso di fondo dovuto essenzialmente all’uso continuo del termine "consenso" applicato a contesti e ad argomenti differenti: in altre parole molti colleghi non si sono resi conto che esistono due tipi diversi di consenso:

  1. il consenso alle cure
  2. il consenso al trattamento dei dati personali.

Le due fattispecie sono evidentemente assai diverse:

1. Il consenso alle cure:
La necessita’ di raccogliere il consenso ai trattamenti sanitari deriva da una normativa generale: gia' stabilito dalla Costituzione (art. 32), viene ribadita dall' art. 610C.P., sulla violenza privata che stabilisce che "chiunque con violenza o minaccia costringe altri a fare, tollerare od omettere qualcosa e’ punito con la reclusione fino a 4 anni". La violenza consiste, in questa fattispecie, nel porre in essere un comportamento che vada contro la volonta’ dell’altro. Anche la giurisprudenza, con numerose sentenze della Cassazione (ad es. Cass. Civ. 12 Giugno 1982 n. 3604; Cass. Civ. 18 Giugno 1975 n.2439; Cass. Civ. Sez. III 15 Gennaio ’97 n.364) ha ribadito l' obbligo del consenso alle cure, validamente espresso dal paziente, condannando i sanitari che hanno effettuato trattamenti senza il preventivo consenso del paziente.
Anche il Codice Deontologico (artt. 32, 34 e 35) ribadisce tale obbligo. 
Sono tenuti al rispetto di queste norme tutti i medici, sia generici che specialisti, sia privati che operanti presso strutture pubbliche.
La legge stabilisce anche, tassativamente, quali possono essere le eccezioni a questa necessita’, come ad esempio le vaccinazioni obbligatorie o i T.S.O. (trattamenti sanitari obbligatori) per i malati mentali.
Al di fuori di questi obblighi di legge non e’ possibile effettuare un trattamento senza consenso del paziente.
Dal punto di vista burocratico sono stati percio’ preparati, soprattutto dalle strutture ospedaliere, una serie di moduli di di informativa e di consenso al trattamento sanitario, da utilizzare volta per volta. Per quanto riguarda i medici convenzionati con il SSN, il consenso al trattamento "sanitario" e' considerato implicito nella scelta del medico e nella richiesta di cura effettuata dal paziente all' atto della visita.
Non e’ stato previsto invece un modulario specifico per i medici di famiglia.

2. Il consenso al trattamento dei dati personali
La situazione e' assai diversa quando si parli di consenso al trattamento dei dati personali.
Si tratta di una serie di incombenze di recente istituzione, rese obbligatorie dal D. Legisl. 30 giugno 2003, n. 196.
Queste norme non sono finalizzate alla protezione della salute dei pazienti, bensi' alla protezione della loro riservatezza.
Viene richiesto quindi un consenso finalizzato al trattamento dei loro dati personali e, con particolare vigore, dei loro dati "sensibili", comprendente anche i dati sanitari.
Per "trattamento", come ben chiarito dalla legge, si intende sia la raccolta che la conservazione, la trasmissione e perfino la distruzione di questi dati. Per tutti questi atti e’ necessario ottenere il consenso preventivo del paziente.
E’ stato sostenuto da piu’ parti che questo consenso potesse essere ritenuto implicito nel caso dei medici di famiglia, ma il legislatore non ha ritenuto di seguire questa linea ed ha invece stabilito che questo consenso vada richiesto esplicitamente al paziente anche dai medici da loro scelti.
Il medico di famiglia gode tuttavia di facilitazioni: questo consenso puo’ essere richiesto una sola volta all’inizio del rapporto di fiducia, e puo' essere anche orale; deve essere annotato sulla tessera sanitaria dell' assistito. Per quanto riguarda i medici privati o comunque medici operanti in altre istituzioni (pubbliche o private) il consenso andrebbe invece richiesto volta per volta.
Vengono a crearsi cosi' delle situazioni paradossali e di difficile gestione: le necessita’ di approfondire aspetti diagnostici o effettuare terapie complesse obbligano spesso i medici, nell’interesse del paziente, a consulti, indagini, e approfondimenti, con conseguente passaggio dei dati personali e sensibili dall’uno all’altro sanitario.
In queste circostanze, in base ad una interpretazione rigorosa delle leggi, sarebbe stato necessario chiedere il consenso del paziente volta per volta. Vale a dire che per ogni richiesta di accertamenti, per ogni consulenza specialistica, per la trasmissione stessa delle conclusioni dello specialista al medico di famiglia, ogni volta il paziente avrebbe dovuto dare il suo consenso esplicito, anche oralmente ma preferibilmente per iscritto per evitare future contestazioni.
Il sistema sanitario si sarebbe cosi' bloccato, sommerso dagli adempimenti burocratici.
Per questo motivo e’ stato stabilito che il consenso raccolto dal medico di famiglia fosse allargato a tutti i sanitari che gestissero i pazienti insieme a lui; vale a dire che dopo tale consenso il medico di famiglia puo’ sia inviare che ricevere i dati di un certo paziente senza dover riattivare ogni volta la procedura.

