Bisogna sempre trattare l'ipertensione nei grandi anziani?

Negli ultraottancinquenni una pressione arteriosa sistolica inferiorea 140 mmHg sembra associata ad un aumento del rischio di morte rispetto a valori piu' elevati

In questo studio, di tipo osservazionale prospettico, gli autori hanno seguito per circa 9 anni quasi tutti i residenti di una cittadina finlandese che avevano un'età >= 85 anni al baseline. Si tratta di 521 grandi anziani la cui pressione media all'inzio dello studio era di 149/82 mmHg; nel 35% dei soggetti la pressione arteriosa sistolica era >= 160 mmHg. Durante il follow-up morì l'87% dei partecipanti. Dopo aver aggiustato i dati per numerosi fattori di confondimento (malattie cardiache e vascolari, neoplasie, diabete, precedente diagnosi di ipertensione, uso di farmaci antipertensivi, ecc.) si evidenziò che i soggetti con pressione sistolica inferiore a 140 mmHg avevano un rischio di morte significativamente maggiore rispetto a chi aveva una pressione sistolica compresa tra 140 e 159 mmHg (hazard ratio = 1,35).
Per contro chi aveva una pressione sistolica >= 160 mmHg, sempre rispetto a chi aveva una pressione sistolica di 140-159 mmHg, non era a maggior rischio di morte (hazard ratio = 0,97).

Fonte:
Rastas S et al. Association between blood pressure and survival over 9 years in a general population aged 85 and older. J Am Geriatr Soc 2006 Jun; 54:912-8. 



Commento di Renato Rossi

Nessuno degli studi randomizzati e controllati sui farmaci antipertensivi ha valutato l'impatto del trattamento dell'ipertensione lieve-moderata nei grandi anziani. Non è chiaro quindi se sia utile in questa fascia di pazienti prescrivere un trattamento. Questo studio osservazionale suggerisce che nelle persone con età >= 85 anni la pressione ritenuta normale, cioè quella al di sotto di 140 mmHg, è associata ad un rischio di morte maggiore rispetto a valori più elevati. Ovviamente il dato va preso con le dovute cautele in quanto, trattandosi di uno studio osservazionale, non è certo che siano stati considerati tutti i possibili fattori confondenti. Tenuto conto però dell'età dei partecipanti, il follow-up è stato molto lungo e i risultati devono far riflettere. Dal punto di vista filosofico si potrebbe quasi dire che se una persona arriva a 85-90 anni con una pressione sistolica un poco più alta di quella ritenuta normale dalle linee guida, forse è meglio lasciar fare alla natura e non volerlo trattare a tutti i costi con una terapia farmacologica che potrebbe non portare a grandi benefici e nello stesso tempo provocare effetti collaterali inaccettabili. Negli anziani, soprattutto in quelli molto avanti negli anni, la necessità di ogni farmaco somministrato va attentamente soppesata perchè se è vero che le linee guida ci orientano nello scegliere la via migliore da percorrere, non sempre danno la risposta adatta al singolo paziente che abbiamo davanti.
In una revisione della letteratura [1], che si proponeva di esaminare l'efficacia della terapia antipertensiva negli anziani, si è trovato che vi sono evidenze forti che giustificano il trattamento per valori di pressione sistolica >= 160 mmHg mentre non ci sono trials sugli anziani per valori compresi tra 140 e 159 mmHg e in questo caso le raccomandazioni di trattare derivano solo da studi di tipo osservazionale che mostrano come il rischio cardiovascolare aumenti con l'aumentare della pressione. Secondo la stessa revisione gli studi trovati suggeriscono l'uso di tiazidici e calcio-antagonisti a lunga durata d'azione come farmaci di prima scelta da usare negli anziani. In ogni caso, in questi soggetti, la decisione se attuare o meno una terapia per valori di pressione sistolica 140-159 mmHg deve basarsi sulla valutazione globale del rischio cardiovascolare, sulle preferenze del paziente, sulla tollerabilità della terapia, sulle condizioni clinche generali e sull'età, in quanto diverso è il caso di un anziano di 65 anni in buona salute da quello di un noventenne con varie patologie coesistenti.


Bibliografia
1. Sarwat I. Chaudhry et al. Systolic Hypertension in Older Persons. JAMA. 2004 Sept 01; 292:1074-1080.