La relazione tra incesto, pornografia e uso di Internet : una revisione critica della letteratura sull’argomento

R. Benci

 

La relazione tra pornografia e incesto e, più in generale, i reati sessuali, è stata studiata dal punto di vista sociale, criminologico, psicologico e psichiatrico. In questa revisione critica verrà analizzato in particolare il fenomeno dell’incesto e della violenza sui bambini e quindi la sua possibile correlazione con l’utilizzo di pornografia. La particolare attualità del fenomeno dell’abuso sessuale sui bambini e il recente sviluppo di iniziative come il COPINE (Combating Paedophile Information Networks in Europe) Project volti a classificare e prevenire questi fenomeni e la diffusione della pornografia infantile nonché le recenti modifiche nelle leggi anche a livello Europeo, stimolano un riferimento all’utilizzo del mezzo telematico con riferimento a questi argomenti. Considerazioni sull’utilizzo dei sistemi peer-to-peer e sull’accessibilità’ della pornografia con riferimento alla pornografia infantile.

 

Introduzione: cenni storici e culturali

 

Già quasi 15 anni fa nell’ambito delle pubblicazioni pornografiche un ruolo importante era giocato dalle parafilie. La progressiva specializzazione del settore pornografico nel 1991 in USA arrivava al 24.4% e di questo circa il 50% era costituito dal sado-masochismo mentre oltre il 21% era costituito specificamente dal tema incesto (14). è presumibile che con la diffusione di Internet e la diminuzione dei costi di diffusione, queste cifre si siano ulteriormente modificate e in una certa misura frammentate con ulteriori “specializzazioni” in parafilie più dettagliate.

 

Dal punto di vista storico e sociologico, è stato notato come le diversità culturali e religiose della società a composizione multietnica, influiscano sulla percezione dell’evento incestuoso, in modo particolarmente evidente nelle società a impronta rigidamente patriarcale (5). A questo si assomma un frequente conflitto culturale che coinvolge la lealtà al partner, alla famiglia estesa e alla comunità etnica in generale. Un lavoro di Alaggia, in particolare, analizza questi conflitti con la prospettiva di un miglioramento dell’assistenza alle vittime da parte dei service providers i cui operatori condividevano la stessa percezione di inadeguatezza nell’adattare il servizio alle diverse esigenze culturali (5). Le conclusioni sono le stesse in altri studi tra cui quello di Tsun condotto a Hong Kong (18): anche in questo caso di incesto fratello-sorella la famiglia patriarcale, il forte senso di vergogna e la corrispondente necessità di mantenere il segreto sono causa di forte disagio e difficoltà nel cercare aiuto. 

Il comportamento sessuale considerato “deviante”, d’altra parte, è soggetto a diverse valutazioni culturali in funzione del periodo storico e della struttura della società. E’ sufficiente pensare a come la prostituzione in alcune antiche culture fosse considerata una professione del tutto rispettabile e a volte a carattere sacrale. Se una certa devianza sessuale è generalmente tollerata come mezzo di sollievo dallo stress, negli ultimi anni si sono verificate delle vere e proprie pressioni culturali per la “normalizzazione” di quella che era stata considerata una devianza(19). La progressiva accettazione dell’omosessualità nelle culture occidentali ne è un esempio. C’e’ addirittura chi, come Singh, sostiene che in USA si stiano progressivamente formando delle lobbies per arrivare alla percezione dell’incesto stesso come fenomeno in parte socialmente accettabile (19). In sintesi, sembrerebbe corretto affermare che il “regolare” comportamento sessuale non è assoluto, ma è determinato da quello che la società in cui si vive considera correntemente accettabile. Ne consegue inoltre che gli operatori del settore educativo devono essere a conoscenza di questo fenomeno per poter meglio programmare e adattare i loro interventi (25).

