Coxib: finalmente la soluzione (finale?)

Alla fine di una camera di consiglio che deve essere stata molto travagliata la FDA ha emesso il suo verdetto: gli inibitori della ciclo-ossigenasi 2 possono continuare a rimanere in commercio e ad essere prescritti dai medici
perchè, anche se gravati da un aumento degli effetti cardiovascolari, i loro benefici sulla salute superano i rischi. Inoltre, a sorpresa, la FDA ha dato parere favorevole alla reintroduzione in commercio del rofecoxib, anche se
la commissione di esperti si è praticamente spaccata in due tra favorevoli e contrari .
Fonte: segnalato da Doctornews.

Commento di Renato Rossi
La decisione dell'ente americano arriva dopo appena due giorni dal pronunciamento dell'EMEA (fatto proprio dall'AIFA) secondo il quale i coxib devono avere importanti limitazioni al loro uso: non bisogna prescriverli ai
pazienti cardiopatici o a rischio cardiovascolare, vanno somministrati alla dose più bassa possibile e per il periodo più breve.
Insomma, come era accaduto per le linee guida sull'ipertensione, le due sponde dell'Atlantico sembrano essere adesso un pò più lontane. Sarà interessante vedere come reagiranno gli enti regolatori europei alle decisioni della FDA.
Nella vicenda vi è un risvolto poco chiaro. David Graham, autore di un recente studio pubblicato su Lancet, di cui avevamo riferito in una pillola precedente (Lancet 2005 Feb 6; 365:475-81), doveva presentare alla commissione della FDA, riunita in assise, i dati relativi a studi non ancora pubblicati sui coxib. Ma pochi giorni fa ha reso noto che non li presenterà avendo ricevuto una e-mail da parte dei suoi superiori che la presentazione di questi dati sarebbe avvenuta a suo rischio. (Medscape News, 2005 Feb 15).
Il tono usato nella e-mail ricevuta, dice Grahan, è quello che si usa di solito per gli insubordinati. Graham voleva
presentare i dati del California's Medicaid Program in cui sono stati studiati più di 15.000 infartuati. Un  portavoce della FDA ha affermato che la decisione se presentare o meno i nuovi risultati spettava a  Graham stesso. Alla fine comunque Graham ha tenuto la sua relazione affermando che a suo parere la tossicità cardiovascolare dei coxib è un effetto classe, che appare evidente soprattutto con le dosi più elevate, ma che ogni farmaco va valutato singolarmente (Medscape News, 2005 Feb 17).
Francamente, da qualsiasi parte stia la ragione, una vicenda non proprio chiara. Sembra quasi che la medicina basata sulle evidenze sia morta e sepolta e che gli studi clinici acquistino valenze diverse a seconda di come li si interpreta. Non altrimenti si può giudicare la decisione della ditta produttrice di ritirare il rofecoxib (contro ogni suo interesse commerciale, tanto che il valore delle sue azioni alla borsa americana si è quasi dimezzato) e quella contrastante della FDA di reintrodurlo.
Nel frattempo come dovrebbero comportarsi i medici? Penso non sia difficile prevedere che se anche la ditta produttrice decidesse di immettere di nuovo in commercio il rofecoxib gli operatori sanitari e i pazienti stessi (che nell'epoca di internet e dell'informazione globale sono venuti a conoscenza della questione quasi in tempo reale) avranno molte difficoltà ad usarlo. E poi la ditta sarà comunque pronta a rischiare nuove e più clamorose azioni
legali intentate dai pazienti che si sentiranno danneggiati dal farmaco?
All'uscita della metropolitana di New York nelle settimane scorse c'erano cartelloni pubblicitari che invitavano i pazienti che avevano usato il Vioxx a rivolgersi a studi legali per studiare il da farsi. Aberrazioni americane, si dirà. Dal canto nostro, però, credo che suggerire cautela sia d'obbligo adottando per ora le misure suggerite dall'EMEA  (tra l'altro in Italia l'uso dei coxib a carico del SSN deve ubbidire all'ulteriore restrizione della nota
66).
Tutta la vicenda lascia abbastanza sconcertati e non si possono escludere ulteriori sviluppi e colpi di scena.