Quali prassi adottare se un paziente rifiuta il suo consenso?
- Qualora il paziente rifiutasse il consenso al trattamento sanitario, il medico non puo’ fare altro che astenersi dal curarlo nel rispetto della sua volonta’, come stabilito dalle numerose sentenze in merito.
- Se il paziente rifiuta invece il consenso "allargato" al trattamento dei suoi dati personali ma concede il suo consenso al trattamento da parte del solo medico famiglia, questi puo’ continuare a curarlo, ma deve chiedere il consenso ogni volta che effettuera’ un impegnativa in cui vengano riportati i dati personali del paziente stesso. E’ ovvio come il rapporto di fiducia possa venirne vulnerato, e lo svolgimento stesso dell’attivita’ possa venire ad essere gravemente menomata.
- Se invece il paziente rifiutasse tout-court il consenso al trattamento dei suoi dati personali, sarebbe opportuno che il medico si astenesse dal proseguire il rapporto, in quanto non sarebbe possibile, per lui, continuare a curare un paziente senza essere informato della sua situazione sanitaria e senza poterne tenere una scheda personale, che costituisce obbligo convenzionale.

Evitiamo quindi la confusione
E’ necessario percio’ evitare di confondere le due diverse fattispecie che riguardano problemi e situazioni del tutto diverse: 
- Il consenso allargato riguarda il solo trattamento dei dati personali e non influisce sul problema del consenso alla terapia dei trattamenti, e degli eventuali risultati di questi.
- Il consenso al trattamento sanitario e’ invece "strettamente personale", non "allargato", specifico per ogni singolo trattamento e per ogni singola consulenza, e comporta responsabilita’ civili o penali personali del medico che effettua il trattamento o della struttura in cui esso opera. Non e’ previsto un consenso preventivo allargato al trattamento sanitario.

I vantaggi del consenso "allargato" al trattamento dei dati sanitari
Caso pratico 1:
in una USL si organizza un servizio di screening su una certa importante patologia. Il Centro ha bisogno dei dati forniti dai Medici di Famiglia sui pazienti a rischio, da parte loro i medici di famiglia hanno bisogno di essere avvertiti dei risultati di questo screening.
Questo passaggio di dati potra' essere effettuato solo se il paziente avra’ dato al medico di famiglia il proprio consenso allargato, di cui il Centro acquisisce conferma attraverso l' annotazione sul libretto sanitario; in mancanza di questo sarebbe necessario il rilascio, da parte del paziente, di un consenso ad entrambi i sanitari, valido per quell' unica occasione.

Caso pratico 2
Un medico, che ha in cura un paziente gravemente malato (che non ha fornito il consenso allargato al trattamento dei suoi dati), viene a sapere, tramite un familiare, di un' improvvisa complicazione. Ne dispone quindi il ricovero in ospedale, ma nella compilazione della richiesta di ricovero non puo' trasmettere i dati sensibili di quel paziente, ne' il familiare e' abilitato a fornire il consenso al posto del malato.
Il medico dovrebbe quindi richiedere il ricovero senza motivarlo, oppure dovrebbe recarsi personalmente a casa del paziente per ottenerne la firma, o, al minimo, dovrebbe ottenerne il consenso orale telefonicamente, ma con i rischi che poi venga contestato.
In conclusione, quindi, e' necessario evitare di confondere le due fattispecie. Il consenso "allargato" al trattamento dei dati personali puo' facilitare, viste le leggi vigenti, i rapporti tra medici e tra medico e paziente ma non comporta nessuna responsabilita' circa i trattamenti sanitari, che resta strettamente personale, a carico del medico che effettua i trattamenti stessi.
Daniele Zamperini (pubblicato su Doctor, novembre 2004)