 

Comuni acquisizioni sugli ambienti a rischio

 

E’ possibile in certa misura prevedere quali siano gli ambienti a rischio di incesto. E’ nota da tempo la maggiore frequenza del fenomeno dell’abuso sessuale negli alcoolisti. Nel 1990 Langevin rilevava che era frequente riscontrare tra i sex offenders l’uso della marijuana e delle “street drugs” come i derivati della cocaina e delle amfetamine sebbene meno del 20% della sua casistica presentasse un vero problema di abuso (20). E’ un dato ormai accettato che nelle famiglie con un maggior numero di figli l’incesto sia un fenomeno più comune (9).Naturalmente questo dato deve essere spesso posto in relazione con il basso reddito e l’educazione della famiglia con particolare riguardo alla pianificazione familiare e alla contraccezione. 

Sarebbe addirittura possibile, secondo alcuni, prevedere un pattern di alterate relazioni marito-moglie nel contesto delle quali si ritroverebbe più comunemente il fenomeno dell’incesto. In un articolo del 1990, infatti, Lang-Reuben e Langevin (11) analizzano le relazioni matrimoniali in un campione di incest offenders. Si trovano pressoché costantemente disarmonie nel rapporto di coppia, mancanza di fiducia e di amici comuni, scarso tempo trascorso assieme e una bassa soddisfazione nei rapporti sessuali. Secondo questo studio si rivelerebbe un trend di scarsa fiducia nel coniuge. Tutti gli offenders lamentavano una non sufficiente conoscenza del coniuge prima del matrimonio. Riteniamo, comunque, che definire queste disfunzioni (piuttosto frequenti in realtà) del rapporto di coppia una chiara predisposizione all’incesto sia una forzatura inaccettabile sotto l’aspetto psicologico e medico-legale.

 

Comuni conseguenze dell’incesto

 

Le conseguenze dell’abuso sul bambino sotto forma di incesto si prolungano per tutta la vita adulta e spesso sono devastanti. Si tratta di esperienze spesso rimosse che però possono essere riassunte in disturbi comportamentali, depressivi e di auto-percezione. Sono comuni i disturbi dell’alimentazione, in particolar modo bulimia e disturbi compulsivi. E’ pressoché costante una bassa autostima e un’alterazione delle relazioni interpersonali, in particolar modo con l’altro sesso. La sensazione di vergogna può essere mascherata o convertita col tempo in fenomeni di tipo isterico come le pseudoconvulsioni (13). Sono frequenti anche le tossicodipendenze, le dipendenze da alcool e i fenomeni di autolesionismo fino all’ideazione suicida. 

E’ (o dovrebbe essere) pratica comune nella professione medica anche in General Practice, il ricercare sempre una storia di abusi sessuali quando il paziente cerca aiuto per tossicodipendenze, disturbi dell’alimentazione, ideazione suicida reiterata non spiegabile, depressioni croniche o ricorrenti e, più in generale, scarsa autostima.

 

Tipi meno comuni di incesto

 

Il più comune tipo di incesto è senza dubbio quello padre-figlia (o padre adottivo-figlia). Nella percezione popolare sembrerebbe che le altre forme più rare come madre-figlio o fratello-sorella siano meno traumatiche ma i dati sperimentali di numerosi autori dimostrano il contrario (4, 7, 9, 10, 21) e c’è un forte sospetto che le cifre siano in realtà sottostimate perché non tutti i casi vengono riportati (4). In particolare il fenomeno dell’incesto madre-figlio si dimostra particolarmente subdolo e a volte difficile da differenziare dai normali comportamenti di cura materna dove sia presente un contatto con i genitali malgrado le conseguenze a lungo termine siano potenzialmente disastrose (7). In uno studio di Kelly, ad esempio, metà delle vittime di questo tipo di incesto ne hanno una percezione mista, quando non addirittura positiva, ma in seguito a verifica oggettiva tramite questionario, queste risentono di un danno nell’adattamento sociale molto superiore rispetto a quante lo ricordano come francamente spiacevole o traumatico (7). Altri autori come Denov (21) sottolineano a loro volta le conseguenze in termini di abuso di droghe o farmaci, self-harming, suicidio, depressione, difficoltà a relazionarsi con l’altro sesso, disturbi della personalità fino a casi estremi come quello riportato da Rudominer (4), dove però l’incesto era parte di una situazione di grave abuso fisico e verbale che dal punto di vista terapeutico era causa di resistenze, controtransfert e, in generale, un’estrema difficoltà di trattamento.

