Il contratto emotivo

Perche’ tanti lavoratori, soprattutto quelli di mezza eta’, si sentono tanto attratti dall’ idea del pensionamento?
Perche’ solo importanti incentivi economici riscono a contrastare questa straripante tendenza?
E’ probabile che cio' abbia una causa ben precisa: la modificazione di un contratto " in corso d' opera".

Divesrsi studiosi hanno ipotizzato che ogni persona, quando effettua il suo ingresso in una attivita' lavorativa, firmi DUE contratti: il contratto lavorativo vero e proprio (cartaceo) e un "contratto emotivo", interiore, che dice piu' o meno "io, nel lavoro, faro' questa e quest' altra cosa e ne ricevero' questo compenso, economico e morale".

Quando il contratto "cartaceo" viene modificato troppo radicalmente, esso viene a non coincidere piu' col contratto "emotivo" stipulato all' inizio, e l' interessato viene a trovarsi in una situazione di profondo disagio, fuori posto, frustrato.
Di qui l' insofferenza, la voglia di fuga, l' instaurarsi di meccanismi perversi negli anziani; i giovani spesso non comprendono questi atteggiamenti perche' il loro contratto emotivo e' invece piu' recente e quindi piu’ aderente alle situazioni vigenti.
Per evitare questi contraccolpi emotivi, bisognerebbe che i cambiamenti siano progressivi (non improvvisi), mediati e condivisi, in modo da permettere una riformulazione e un riadattamento del contratto emotivo piu' aderente al momento vigente. 
Tale situazione viene vissuta in modo particolarmente intenso da alcune categorie professionali che hanno visto il loro ruolo sociale fortemente mutato e spesso penalizzato, come e’ avvenuto per la categoria medica.

Per fare un esempio attinente appunto a tale categoria, si puo’ risalire agli anni ’70, allorche’ si diede applicazione alla Riforma Sanitaria che ridisegnava tutto il ruolo della Sanita’ Pubblica e dei suoi componenti, con una totale rivoluzione della situazione: massimale di assistiti, passaggio dalla notula alla quota capitaria, e cosi’ via.
Eppure non vi furono eccessivi dissensi perche' la situazione era abbastanza deteriorata, la quota capitaria era gia' vigente in gran parte dell' Italia, il cambiamento era stato lungamente preparato a livello sindacale e politico, la transizione venne calibrata con un beneficio economico e organizzativo (guardia medica, con possibilita' di riposo settimanale) ecc.

I cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni e ancora in continua evoluzione, invece, sono stati eccessivamente rapidi, non mediati a livello delle componenti di base ma quasi imposti dall' alto, vissuti come interessi personali di questa o quella minoranza, come obblighi sgraditi e non liberamente scelti, come totale rivoluzione del contratto emotivo stipulato all' inizio: "io faro' il medico di famiglia per curare la gente, instaurando un rapporto di confidenza e fiducia, ricevendone gratitudine e riconoscimento morale e sociale, e un buon compenso economico".

Ora il fatto di doversi associare piu' o meno per forza, di sentirsi intercambiabili, di avvertire il cedimento di quel rapporto medico-paziente, di sentirsi economicamente e legalmente "fragili" ha rotto la corrispondenza tra i due contratti.
Di qui la frustrazione di molti anziani; di qui la spaccatura interna della categoria, perche' una parte (i piu' giovani) non capisce i motivi dello scontento e si adegua a cio' che appare una situazione normalissima.

E' la conseguenza di una situazione generale, e non prerogativa della classe medica; le categorie dei “care givers” pero’, in quanto piu’ impegnate emotivamente nel rapporto con i pazienti-utenti, sono maggiormente soggetti alla frustrazione e alla sofferenza derivanti dal logoramento e dalla rivalutazione di questo rapporto.
Guido Zamperini