La Cassazione assolve lo stupro? Falso!

Quando lo scoop sacrifica l'attendibilità: l'informazione frettolosa è spesso fuorviante e scorretta. Una sentenza di Cassazione su una minorenne.


Per l'ennesima volta i media hanno diffuso con clamore una sentenza della Cassazione che avrebbe quasi assolto un uomo accusato di stupro su una minorenne per il fatto che la stessa non era più vergine ma adusa ai rapporti sessuali.
Questa notizia ha destato, ovviamente, lo sdegno delle donne e di tutte quelle categorie che usano assumere come oro colato le informazioni dei giornali, dimenticando che ogni sentenza, al di là delle stringate e spesso frettolose pronunce giornalistiche (più tendenti a fare sensazione che ad informare), è articolata su una serie di argomentazioni giuridiche spesso complesse e tali da ribaltare la prima impressione superficiale.
Chi si degni di leggere la sentenza, vedrà che le cose sono ben diverse:
L'imputato ha chiesto un rapporto sessuale alla figlia della convivente, ultra-quattordicenne ed infra-sedicenne. La minore intratteneva già rapporti sessuali con un numero di persone indeterminato, anche maggiorenni, ed acconsente alla richiesta. Per timore di un contagio (l'adulto è sieropositivo) propone però (ed attua) un rapporto orale. In epoca successiva sporge nenuncia per stupro.
L'uomo viene condannato senza attenuanti.
La normativa attuale consente libertà sessuale ai maggiori di anni 14; non sono però permessi (e ricadono nell'ipotesi di violenza sessuale) gli atti sessuali compiuti su persona che (art. 609-quater) non ha ancora compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione o di custodia, il minore sia affidato, o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza.
Lo stesso articolo dispone che nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi.
I giudici di merito hanno quindi condannato l'uomo in base a questa norma, dato che si trattava di minore fra i 14 ed i 16 anni, pur accertando che la stessa era consenziente e che il soggetto adulto era il convivente della madre, respingendo la difesa dell' imputato che tendeva a disconoscere il rapporto di convivenza che lo faceva rientrare tra le categorie vietate.
L'imputato ha quindi chiesto l'applicazione della circostanza attenuante della minore gravità.
La Corte d'Appello respingeva tale richiesta affermando che le modalità innaturali del rapporto fossero tali da compromettere l'armonioso sviluppo della sfera sessuale della vittima.
Questo è stato il punto contestato dalla Corte, in quanto ritenuto contraddittorio:
La modalità innaturale del rapporto (orale) non era stato imposto dal soggetto, che chiedeva un rapporto sessuale completo, ma richiesto specificamente dalla vittima, mirante ad evitare i rischi di un rapporto completo con un tossicodipendente; il fatto poi che il rapporto orale fosse tale, di per sé da compromettere l'armonioso sviluppo sessuale della vittima, era affermazione apodittica, non considerando che la ragazza, già dai 13 anni, aveva avuto numerosi rapporti sessuali con uomini di ogni età per cui era presumibile che la sua personalità, dal punto di vista sessuale, fosse molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età.
La condanna dell'imputato non è mai stata messa in forse, e viene sottolineata in sentenza l'illiceità della condotta dell'imputato che si è avvalso dello stato di soggezione che la giovane vittima certamente provava verso il convivente della madre; senza tale convivenza il delitto non sarebbe stato neppure punibile in quanto la ragazza aveva compiuto i 14 anni e quindi era libera di avere rapporti sessuali consensuali.
La Corte ha soltanto ritenuto contraddittoria la sentenza d'appello ove negava le attenuanti con motivazioni non condivisibili, rimettendola ai giudici di merito. Questi potranno recedere dalla loro decisione (e concedere le attenuanti) o negarle, ma motivando la loro decisione in modo non contraddittorio.
Infondato appare quindi il clamore dei media troppo superficiali secondo i quali la Cassazione avrebbe valutato meno grave lo stupro verso minori non più vergini. Non si trattava infatti di stupro vero e proprio, ma di rapporto consensuale, assimilabile ad uno stupro solo per condizioni anagrafiche e di convivenza; queste condizioni venivano confermate e riconosciute valide, tanto è vero che la condanna veniva confermata pur in presenza di una minorenne sessualmente matura ed esperta. E' indiscusso e pacifico che la maturazione sessuale della vittima non ha nessuna rilevanza sulla fattispecie di reato, potendo influire sul giudizio di valore sul bene tutelato, rimanendo però impregiudicato il nucleo essenziale dell'incriminazione. Dunque, potremmo chiederci, i reati commessi verso soggetti già adusi ai rapporti sessuali devono essere considerati automaticamente di minore gravità? Questo la sentenza non lo dice, limitandosi a rilevare la contraddittorietà delle motivazioni di merito. L'argomento dovrà essere approfondito dai giuristi o dal legislatore.
Occorrerà tener conto anche delle modifiche alla normativa sull' argomento apportate dalla Legge 6/2/2006 n. 38 (Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet) che ha stabilito che tutela la sessualità del minore anche oltre i 16 anni, in relazione ai soggetti autoritari: al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compia atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

Fonte: Cass., Sez. III, 17 febbraio 2006

Daniele Zamperini