 

Una menzione a parte merita il lavoro di Cyr (9) dove viene studiato un gruppo di pazienti tra i 5 e 16 anni che avevano subito violenza da parte di fratelli, padri o padri adottivi. La violenza con penetrazione risultava più frequente nel gruppo fratello-sorella (70.8%) mentre nel gruppo padre-figlia risultava del 34.8% e nel gruppo padre adottivo-figlia scendeva addirittura al 27.3%. Il gruppo fratello-sorella era naturalmente più frequente nelle famiglie con figli numerosi e maggiore promiscuità dove si riscontrava anche un maggiore abuso di alcool. E’ interessante notare come, contrariamente alla percezione popolare di incesto “più violento” quando si tratti del padre, il disagio clinicamente significativo era presente nel 90% del gruppo fratello-sorella abbassandosi a percentuali del 63.6% nel gruppo padre adottivo-figlia. Le conclusioni di Cyr sono che l’abuso fratello-sorella comporta conseguenze a lungo termine più gravi del classico tipo padre-figlia, quindi non è assolutamente da sottovalutare sia in campo diagnostico che terapeutico. Analoghe conclusioni si ritrovano nel lavoro di Tsun, svolto a Hong Kong ma con risultati pressoché sovrapponibili (18).

 

 

Uso della pornografia nel sexual offender

 

Da più parti si è cercato di determinare se nel fenomeno incesto, nel child abuse e nei reati a sfondo sessuale in genere, l’uso della pornografia sia da considerare un fattore predittivo di rischio. Si è anche cercato di determinare il tipo di pornografia più usato dai child abusers. I risultati non sono completamente univoci. 

Già nel 1988 Langevin aveva studiato un possibile rapporto tra fruizione di pornografia come riviste o film e crimini a sfondo sessuale. Lo studio era condotto in Canada su 227 sex-offenders e 50 controlli. Nei risultati la pornografia non risultava collegata alla commissione di reati sessuali ne’ alla recidività criminale dei sex-offenders (15). Lo stesso Langevin pubblica due successivi studi nel 1995 e nel 2004, quest’ultimo condotto su un nutrito campione di 561 sex-offenders dei quali 181 erano child abusers e 223 avevano commesso abuso con incesto. Su 561 solo il 17% risultava fare uso regolare di pornografia (23). 

Questa apparente contraddizione può essere, secondo noi, chiarita se si tiene conto dei risultati di Marshall (24) e di Howitt (16). Nel child abuser, infatti, la fruizione del materiale pornografico non sembra essere collegata a un generico fattore di rischio quanto invece utilizzata immediatamente in preparazione all’abuso. In tutti questi studi un elemento comune risultava l’uso nei child abusers di materiale soft-core o eterosessuale adulto, mentre la pornografia infantile era sorprendentemente rara. 

Una tesi di laurea di Wheeler del 1997 sembrerebbe invece arrivare a conclusioni leggermente diverse identificando un rapporto più diretto tra il reato a sfondo sessuale e la fruizione di pornografia (22) ma anche lo stesso Wheeler conferma la funzione immediatamente preparatoria del materiale pornografico che nella sua casistica ammonta a oltre il 33%. 

Contrariamente a quanto sostenuto dal Progetto COPINE, dunque, questa revisione della letteratura sull’argomento sembrerebbe escludere l’uso di pornografia e, nello specifico, la pornografia infantile come fattore di rischio nello sviluppo della condotta pedofilica o come chiaramente predittivo di comportamento criminale.

