Trattamenti non farmacologici per panico e fobia sociale

 

E’ noto, in letteratura, che la fobia sociale (FB) ed il disturbo di panico (DP) rimettono spontaneamente in meno del 30% dei casi. Sono inoltre patologie che hanno un costo molto alto in termini di emotività personale, tanto da minare spesso la possibilità, per i soggetti colpiti, di poter condurre una vita normale.

Attualmente il protocollo di cura prevede una esposizione graduale (EG) associata ad una terapia farmacologica, in quanto precedenti studi hanno mostrato un significativo miglioramento nella fobia sociale ed un minore rischio di comorbidità.

L’aggiunta di una terapia comportamentale-cognitivista sembra aumentare, accoppiata all’esposizione graduale, la probabilità che gli obiettivi raggiunti si mantengano anche a lungo termine.

Lo studio che ha cercato di indagare questo aspetto è stato condotto da Giosuè, E. di Giovanbattista, C.Bottoni, A. Contestabile, R.Roncone e M.Casacchia, dell’università dell’Aquila.

Il campione era costituuito di 49 soggetti con Disturbo di Panico (codificato secondo il DSM IV), di cui 26 affetti anche di fobia sociale, in comorbilità.
31 soggetti sono stati assegnati al gruppo CBT dove, con cadenza settimanale, venivano trattati mediante tecniche di rilassamento, ristrutturazioni cognitive, modeling comportamentale legato alle crisi di panico e strategie di mantenimento dei risultati raggiunti.
18 soggetti sono stati seguiti ambulatoriamente, dove hanno ricevuto, oltre al normale trattamento farmacologico, una seduta informativa sui disturbi d’ansia.

Gli strumenti di valutazione usati per definire se il soggetto era reclutabile e per monitorare l’andamento della terapia sono seguenti:

-         Inventario per l’ansia di “stato” e di “tratto” STAI Y1 e Y2, usato per valutare lo stato di ansia pre-trattamento e post-trattamento

-         Marks Sheenan Phobia Scale (MSPS, 1983) per la valutazione delle principali fobie.

-         Hopkins Symptom check list 90 (SCL-90), utilizzato per rilevare il livello di sofferenza per ognuno dei 10 fattori indagati: Somatizzazione, Ansia-ossessivita’, sensibilità interpersonale, depressione, ansia, ostilita’, fobia, psicoticismo, paranoia e disturbi del sonno

-         Disability inventory scale sheehan (DISS), che misura il grado di compromissione derivato dalla patologia

-         Questionario sullo stato di salute (short form –36), che indaga la qualità della vita in funzione della salute del soggetto.

 

Alla fine dello studio si rileva un significativo calo degli indicatori di ansia, sia di stato che di tratto, rispetto all’origine. Per il gruppo CBT (sottoposto a trattamento complesso con tecniche comportamentali), inoltre, il calo è risultato significativamente maggiore rispetto al gruppo trattato ambulatoriamente. Al follow-up di un anno i punteggi ottenuti mediante lo STAI non mostrano un ulteriore calo di ansia, ma piuttosto una stabilizzazione della patologia.

E’ possibile dire, quindi, che il trattamento cognitivo-comportamentale  conferma una reale utilita' nel trattamento dei disturbi di ansia.

Guido Zamperini

Fonte: Giornale Italiano di Psicopatologia, Dicembre 2004 (supplemento)