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ML1/a Richiesta di chiarimenti e di presa di posizione all' AIFA da parte di Promed-Galileo: risolvere il conflitto Note/Scheda Tecnica

Spett. AIFA
Via Sierra Nevada 60
00144 Roma
e p.c. alla
FISM
C.so di Porta Vittoria, 29
20122 MILANO

Oggetto: richieste di chiarimenti in merito merito alla Determinazione 29 ottobre 2004 dell’Agenzia Italiana del Farmaco

Questa presidenza, preso atto dei numerosi dubbi e delle richieste di chiarimenti pervenuti da parte degli associati in merito alla Determinazione 29 ottobre 2004 dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), recante: "Note AIFA 2004 (Revisione delle Note CUF)" ha dato mandato al Dott. Zamperini Daniele, membro del Comitato Direttivo Nazionale della Società, di approfondire l’analisi del succitato provvedimento.
Esaminata la relazione del Dott. Zamperini e preso atto delle interpretazioni giunte da parte degli Organi di controllo di alcune ASL, si ritiene di proporre a codesta Spettabile Agenzia le seguenti considerazioni e di far pervenire le seguenti richieste di chiarimenti in merito.
La normativa attuale (legge 94/98) vieta al medico (salvo procedure particolari, e comunque a totale carico dell' assistito) la prescrizione di farmaci al di fuori delle indicazioni, delle vie o modalità di somministrazione o dalle utilizzazioni autorizzate dal Ministero della Salute.
Tale impianto normativo, è frutto di un clima di forte tensione emotiva che ha pervaso l’intera comunità nazionale al tempo della vicenda della cosiddetta vicenda del Dott. Di Bella. Per tale normativa la somministrazione di farmaci per indicazioni pur largamente riconosciute a livello internazionale e supportate da solide evidenze scientifiche e da prassi consolidate è sottoposta ad una stringente regolamentazione e in ogni caso non è consentita la prescrizione dei suddetti presidi a carico del SSN. Si consideri, a puro titolo di esempio, che la maggior parte dei FANS, pur universalmente riconosciuti come farmaci comunemente ed universalmente impiegati nel dolore neoplastico, mancano (nella grande maggioranza dei casi di questa indicazione nella scheda.
Altri esempi fanno riferimento a condizioni di particolare gravità, potenziali minacce per la vita stessa dei pazienti, ed a farmaci di alto costo la cui mancata prescrivibilità a carico del SSN si tradurebbe, con ogni probabilità in una mancata assunzione del presidio medesimo con conseguenze potenzialmente gravissime per la salute dei pazienti che in molti casi sarebbero materialmente impossibilitati ad acquistare con risorse finanziarie proprie farmaci di alto costo.

Ad esempio, per quanto ci consta:
Nota 12
NESSUNA specialità in commercio a base di Epoetina alfa, Epoetina beta e Darbepoetina alfa possiede in scheda tecnica le indicazioni:
- trattamento dell'anemia (Hb < 10 g/dL o riduzione dell'emoglobina ³ a 2 g/dL durante un qualsiasi periodo di 4 settimane di trattamento) nei pazienti trapiantati di fegato o con diagnosi clinica o istologica di cirrosi, che ricevono ribavirina in combinazione con interferone standard o peghilato e che presentano risposta virologica alla terapia
Nota 30
NESSUNA specialità in commercio a base di Filgrastim, Lenograstim e Molgramostim possiede in scheda tecnica l’ indicazione:
-neutropenia (neufrofìli < 750/uL) nei pazienti trapiantati di fegato o con diagnosi clinica di cirrosi, che ricevono interferone standard o peghilato in monoterapia o in combinazione con ribavirina e che presentano risposta virologica precoce alla terapia.
Per quanto riguarda invece l’indicazione:
- neutropenia HIV correlata o correlata ai farmaci antiretrovirali in pazienti pluritrattati che necessitino di farmaci ad azione neutropenizzante le specialità in commercio a base di Filgrastim, Lenograstim non posseggono, ad oggi, l’indicazione in scheda tecnica.
Nota 40
NESSUNA specialità in commercio a base di Lanreotide ed Octreotide, possiede in scheda tecnica le indicazioni:
-tumori neuroendocrini "non funzionanti" che esprimono recettori per la somatostatina

Dall’esame dell’articolato sulle nuove note, l’AIFA medesima sembra riconoscere la validità di certe indicazioni, includendo tra i farmaci concedibili anche principi attivi o specialità mancanti di specifica indicazione in scheda tecnica.
Il medico, tuttavia, mancando tale premessa, si trova in grave difficoltà ove debba procedere alla prescrizione a carico del SSN di tali farmaci, anche nel caso di esplicita previsione nelle note AIFA, ponendosi l’obbligo formale di prescriverli a totale carico dell' assistito in base alla norma sopracitata.
Le Note vengono dunque ad esserne quindi vanificate.

