Pazienti prepotenti: tutto il mondo e' paese

Non sono solo i medici italiani che devono fronteggiare le richieste spesso inappropriate dei pazienti.

 I medici generalisti italiani sono, non di rado, accusati di incompetenza per l'eccessiva richiesta di esami, visite specialistiche o uso di farmaci nuovi e costosi. Oppure, senza arrivare a questi estremi, li si rimprovera di non sapere indirizzare correttamente le richieste dei pazienti. In termini più brutali , di non saper negare accertamenti, visite specialistiche o nuovi farmaci al paziente che li richieda. Farmaci, accertamenti e visite che, si sottintende più o meno velatamente, sono nella maggior parte dei casi inutili. Però anche gli stessi MMG lamentano spesso questo fenomeno, sostendendo di essere in una posizione di debolezza in quanto facilmente ricattabili dall'arma della revoca.

Ma i medici di famiglia italiani sono i soli a vivere situazioni così frustranti? In altre realtà le cose sono più rosee? Non sembrerebbe, secondo uno studio americano [1]: negli USA i pazienti farebbero esplicite richieste ai medici di esami, visite specialistiche o prescrizione di farmaci nuovi, in circa un quarto delle consultazioni. Queste richieste inoltre influenzano fortemente le decisioni prese in seguito dai medici consultati. Gli autori dello studio hanno video-registrato 559 visite di 45 medici nel 1999. Venivano escluse dalla registrazione visite eseguite per follow-up o a scopo preventivo. Ben il 23% dei pazienti domandava esplicitamente al medico almeno un test diagnostico, una visita specialistica o una nuova prescrizione farmacologica. Solo nel 13% dei casi il medico non soddisfaceva la richiesta ricevuta. Secondo lo studio, se il medico riceve una richiesta di visita specialistica ha 4,1 volte più probabilità di richiederla, rispetto al sanitario a cui non viene formulata alcuna richiesta. Per la prescrizione di un nuovo farmaco la probabilità è di 2,8 volte. Per contenere i costi e migliorare l'appropriatezza delle decisioni mediche gli autori dello studio auspicano che i medici siano espressamente istruiti su come indirizzare le richieste dei pazienti; ciò dovrebbe entrare a far parte della educazione medica continua. Inoltre essi suggeriscono che la medicina basata sulle evidenze e i programmi per contenere i costi siano resi accessibili non solo ai medici ma anche ai pazienti.

Ma evidentemente la faccenda non deve essere così semplice se persino nella favolosa America i medici non sanno dire di no alle richieste dei pazienti.

Se questa è la situazione negli USA, quello che succede ogni giorno nei nostri ambulatori non dovrebbe perciò stupire. O meglio può stupire solo chi non sa cosa sia la Medicina Generale. Fa poi un pò tenerezza quanto suggerito dagli autori dello studio americano, soprattutto perchè sa molto di ingenuo idealismo ma poco di pratica quotidiana. Riesce francamente difficile immaginare come possano essere indirizzate le pretese dei pazienti, visti sempre più come "clienti a cui sottoporre consigli per gli acquisti". Riesce difficile pensare che il solo medico di famiglia, dotato di armi antidiluviane, riesca a fare una efficace azione di filtro quando l'ipermedicalizzazione e la pubblicizzazione di nuove tecniche diagnostiche o di nuovi farmaci invade le case degli italiani con frequenza giornaliera. Basta aprire una qualsiasi rivista femminile o un qualche inserto di quotidiani dedicato ai problemi di salute: è tutto un fiorire di consigli salutistici, di nuovi test, di screening e controlli periodici a cadenza sempre più ravvicinata. Tanto che viene da chiedersi se resta un pò di tempo anche per qualche altra attività che sia meno stressante della ricerca spasmodica della malattia.

Renato Rossi

Ref.Arch Intern Med 2003;163:1673-1681