"Scienza e Professione"
Mensile di informazione e varie attualita' - Reg. Trib. Roma n. 397/2004 del 7/10/2004
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Ostracismo a TOS: i ginecologi italiani non ci stanno

I ginecologi italiani assolvono la terapia ormonale sostitutiva (TOS), come somministrata in Italia, contro i sintomi della menopausa.

Il professor Antonio Chiantera, segretario nazionale dell'Aogoi, l'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani ha dichiarato che dagli Usa arriverebbe un allarmismo infondato, ''un'epidemia di paura'' che va assolutamente ridimensionata. Il rischio di cancro del seno aumenterebbe appena dello 0,08% contro un aumento del 63% dovuto all'obesità. Secondo il Prof. Chiantera i dati USA non possono essere considerati rappresentativi delle donne a cui, solitamente, viene prescritta la TOS in Italia. Le donne sarebbero ingiustamente private di un valido aiuto. Occorerebbe reagire a tale situazione e garantire alle donne in menopausa un futuro, a detta del Prof. Chiantera, migliore ed una qualità di vita che le donne in passato non hanno potuto avere, sperimentando gli effetti devastanti della depressione in menopausa.Tali asserzioni sarebberobasate sulle conclusioni del Progetto menopausa Italia (Pmi), uno studio durato sette anni e condotto su 150 mila donne. I risultati della ricerca, pubblicati nel volume ''Menopausa e terza eta': up to date'', autofinanziato dall'Aogoi, evidenzirebbero le differenze tra le donne italiane che si rivolgono ai centri menopausa e quelle arruolate in particolare nel trial Usa Whi (Women health initiative) del 2002.

Dal Pmi, che ha elaborato oltre 200 mila dati provenienti da 440 strutture collegate in rete - ha riferito Costante Donati Sarti, responsabile del progetto e coautore del libro con Sonia Baldi - emerge nel dettaglio che ''l'eta' media delle italiane arruolate e' di 53,5 anni, contro i 63,3 anni in media delle americane reclutate nel Whi; le pazienti obese sono il 13,4% del campione, contro il 34%; le diabetiche il 2%, contro il 4,4%; le ipertese il 21,7%, contro il 35,7%; le cardiopatiche con un'esperienza di problemi coronarici l'1,3%, contro il 5,5%; quelle in cura con farmaci ipolipemizzanti lo 0,7%, contro il 12,5%, e quelle trattate con antiaggreganti piastrinici (la cosiddetta 'aspirinetta') il 2%, contro il 19%''.

In Italia la terapia ormonale sostitutiva sarebbe sempre stata utilizzata in modo mirato. Nei centri specializzati sarebbe prescritta al 40-42% delle pazienti (contro percentuali anglo-americane che arrivano a superare l'80%): solo in donne sane tra i 50 e i 54 anni, se e quando serve (cioe' esclusivamente in presenza di determinati sintomi o per prevenire l'osteoporosi) e per cicli di tre-quattro anni''. Insomma, ''vogliamo fare giustizia'', ha affermato il professor Carlo Sbiroli, presidente dell'Aogoi. Da qui l'idea del volume, che sara' distribuito agli specialisti e nelle librerie, e il cui contenuto sara' condensato in una dispensa dedicata ai medici di famiglia. Ma il Pmi prevede anche la stesura di linee guida 'ad hoc' e l'organizzazione di corsi di aggiornamento per ginecologi.

I dati Usa sui rischi della terapia ormonale sostitutiva, come pure quelli inglesi del trial Mws (Million women study), hanno provocato ''un'epidemia di paura, ma anche di sfiducia'', ha aggiunto la professoressa Alessandra Graziottin, responsabile del Gruppo di studio sulla sessuologia all'interno del Pmi. Eppure, ha fatto notare l'esperta, sia dal Whi sia dal Mws arrivano anche dati rassicuranti: ''Se dal primo studio emerge infatti che le donne italiane trattate con ormoni sostitutivi sono piu' giovani e piu' sane delle pazienti americane, seguono la cura per meno anni e solo in presenza di sintomi menopausali marcati - ha commentato - dal secondo arrivano altre buone notizie: ne' la terapia ormonale pregressa ne' la pillola contraccettiva ne' gli estrogeni da somministrare per via vaginale fanno aumentare il rischio di cancro del seno''.

In conclusione, ''le donne italiane possono stare tranquille - avrebbe affermato la Graziottin - Lo dimostrerebbe il fatto che 'chi lo sa lo fa', ovvero che l'uso degli ormoni in menopausa e' elevato soprattutto tra chi sa leggere e interpretare gli studi clinici: il 56,5% delle ginecologhe italiane in menopausa usa ormoni (una percentuale sette volte superiore a quella generale, pari all'8,4%), come pure il 59% delle mogli dei ginecologi italiani''.

Fonte: Opa/Adnkronos Salute)

Commento di Luca Puccetti

Francamente c'è da rimanere sorpresi da queste posizioni. Sarebbe come dire che se si prendesse un prodotto anche potenzialmente nocivo e si evitasse di darlo agli anziani e ai soggetti cardiopatici, diabetici, dislipidemici non succederebbe nulla mentre al contrario se venisse sommnistrato ai malati o agli anziani ci potrebbero essere problemi. Non mi pare fosse necessario fare uno sforzo così titanico come sembrebbe il PMI per scoprire cose che qualsiasi agenzia di monitoraggio vendite farmaceutiche avrebbe potuto agevolmente documentare. Era arcinoto a tutti che in Italia la percentuale di donne in TOS erano mediamente più giovani delle nordamericane e che dunque ipso facto erano meno inclini ad essere diabetiche, cardiopatiche e dislipidemiche. Era parimenti noto che la durata media di una TOS in Italia era di 9 mesi contro durate assai più lunghe negli USA. E meno male!
A parte queste facili considerazioni, mi sembra più opportuno cercare di portare un contributo per cercare di interpretrare i risultati dei vari studi. La mia opinione è la seguente. Nelle donne più giovani, non diabetiche, non dislipidemiche, lo stato endoteliale al momento della menopausa è probabilmente piuttosto ben conservato e pertanto la sommninitrazione della TOS non sbilancia sensibilmente la bilancia in senso procoagulativo perchè mancano i focolai trombogeni. Laddove a causa di età, dislipedemie, diabete l'endotelio è già compromesso e vi sono numerose placche, magari fissurate o instabili, la somministrazione di TOS provoca un aumento sensibile del rischio trombogeno con aumento relativo di eventi. Pertanto mi pare che gli orientamenti attuali siano adeguati alle informazioni che sono ad oggi note. LA TOS dovrebbe essere prescritta, informando adeguatamente la paziente, come sempre del resto, sui possibili rischi sul piano individuale che le evidenze dei trials hanno indicato e solo per brevi periodi, limitatamente al controllo dei sintomi quando essi siano di tale gravità da inficiare significativamente la qualità della vita e comunque la paziente non possa o voglia sopportare. A parte la prevenzione della TOS e del cancro del colon, la TOS ha fallito nel dimostrare tutti i vantaggi che gli studi osservazionali degli anni 90 lasciavano supporre. Poichè esistono presidi alternativi di provata efficacia sulla prevenzione dell'osteoporosi e poichè solo poche donne presentano sintomi da deprivazione ormonale tanto severi la TOS appare una terapia da riservare a casi particolari, limitattamente al controllo della fase acuta dei sintomi climaterici ed in donne senza fattori di rischio cardiovascolare.