Tale principio appare alla società scrivente eccessivamente rigido nonché lesivo del diritto alla salute inteso come bene supremo da tutelare in modo primario, secondo il dettato costituzionale.

Promed Galileo richiede quindi a codesta spettabile Agenzia se, in caso di differenze tra scheda tecnica e nota AIFA, il medico possa operare tenendo conto dell' indicazione della nota, qualora ciò sia necessario per la tutela della salute del paziente e possa conseguentemente prescrivere il farmaco a carico del SSN e senza incorrere nelle sanzioni previste dal commi 4 e 5 dell’articolo 3 D.L. 23/98.

Per quanto riguarda l' aspetto economico, già il d.l. 419/1994 all’art. 3, comma 3, aveva previsto l’obbligo per il SSN di garantire all’assistito la gratuità dei farmaci di classe C, quando ciò fosse necessario in considerazione della durata o della cronicità della patologia in questione.
La Legge 203/00 consente poi a tutt' oggi la dispensazione gratuita dei farmaci in Fascia C ai titolari di pensione di guerra se il farmaco è di "comprovata utilità terapeutica per il paziente".

Esistono sull' argomento numerose pronunce della Suprema Corte, che ha consolidato un orientamento giurisprudenziale in base al quale, in ossequio al fondamentale diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, la somministrazione gratuita di un farmaco escluso dalla classe A deve essere comunque posta a carico del Servizio Sanitario Nazionale, qualora essa risulti indispensabile per la cura di gravi sindromi che esigono terapie prolungate.
In questo senso si vedano, tra le altre, Cass., sez. lav., 14 febbraio 2000, n. 1665; Cass., sez. lav., 23 febbraio 2000, n. 2034; Cassazione sez.Lavoro n. 4659 del 29/3/2001.
Numerose sentenze precedenti esprimono lo stesso orientamento: Cass., sez. un., 12 giugno 1997, n. 5297; Cass., sez. lav., 3 ottobre 1996, n. 8661; Cass., sez. III, 11 settembre 1996, n. 8241; Cass., sez. lav., 8 gennaio 1996, n. 65, id., 1996, I, 2151; Cass., sez. lav., 9 giugno 1994, n. 5593, id. Rep., 1995, voce cit., n. 380; Cass., sez. lav., 22 aprile 1994, n. 3870, id., 1995, I, 577.

La scrivente Associazione, ritiene che l' osservanza pedissequa della normativa sopracitata possa venire a confliggere con i dettami Costituzionali e con l' orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, con danno alla salute degli assistiti dal SSN.
Ritiene pure che il riconoscimento nelle note AIFA di indicazioni non ancora presenti esplicitamente in scheda tecnica (o in corso di registrazione) si configuri un implicito consenso da parte delle Autorità regolatorie alla prescrizione di tali farmaci secondo quanto ivi disposto, e conseguentemente un valido ampliamento delle disposizioni presenti in scheda tecnica.
Chiede pertanto un esplicito chiarimento interpretativo in tal senso: ossia che i farmaci indicati nelle note AIFA possano essere prescritti in classe A secondo le indicazioni previste da tali disposizioni, senza attribuzione di responsabilità amministrativa e deontologica a carico del medico prescrittore.

Un ulteriore aspetto riguarda difficoltà legate alla nota 13. Giungono notizie che alcuni uffici di controllo di ASL stanno interpretrando l’attuale formulazione della nota in senso altamente restrittivo. Dal momento che le carte del rischio ISS non sono applicabili, ad esempio, ai pazienti più giovani di 39 anni o più anziani di 69 o con valori di colesterolemia oltre 340 mg/dl, ne deriverebbe secondo la suddetta interpretazione la non concedibilità da parte del SSN della prescrizione di statine a tali soggetti non "previsti" dalla carte ISS con grave rischio per la salute di questi pazienti che sono magari da anni già in trattamento con statine oppure che presentano rischio elevato di eventi, ma che hanno "solo" 38 anni.