 Sulla base della revisione della letteratura esistente, l’uso di pornografia anche infantile sembrerebbe invece assimilabile all’utilizzo di alcool o droghe nella preparazione all’atto criminale. L’uso del materiale pornografico sarebbe inoltre un fattore scatenante in personalità criminali già formate e spesso recidive come sottolineato chiaramente da Marshall (24) quando evidenzia una diretta correlazione dell’uso del materiale pornografico con la cronicità dell’abuso e la criminalità sessuale ricorrente.

 

 Internet e il child sex abuse

 Nella Comunità Europea  recentemente si stanno facendo sempre più frequenti le azioni congiunte contro lo scambio di materiale pedo-pornografico. La legislazione si è inasprita e la sensibilità comune sta provocando la formazione di gruppi di pressione per limitare lo scambio di questo materiale che, infatti, negli ultimi 4 anni è diventato sempre più raro sui newsgroup (6). Progetti come il COPINE (Combating Paedophile Information Networks in Europe), stanno studiando il fenomeno nei suoi aspetti sociali, psicologici e psichiatrici allo scopo di identificare i soggetti a rischio, prevenirne l’azione e, dove possibile, riabilitarli mediante trattamento psicologico (12).

In un recente studio, Chase (3) classifica lo sfruttamento sessuale dei bambini in UK in tre grandi categorie: 1) Utilizzo per produzione di materiale pornografico 2) Avviamento alla prostituzione 3) Vero e proprio traffico di bambini. Finora sembrerebbe che l’aspetto più studiato sia il 2) mentre la funzione di Internet nella pedofilia non trova ancora tutti concordi. Dal lavoro di Chase, infatti, emergerebbe che l’uso patologico di Internet per la pornografia infantile sia un fattore di rischio solo per le personalità chiaramente criminali e pedofiliche, il che concorderebbe con l’analisi esposta nel capitolo precedente.

 

D’altra parte il progetto COPINE e Quayle, che firma quasi tutti gli studi sul loro sito Internet, sembrano arrivare a conclusioni parzialmente divergenti utilizzando un approccio che a volte appare forse più aneddotico che obiettivamente statistico (2). Il lavoro di Quayle appare interessante in uno studio (1) dove sono intervistati 13 uomini condannati per avere prelevato immagini pornografiche di bambini e ne classifica le motivazioni secondo 6 classi: 1) Allo scopo di ottenerne eccitamento sessuale 2) Come oggetti da collezionare 3) Come strumento per facilitare le relazioni sociali 4) Come modo di evitare la vita reale 5) Come terapia 6) Posto direttamente in relazione all’utilizzo di Internet.

 

E’ chiaro come il punto 1) costituisca uno degli aspetti più controversi nella valutazione psicologica del child abuser quando si consideri che non costituisce tanto un elemento di rischio ma che il criminale lo utilizza invece più spesso nella preparazione immediata all’abuso. Il punto 2) è di indubbio interesse in quanto il reperimento di un grande numero di immagini di pornografia infantile (fino a parecchie centinaia di migliaia) e la loro ordinata classificazione non sono fenomeni rari. Per quanto riguarda il punto 3) non è raro che il fruitore di materiale pedo-pornografico trovi i suoi punti di contatto con la società proprio attraverso lo scambio di tale materiale, sebbene questo contatto sia ovviamente patologico e mediato, il che ci collegherebbe ai punti 4-6. La stessa Quayle, comunque, non arriva a concludere chiaramente se l’utilizzo del materiale pedo-pornografico costituisca un vero e proprio sostituto del child abuse o un progetto (“blueprint”) che più tardi si concretizzerebbe in violenza (1, 12). Inoltre la sua casistica piuttosto limitata in numero lascia aperte le ipotesi ad ulteriori approfondimenti.

 

Vale la pena di sottolineare, per quanto possa sembrare ovvio, che il download di materiale pedo-pornografico e l’accesso a corrispondenti siti Internet, seppure non necessariamente legato a personalità patologiche o socialmente pericolose, incrementa tuttavia la richiesta di tale materiale secondo le classiche leggi di mercato. I protagonisti di queste immagini o filmati sono pur sempre dei bambini veri nei confronti dei quali si verifica un abuso, quindi il child abuse viene indirettamente incrementato e sostenuto anche dai fruitori di questo genere di pornografia. Secondo la nostra opinione, sarebbe sempre opportuno in sede giudiziaria richiamare l’attenzione del fruitore di pedo-pornografia su questo aspetto di cui non sempre e’ conscio.

