Il contagio silente da HCV non da' diritto a rendita INAIL

Le cautele  e le limitazioni cui va incontro il soggetto che contrae il virus HCV non comportano di per se' diminuzione dell'attitudine al lavoro e della capacita' reddituale.

Corte Suprema di Cassazione Sez. Lavoro Sentenza n. 4165 del 1° marzo 2004

I Fatti:

C.D. infermiera presso l'USL, nel corso della sua attività lavorativa si era punta con l'ago di una siringa, contraendo il virus da HCV.

Chiedeva quindi all' INAIL riconoscimento del diritto a rendita in ordine all'infortunio sul lavoro subito.

Il Giudice di I grado accoglieva la richiesta, che invece veniva respinta nel corso del successivo appello.

La Corte d' Appello rilevava irrilevanti le valutazioni del consulente tecnico di ufficio sulle possibili cautele cui l'infortunata doveva sottostare nell'esercizio della sua professione e sul pericolo di futuro insorgere di fatti patologici in ragione dell'infezione virale (all'atto silente) ovvero su inconvenienti per variazione di abitudini alimentari. Riteneva pure eventuale ma improbabile un riverbero sulla capacità lavorativa generica di una diminuita capacità lavorativa specifica, comunque non tale da determinare una percentuale di inabilità dell'11%. 
L' interessata ricorreva in Cassazione, adducendo documentazione che denunziava "un aggravarsi della patologia e comunque una lesione reale del fegato".

La Corte riteneva inaccettabile tale documentazione, dovendosi in tale sede giudicarsi solo su problemi di legittimita' e non di merito. Accoglieva le tesi della Corte d' Appello che aveva ritenuto che "le valutazioni circa le attenzioni e le limitazioni, cui inevitabilmente va incontro un soggetto che contrae il virus HCV (particolarità del regime alimentare, cautele nei rapporti con i terzi, diminuita intensità della vita lavorativa), fra l'altro in presenza di malattia silente, non attengono in linea di principio alla tutela antinfortunistica, perché estranee alla nozione dell'attitudine al lavoro nella sua espressione della capacità lavorativa generica, quest'ultima riferita alla diminuzione della concreta capacità di lavoro dell'assicurato in rapporto alla produzione del reddito, e non anche, come sembra volersi nel caso di specie, alle particolari mansioni svolte dall'infortunata".

Per questi motivi il ricorso veniva respinto

 Daniele Zamperini