Per quanto attiene poi ai farmaci sottoposti a Piano terapeutico il Medico di Medicina Generale (MMG) non dovrebbe avere alcun ruolo nella verifica tra la corretta corrispondenza tra le indicazioni dell'AIC e diagnosi del PT redatto dallo specialista. I farmaci oggetto di PT sono stati ritenuti infatti di gestione specialistica e pertanto la responsabilità esclusiva è dello specialista prescrittore non avendo il MMG le nozioni e le informazioni specialistiche idonee a valutare la congruità dei PT redatti. Pertanto eventuali incongruità saranno da contestare solo allo specialista e non certo al MMG che ha solo proseguito una terapia già iniziata su prescrizione specialistica.
Il MMG non può ovviamente assolutamente farsi carico delle eventuali conseguenze, sui vari piani, derivanti dell'interruzione di una terapia per eventuali incongruità formali del PT redatto dallo specialista. E' infatti del tutto verosimile che, stante il frequente alto costo dei presidi oggetto di PT, la non prescrivibilità da parte del MMG per incongruità formali si tradurrebbe quasi sempre in interruzioni dell'assunzione del farmaco con conseguenze potenzialmente gravissime per i pazienti.

In conclusione nel ringraziare per l’attenzione concessa si invita codesta Spettabile Agenzia a far pervenire alla Società medico scientifica scrivente i chiarimenti richiesti nella presente onde possano essere trasmessi a tutti i soci interessati nell’interesse precipuo della salute dei pazienti.

Pisa, lì 11/01/2004. cordiali saluti

Il Presidente
Dott. Luca Puccetti

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ML3 - Il medico e la legge. : cap. 6 Diligenza professionale, imperizia e imprudenza.