 

Un aspetto particolare: il peer-to-peer

 

Non tutto l’accesso alla pedo-pornografia tramite Internet si verifica tramite veri e propri siti web o i newsgroups. Negli ultimi anni ha acquisito un’importanza crescente l’utilizzo del cosiddetto peer-to-peer file sharing di cui esempio storico è il celebre Napster con i suoi cloni. Laddove il sito web o il newsgroup è ospitato su un computer centrale o server, che autorizza l’accesso e il download delle informazioni, il peer-to-peer file sharing ha una struttura più simile a una rete dove viene ricercato un titolo di file anche parziale e il richiedente seleziona gli utenti in quel momento connessi che ne possiedono sul proprio computer una o più parti. Queste vengono in seguito trasmesse al ricevente in modo automatico, senza che si abbia un vero e proprio assenso all’invio da parte del possessore del file. Si viene così a creare un sistema non più gerarchico ma estremamente delocalizzato e con struttura di rete letteralmente costruita volta per volta dal fruitore anziché dal creatore del sito.

 

Non è raro che in questi ambienti esistano dei files che sono particolarmente ricercati che diventano, quindi, una preziosa “moneta di scambio”. La possibilità, da parte di chi offre il file, di alterarne il titolo costituisce un ulteriore elemento di rischio per l’utente che si trova, non di rado, a prelevare dei files che corrispondono a tutt’altro materiale rispetto a quanto era stato ricercato. Questo è particolarmente vero nel caso in cui si associno ai files delle keywords dal momento che, a differenza di files “innocui”  le immagini pornografiche vengono sempre associate con un gran numero di keywords (es. anal, black, asian, teen, amateur, young, female, incest, pedo, pre-teen etc.) ed e’ quindi tutt’altro che raro che la ricerca con una particolare keyword porti al reperimento di materiale di tutt’altro genere.

 

Il peer-to-peer file sharing, da semplice ambiente di scambio di files musicali, è diventato via via sempre più sofisticato e ricco di “merce” grazie all’incremento del bacino di utenza e alla crescente velocità ed efficienza delle connessioni. Oltre a questo, si deve notare come tale sistema costituisce al giorno d’oggi il metodo preferito dai ragazzi per ottenere materiale visivo o sonoro. Infatti, l’accesso a un sito web che ospiti materiale commerciale (come sono appunto i files musicali o il materiale cinematografico) può richiedere un’autenticazione dell’identità e a volte l’invio di dati di carta di credito mentre il peer-to-peer file sharing è libero per tutti. Questo costituisce da una parte un maggiore fattore di rischio nei confronti dei minori che si trovano esposti a una mole di materiale pornografico immensamente superiore a quella dei classici siti web e dall’altra un agevole mezzo di “agganciamento” tramite le funzioni chat che sono sempre integrate nel software. Ad analoghe conclusioni è arrivato nel 2000 Greenfield (8).


Bibliografia

 

1)      Child pornography and Internet: perpetuating a cycle of abuse

Quayle E., Taylor M., Deviant Behaviour Jul-Aug 2002;23(4):331-62

 

2)      Child seduction and self-representation on the Internet

Quayle E., Taylor M., Cyberpsychol Behav Oct 2001;4(5):597-608

 

3)      Commercial and Sexual Exploitation of Children and Young People in the UK--A Review.

Chase E., Statham J., Child Abuse Review, Jan-Feb 2005;14(1):4-25c

 

4)      Consummated mother-son incest in latency: a case report of an adult analysis

Rudominer H.S., J Am Psychoanal Assoc Summer 2002; 50(3):909-35

 

5)      Cultural and religious influences in maternal response to intrafamilial child sexual abuse: charting new territories for research and treatment.

