La PET evidenzia il possibile meccanismo d’azione dell’agopuntura

Un gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato uno studio che potrebbe spiegare il meccanimo d’ azione dell’ agopuntura contro il dolore.
Da molti anni si discute sulla reale efficacia dell’ agopuntura: benche’ diversi lavori scientifici ne avessero confermato la potenzialita’ analgesica, e benche’ abbia avuto il riconoscimento di prestigiose istituzioni, come il National Institutes of Health (NIH) statunitense, molti studiosi sostengono che questa attivita’ sia secondaria ad un effetto placebo. Queste opposizioni derivano essenzialmente dal fatto che finora non e’ stata trovata una spiegazione soddisfacente, spogliata di implicazioni mistiche e scientificamente sostenibile, della sua capacita’ analgesica.
Gli Autori hanno utilizzato per il loro lavoro la Tomografia a Emissione di Positroni (PET), che permette di esaminare e documentare le attivita' delle diverse aree cerebrali nel corso della loro attivita’.
Sono stati esaminati 13 soggetti, divisi in due gruppi, ai quali veniva alternativamente imposto un duplice trattamento: agopuntura nei punti canonici della medicina cinese, a livello delle braccia (punto 5 di polmone) e delle gambe (punto 36 di stomaco) oppure un ciclo di agopuntura-placebo, praticata in aree lontane a quelle della medicina tradizionale cinese.
E’ stato riscontrato che in seguito a trattamento "tradizionale" i pazienti attivavano in modo evidente e significativo le aree cerebrali del dolore (corteccia cingolata anteriore, corteccia insulare, corteccia frontale superiore e mediale, cervelletto), mentre quando sottoposti a agopuntura placebo non coinvolgevano in nessun modo queste aree cerebrali.
La percezione del dolore viene considerata, attualmente, come il risultato dell'elaborazione di una serie di stimoli che arrivano al cervello e creano una rete di relazioni fra diverse aree; i ricercatori avanzano due possibili spiegazioni del fenomeno: la prima è che l'agopuntura interferisca con i circuiti nervosi che sono alla base della percezione del dolore, la seconda è che stimoli la liberazione di oppioidi, sostanze com’e’ noto prodotte dal tessuto nervoso, aventi attivita’ antidolorifica. In altre parole il cervello verrebbe "ingannato" e indotto a credere di stare subendo un intenso stimolo dolorifico, cosi’ da attuare le strategie antidolorifiche (non ancora del tutto note) di cui e’ dotato.
E’ significativo comunque che tale meccanismo si attui solo dopo stimolazione dei punti codificati dopo esperienza empirica vecchia di secoli.
NeuroImage, 2001, Vol.14(1) p.60-66