Alle considerazioni del paragrafo precedente, riguardanti la ricostruzione della diligenza in generale come criterio di responsabilità, seguono le ulteriori osservazioni sul concetto di imperizia[1]. Quando infatti, come nel caso della prestazione professionale che qui si esamina,  la  diligenza  comporta  uno  speciale  sforzo  tecnico,  espressione di   tale  sforzo  tecnico  è  per  l'appunto  la  perizia,  intesa  come quel complesso di regole tecniche e professionali espresse dal livello medio della categoria d'appartenenza. Va da sé che nelle varie discipline oggetto di specialità, la perizia di volta in volta si caratterizzerà in modi parzialmente diversi, riempiendosi dei significati[2] tecnico-qualitativi attinti dallo standard medio rinvenibile nella categoria di riferimento[3], potendovi comunque rientrare quei principi fondamentali ritenuti alla base di qualsiasi attività medica, o meglio e più generalmente,  sanitaria.
Sul punto merita di essere sottolineato anche il ruolo che l'aggiornamento costante del professionista svolge in punto di valutazione della sua condotta diligente. Il parametro per la valutazione della responsabilità, fondato sull'aderenza ai dettami che possono estrarsi dal bagaglio professionale, sotteso allo standard medio di riferimento, non può certo prescindere dall'affermazione del dovere di aggiornamento costante del professionista. Lo stesso codice deontologico[4] afferma tale necessità imprescindibile e del resto risulta ricompreso nello stesso principio di riferibilità allo standard medio, che per forza di cose deve essere lo standard "aggiornato", che la prestazione del medico debba nascere da conoscenze aggiornate e quindi tecnicamente apprezzabili.
Ricordando brevemente i capisaldi, qui accolti, della teoria dell'adempimento, soprattutto sotto il profilo degli oneri strumentali e della buona fede quale apporto integrativo del contenuto dell'obbligazione, sembra, a chi scrive, che sia inconcepibile la pretesa di una prestazione che non sia aggiornata, proprio in quanto spetta al debitore della prestazione mettersi in condizione di adempiere diligentemente e soprattutto di continuare a mantenere uno stato che gli consenta la prosecuzione diligente della propria prestazione.
Il concetto d'imperizia assume quindi rilievo anche in riferimento alla descrizione, elaborata dalla giurisprudenza, del campo di applicazione dell'art. 2236 cod. civ. Si è già osservato in precedenza che nella previsione della norma si riconducono solo i casi di imperizia, non invece le evenienze caratterizzate da imprudenza e incuria, nei confronti delle quali si sollecitano giudizi ispirati a criteri di normale severità[5].
Risulta così più correttamente delineato l'apporto dell'elaborazione giurisprudenziale che configura la diligente prestazione del professionista come una prestazione di assoluta delicatezza e importanza, tanto da richiedere una costante espressione di professionalità adeguata agli standard medi di riferimento, e prevede una responsabilità, limitata alla colpa grave e al dolo, soltanto in presenza di problemi tecnici di speciale difficoltà, precisando però che tale limitazione non sussiste quando in gioco vi siano imprudenze o comportamenti di incuria;  si realizza  invece solo quando i problemi tecnici di speciale difficoltà mettano il professionista, di adeguata preparazione media, nelle  condizioni  di  misurarsi   con    problemi  che travalichino le sue -doverose- conoscenze, pur al cospetto della diligente prestazione che lo stesso abbia posta in essere.
Apprezzare l'accorta interpretazione dell'art. 2236 cod. civ., sostenuta da costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, significa individuare un principio interpretativo, coerente con le premesse svolte, che vuole racchiudere l'applicabilità dell'articolo in esame in una nicchia d'ipotesi sempre più ristretta, onde evitare che il ricorso a questa disposizione possa svilire il concetto di diligenza come criterio di responsabilità che si è cercato di illustrare.
Un esempio, infine, di condotta imprudente può essere d'ausilio alla completezza dell'esposizione.
Il caso, non ancora pubblicato, dal quale trarrò lo spunto per le considerazioni che seguiranno, rientra nella complessa categoria del c.d. errore diagnostico che, particolarmente in tema di diagnosi precoci di malformazioni al feto, assume contorni di assoluta importanza e di scottante attualità.
Il caso riguarda la nascita di un bambino affetto da malformazioni -non diagnosticate dal medico- riconducibili ad una patologia di rarissima verificazione, anche se le condizioni di salute della madre costituivano, per affermazione pacifica in letteratura, motivo di aggravamento del rischio di insorgenza, tra le altre, proprio di tale rarissima patologia. L'indagine medico-legale mette alla luce la difficoltà della diagnosi precoce, allo stato della scienza rinvenibile nelle condizioni di   tempo   e  di   luogo,    tanto  più  in  presenza  di  ulteriori  elementi -posizione del feto e consistente pannicolo adiposo circondante il ventre della madre- che, frapponendosi di fatto alla possibilità di agevole diagnosi, costituiranno ulteriori ostacoli alla corretta effettuazione dell'esame diagnostico. Il caso sembrerebbe pertanto integrare gli estremi descritti dalla norma di cui all'art. 2236 cod. civ., limitante, pur nell'interpretazione restrittiva della Corte di Cassazione, la responsabilità del prestatore d'opera al dolo e alla colpa grave, ove si rinvengano i c.d. problemi tecnici di speciale difficoltà.
Ora, nel caso appena accennato, la condizione relativa all'emersione dei problemi tecnici di speciale difficoltà sembra avverarsi, dando accesso di fatto ad una valutazione solo in termini di colpa grave, ma, agli esiti di una valutazione globale dell'operato del medico, risulteranno al contrario elementi che suggeriranno altra interpretazione.
Invero, sussistendo potenziali rischi per la paziente, data la sua conclamata patologia a rischio, la condotta del medico doveva essere improntata alla massima attenzione proprio in direzione dell'eventuale diagnosi precoce di malformazioni fetali. Se è vero, come pare, che tale diagnosi, nella struttura ospedaliera di specie, sarebbe stata comunque particolarmente ardua, non solo per la scarsa qualità delle apparecchiature in dotazione, ma anche per la scarsa specializzazione dell'operatore che effettuava l'esame diagnostico, e se è vero che il medico ha sottoposto la paziente ad un numero di ecografie di gran lunga superiore alla media, temendo proprio il verificarsi di patologie simili a quelle riscontrate alla nascita, a nulla vale lamentare la difficoltà tecnica del caso, nonché l'inadeguatezza della strumentazione a disposizione, trattandosi di condotta imprudente, che di fatto non ha accesso all'art. 2236 cod. civ., nell'accorta interpretazione restrittiva sopra richiamata. Il sanitario avrebbe dovuto dunque per lo meno inviare la paziente presso un centro attrezzato con strumentazioni ecografiche più moderne e operatori più specializzati, giacché accontentarsi della cosciente inadeguatezza della propria indagine significa commettere un'imprudenza tale da non giustificare l'accesso alla limitazione di responsabilità di cui all'articolo in esame.
            Sembra allo scrivente che quello di specie sia un caso tipico di -non- applicazione dell'articolo succitato, nella corretta visuale illustrata in dottrina e giurisprudenza, capace di stimolare la riflessione verso un salto di qualità dell'atteggiamento complessivo del sanitario. L'espressione diligente della condotta deve infatti manifestarsi in tutte le direzioni possibili, accettando consapevolmente i limiti che la medicina subisce ancor oggi e che forse sempre subirà, ma dovendosi preoccupare di aggirare l'ostacolo, che i mezzi strumentali a volte possono imporre, per usufruire di tutte le possibilità che la scienza consenta di percorrere, nell'esclusivo interesse del paziente.
            Il tema dell'inadeguatezza della dotazione strumentale suggerisce un ulteriore approfondimento, in punto di valutazione della colpa professionale, per il quale rimando al paragrafo successivo.

 Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it

membro dello Studio Legale Consumerlaw


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ML4 - Il medico e la legge: cap 7 Diligenza e non adeguatezza degli strumenti materiali

Lo sforzo tecnico caratterizzante la perizia, non può non interessare, oltre ai profili soggettivi poc'anzi descritti, anche gli strumenti materiali[1] impiegati per adempiere alla prestazione.
La perizia necessaria alla prestazione risulterebbe, per così dire, mutilata ove si volessero disgiungere i due aspetti, quello soggettivo e quello materiale, prevedendo regole diverse nell'uno e nell'altro caso. Invero, la scelta del mezzo attraverso il quale la prestazione trova la sua esecuzione, nonché preparazione, incide grandemente sulla prestazione stessa, potendone pregiudicare anche del tutto l'esito, ove non adeguata al tipo di prestazione sulla scorta dello standard qualitativo richiesto.
Non potrebbe pertanto il professionista limitare la propria responsabilità alla diligenza richiestagli, dal punto di vista professionale delle conoscenze tecniche adeguate -profilo soggettivo-, qualora si avvalesse di strumenti[2] inadeguati, in quanto risulterebbe spezzata la continuità e coerenza, nel corso della preparazione ed esecuzione della prestazione, della diligenza richiestagli. 
Potrebbe argomentarsi altrimenti, in un ottica generale, solo ove si verificasse il caso in cui il "creditore della prestazione" fosse a conoscenza dell'inadeguatezza degli strumenti prescelti, analogamente a quanto disposto per il caso della cosa gravata da oneri, diritto di godimento o vizi, nel contratto di compravendita, ai sensi degli artt. 1489, 1491 cod. civ.
Tuttavia, sembra a chi scrive che, nel caso della particolare prestazione oggetto della presente disamina, un'argomentazione analogica di tale larghezza potrebbe considerarsi in contrasto con la delicatezza dei diritti in gioco, potendo comunque ritenersi che, nell'esatto -rectius diligente- adempimento della prestazione professionale da parte del medico, non possa trovare spazio un margine di rinuncia consapevole ai canoni della diligenza professionale che comportino un rischio per la salute del paziente, anche a fronte della consapevolezza -tutta da provare- di quest'ultimo.
Pertanto,  potrebbe sostenersi che il medico, essendo tenuto ad esprimere una diligenza che coinvolga, come detto, anche la fase strumentale dei mezzi apprestati, sia tenuto a servirsi di strumenti che garantiscano uno standard qualitativo e tecnico adeguato al tipo di prestazione richiesta e al livello tecnico medio, configurandosi come una violazione della diligenza professionale anche il solo utilizzo di strumenti non corrispondenti ad un criterio di adeguatezza tecnicamente apprezzabile, a prescindere dall'eventuale conoscenza che, di tale inadeguatezza, abbia il paziente: si sarebbe così di fronte anche ad una violazione dei principi deontologici.  Infatti l'art. 12 del cod. deontol., nel capo relativo agli accertamenti diagnostici e terapeutici, ricorda che il medico è tenuto ad una <<adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle prevedibili reazioni individuali nonché delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici che prescrive e utilizza>> .
Certo che bisognerebbe anche riflettere sulle condizione di gestione e di dotazione strumentale di molti Ospedali italiani, ma questo è argomento che esula dalla presente trattazione.
E ancora, osta ad una possibile liberatoria di responsabilità, caratterizzata dalla conoscenza che il paziente possa avere circa l'inadeguatezza della strumentazione utilizzata, la circostanza che quasi sempre la prestazione è svolta nei confronti di chi non è in possesso dei mezzi culturali per apprezzarne appieno la qualità da un punto di vista tecnico.
Piuttosto, potrebbe verificarsi il caso che il medico, essendo a conoscenza, o dovendo esserlo, dell'inadeguatezza degli strumenti in suo possesso, possa comunque liberarsi da responsabilità qualora dimostri di aver coscienziosamente informato il paziente della circostanza, invitandolo a recarsi presso strutture meglio attrezzate -ovvero organizzandone il trasporto- e rifiutandosi pertanto di eseguire la prestazione sulla base dei mezzi in suo possesso, o comunque eseguendola, laddove possibile, in modo parziale -svolgendo ad esempio solo alcune indagini diagnostiche per le quali si trovi attrezzato- e indirizzando poi il paziente verso presidi ospedalieri o cliniche attrezzate ove proseguire la terapia o le indagini diagnostiche necessarie.
Se, effettivamente, accade molto spesso che la prestazione medica sia svolta all'interno di strutture organizzate, che mettono a disposizione del medico certa strumentazione, senza consentirgli di operare scelte qualitative per mancanza di alternative interne alla struttura, non è possibile adagiarsi su tale dato di fatto evitando comunque di confrontarsi con la realtà dei bisogni tecnici che la patologia del paziente richiede. Venendo ad un esempio pratico, se un particolare strumento diagnostico di non recentissima costruzione consente, nella maggioranza delle ipotesi, di effettuare esami accurati ed obiettivi, ma non è in grado di fornire allo specialista risposte adeguate al trattamento di casi che nascondono potenziali insidie nella valutazione specialistica, il prudente atteggiamento del medico non può non estendersi, come già anticipato nell'analisi di un caso inedito, a scelte che comportino l'invio del paziente presso strutture che posseggano strumenti di diagnosi avanzati e che possano fornire un supporto alla diagnosi ben più attendibile.
Concludendo, e considerando la dotazione della maggior parte degli ospedali, non si può certo far carico al medico dell'inadeguatezza della strumentazione rispetto ai migliori standard tecnologici disponibili, ma nemmeno si può pensare di considerare esente da responsabilità il sanitario che, ben potendo avvedersi di tale inadeguatezza nel caso specifico, ometta di indirizzare il paziente bisognoso di un'indagine più approfondita presso strutture che siano all'altezza di fornirla.
E ancora, considerando l'ulteriore evenienza[3] rappresentata dall'impossibilità di trasportare il paziente, ovvero dall'urgenza del trattamento, onde evitare il prodursi di un probabile grave danno, potrebbe soccorrere al medico, dal punto di vista dell'inquadramento giuridico, la prova dell'impossibilità di cui all'art. 1218 cod. civ. al fine di andare esente da responsabilità.  

Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it

membro dello Studio Legale Consumerlaw

[Per motivi di spazio la bibliografia completa e' riportata su www.scienzaeprofessione.it ]

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ML7 - LE NOVITA' DELLA LEGGE (Di Marco Venuti)

PRINCIPALI NOVITA' IN GAZZETTA UFFICIALE
mese di novembre-dicembre 2004

La consultazione dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino al giorno 23.01.2005. Per consultarli, cliccare qui

DATA GU TIPO DI DOCUMENTO TITOLO DI CHE TRATTA?
14.12.04 292 Decreto del Ministero della Salute 27.08.04 Prodotti fitosanitari: limiti massimi di residui delle sostanze attive nei prodotti destinati all'alimentazione .............
16.12.04 294, Suppl. Ordinario 181 Circolare dell'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni n. 8453 17.11.04 Rilevazione delle deleghe per le ritenute del contributo sindacale ai fini della misurazione della rappresentatività sindacale ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001. Richiesta dati al 31 dicembre 2004 .............
22.12.04 299, Suppl. Ordinario 184 Determinazione dell'Agenzia Italiana del Farmaco 16.12.04 PRONTUARIO FARMACEUTICO NAZIONALE 2005. - Elenco dei medicinali di classe A) rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 48, comma 5, lettera c), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326 .............

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