Considerazioni sulla vicenda del Rofecoxib (Di Luca Puccetti)

Ritengo possa essere interessante proporre ai colleghi alcuni elementi di riflessione sulla tossicità cardiovascolare dei coxib e
dei FANS frutto sia di contributi sia personali che di esimi colleghi.
Recentemente la Merck ha ritirato in tutto il mondo il rofecoxib per tossicità cardiovascolare (CV) emersa dopo 18 mesi in uno studio sulla prevenzione dei polipi del colon (APPROVe).
Nel 1999, in contemporanea con  l'approvazione di celecoxib e rofecoxib, l'equipe del Dott. Garret. A. Fitzgerald, del
Dipartimento di Farmacologia dell'Università di Pennsylvania, dimostrava che entrambi i suddetti farmaci inibivano la produzione di prostaciclina nell'uomo. La prostaciclina (prostaglandina I2) inibisce la proliferazione delle cellule muscolari lisce della parete vasale, l'aggregazione piastrinica ed esercita un effetto vasodilatatorio.
Studi in modelli animali e nell'uomo hanno dimostrato che la prostaglandina I2 deriva principalmente dalla COX2. In vivo la
protaglandina I2 contrasta il trombossano che esercita effetti speculari e pertanto favorisce l'aggregazione piastrinica, la vasocostrizione e la proliferazione delle cellule muscolari lisce.
Mentre i FANS tradizionali, agendo sia sulla COX1 che sulla COX 2, interferiscono in modo simile sia con la produzione di trombossano che di prostaciclina i Coxib , agendo   solo sulla COX2, riducono soltanto la prostaciclina e lasciano inalterato il trombossano.
Poichè il flusso stimola la produzione endoteliale di COX2, l'inibizione indotta dai Coxib della proporzione di prostaglandina
I2 dipendente dalla COX2 può predisporre i pazienti all'infarto ed all'ictus. La somministrazione dei coxib, inibendo la prostaciclina, può dunque innalzare la pressione arteriosa, accelerare l'aterogenesi e causare un' esagerata risposta trombotica
alla rottura di placche aterosclerotiche. Tanto più un paziente è a rischio cardiovascolare tanto più velocemente questo meccanismo puo' determinare la comparsa di eventi. Nello studio VIGOR, che era stato disegnato per saggiare la tollerabilità gastroenterica del rofecoxib vs naprossene, nel gruppo rofecoxib furono osservati la metà degli eventi gastroenetrici riscontrati nel gruppo naprossene,  tuttavia il gruppo trattato con rofecoxib presentò un incremento di 5 volte degli infarti rispetto al gruppo naprossene. Tale risultato fu attribuito prevalentemente ad un supposto effetto cardioprotettivo del naprossene. Anche dalla valutazione post hoc di tutti i dati dei pazienti dello studio CLASS(celecoxib vs diclofenac e ibuprofene) che non assumevano aspirina, emersero segnali di aumento del rischio cardiovascolare nel gruppo trattato con celecoxib. Risultati simili
sono stati osservati anche nello studio TARGET in cui il lumiracoxib è stato comparato con naprossene ed ibuprofene. Pertanto si rende necessaria una direttiva sui coxib da parte della FDA. Nell'attesa, secondo gli autori dell'editoriale,  i coxib non dovrebbero essere prescritti ai pazienti cardiopatici od a rischio di eventi cardiovascolari. I pazienti dello studio APPROVe dovrebbero essere monitorati anche dopo l'interruzione dello studio per valutare il tempo necessario affinché svanisca l'effetto del rofecoxib sul rischio vascolare. Secondo gli autori l'onere di dimostrare che il problema riguarda solo il rofecoxib e non tutta la classe ricade su chi fa una tale affermazione. L'assenza di evidenza non significa evidenza dell'assenza.

fonte: NEJM 21, 2004
link: http://content.nejm.org/cgi/reprint/NEJMp048288v1.pdf
Contributo personale:

Una ricerca su medline dimostra che non sono stati pubblicati studi idonei a rilevare la tossicità CV a lungo termine dei
principali FANS.