Alaggia R., J Child Sex Abus 2001; 10(2):41-60

 

6)      Diminishing incidence of internet child pornographic images.

Bagley, C., Psychological Reports Aug 2003;93(1):305-306

 

7)      Effect of mother-son incest and positive perceptions of sexual abuse experiences on the psychosocial adjustment of clinic-referred men

Kelly R.J.,  Wood J.J., Gonzalez L.S., MacDonald V., Waterman J., Child Abuse Negl Apr 2002; 26(4):425-41

 

8)      Inadvertent exposure to pornography on the Internet: Implications of peer-to-peer file-sharing networks for child development and families.

Greenfield, P.M., Journal of Applied Developmental Psychology, Special Issue: Developing Children, Developing Media: Research from Television to the Internet from the Children's Digital Media Center A Special Issue Dedicated to the Memory of Rodney R. Cocking, Nov-Dec 2000; 25( 6):741-50

 

9)      Intrafamilial sexual abuse: brother-sister incest does not differ from father-daughter and stepfather-stepdaughter incest

Cyr M., Wright J., McDuff P., Perron A., Child Abuse Negl Spe 2002; 26(9):957-73

 

10)  Male survivors’ perspectives of incest/sexual abuse

Ray S.L., Perspect Psychiatr Care Apr-Jun 2001; 37(2): 49-59

 

11)  Marital Relations in Incest Offenders

Lang-Reuben A., Langevin R., Van Santen V., Billingsley D. et al., Journal of Sex & Marital Therapy 1990; 16(4): 214-29

 

12)  Model of problematic Internet use in people with a sexual interest in children

Quayle E., Taylor M., Cyberpsychol Behav Feb 2003; 6(1):93-106

 

13)  Motor conversion symptoms and pseudoseizures: a comparison of clinical characteristics

Stone J., Sharpe M., Binzer M., Psychosomatics  Nov/Dec 2004; 45: 492-99

 

14)  Paraphilias in U.S. pornography titles: “Pornography made me do it” (Ted Bundy)

Bulletin of the American Academy of Psychiatry & the Law 1991;19(1):43-8

 

15)  Pornography and Sexual Offences

Langevin R., Lang-Reuben A., Wright P., Handy L. et al., Annals of Sex Research 1988; 1(3): 335-62

 

16)  Pornography and the paedophile: Is it criminogenic?

Howitt D., British Journal of Medical Psychology Mar 1995;68(1):15-27

 

17)  Psychosocial characteristics of criminals committing incest and other sex offences: a survey in a Taiwanese prison

Lung F.W., Huang S.F., Int J Offender Ther Comp Criminol Oct 2004; 48(5) 554-60

 

18)  Sibling incest: a Hong Kong experience

Tsun A., Child Abuse & Neglect Jan 1999; 23(1):71-9

 

19)  Social basis of deviant sexual behaviour: a historical perspective

Singh A., Bull Ind Inst Med Hyderabad 1999 Jan; 29(1):51-62

 

20)  Substance Abuse Among Sex Offender

Langevin R., Lang-Reuben A., Annals of Sex Research 1990; 3(4): 397-424

 

21)  The long-term effects of child sexual abuse by female perpetrators: a qualitative study of male and female victims

Denov M., J Interpersonal Violence 2004 Oct; 19(10):1137-56

 

22)  The relationship between pornography usage and child molesting

Wheeler D.L., Dissertation Abstracts International Section A: Humanities & Social Sciences Feb 1997; 57(8-A):3691 segg.

 

23)  The use of pornography during the commission of sexual offences

Langevin R., Curnoe S., Int J Offender Ther Comp Criminol Oct 2004; 48(5): 572-86

 

24)  The use of sexually explicit stimuli by rapists, child molesters, and non-offenders

Marshall W.L., Journal of Sex Research May 1988;25(2):267-88

 

25)  Variations in sexual behaviour

Juhasz A.M., Journal of Research & Development in Education, Win 1983;16(2):53-9