In generale la sicurezza CV di un FANS può essere correttamente valutata solo mediante uno studio clinico prospettico.
Per quanto riguarda i FANS principali (diclofenac, ibuprofene, nimesulide, naprossene) facendo una ricerca su PubMed ed
utilizzando le chiavi "nome chimico del FANS", "placebo" e ponendo come limite al tipo di pubblicazione "clinical trial" e' stato
possibile trovare i seguenti risultati, in riferimento alla durata:
Diclofenac: la massima durata di uno studio in doppio cieco verso placebo è di 12 settimane; per gli studi controllati con farmaco attivo si deve necessariamente riferirsi agli studi con Etoricoxib (per l'OA, 190 settimane)

http://http://rheumatology.oupjournals.org/cgi/content/full/41/9/1052
(per l'AR, 174 settimane)

http://http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?
cmd=Retrieve&db=pubmed&dopt=Abstract&list_uids=12180720
Ibuprofene: la massima durata di uno studio in doppio cieco verso placebo è di 12 settimane; per gli studi controllati con farmaco attivo, i dati arrivano a 52 settimane, anche se esistono dati in aperto >3 anni vs etodolac. Nimesulide: la massima durata di uno studio in doppio cieco verso placebo è 4 settimane; per gli studi controllati con farmaco attivo, i dati arrivano a 52 settimane (vs. ibuprofene), anche se esistono dati in aperto >1 anno.
Naproxene: la massima durata di uno studio in doppio cieco verso placebo è 12 settimane; per gli studi controllati con farmaco
attivo. Tralascio per brevità altri FANS meno diffusi. Tuttavia esiste il problema delle dimensioni del campione. La
probabilità di rilevare una differenza statisticamente significativa tra due gruppi di trattamento è condizionata infatti dalla numerosità del campione.
In nessuno studio effettuato con FANS tradizionali e recensito da PubMed la numerosità era sufficiente per evidenziare tale differenza sugli eventi avversi CV considerando i tassi estremamente ridotti di incidenza di tali eventi. Facciamo un esempio riferendoci ai risultati proprio dello studio APPROVe. I casi di infarto o ictus sono stati del 3,5 nel gruppo rofecoxib e del 1,9 % nel gruppo placebo. Se si dovesse progettare uno studio per rilevare con una probabilità del 95% ed una potenza dell'80% (parametri comunemente usati) se un dato farmaco fosse più o meno tossico sul sistema CV del placebo dovremmo arruolare, per ogni gruppo, circa 60.000 pazienti e senza considerare i drop outs!
Pertanto, erroneamente negli studi pubblicati sui FANS fino ad oggi è stato riportato che non vi era differenza tra il FANS oggetto di studio ed il suo confronto attivo o placebo. Nessuno degli studi aveva infatti una numerosità del campione sufficiente a rilevare una differenza.
Per rispondere alle domande recentemente sollevate sul NEJM dal Dott. Garret A. FitzGerald,  Merck sta conducendo lo studio MEDAL il quale sarebbe stato appositamente disegnato e dimensionato per valutare la tollerabilità CV di etoricoxib rispetto a quella del diclofenac (durata presuntiva 18 mesi; 23.500 pazienti). Le risposte su una possibile tossicità di classe potrebbero derivare proprio da questo studio il cui arruolamento dovrebbe essere concluso.
Paradossalmente uno studio di tale numerosità potrebbe non essere sufficiente a rilevare una differenza tra i due farmaci! Se infatti volessimo rilevare la stessa differenza di 1,5 punti percentuali assoluti di tossicità CV tra i due gruppi con il campione arruolato la probabilità di rilevarla sarebbe solo del 50% con una eguale potenza.

Infine una considerazione strutturale. La vicenda Rofecoxib dimostra che produrre un farmaco sicuro anche a lungo termine ed
efficace è oggi impresa molto ardua e rischiosa. I farmaci attualmente disponibili sono infatti già ottimi e dimostrare una
differenza incrementale in termini di efficacia e tollerabilità è impresa difficile e costosa (sia in termini monetari diretti che
indiretti per la lunga durata degli studi necessari a dimostare benefici non su end points surrogati, ma su end points clinici
primari e sicurezza anche a lungo termine. Il Mercato farmaceutico mondiale potrebbe non essere più appetibile per gli investitori con tutte le conseguenze che tutti possono facilmente immaginare.
Luca Puccetti