Da molti secoli nelle più disparate civiltà vi sono uomini che curano le sofferenze della psiche ( spesso chiamata “anima” o negli ultimi secoli “ mente”) di altri esseri umani, utilizzando le proprie risorse psichiche.
Riccardo De Gobbi: Prima Parte
Nel XIX°
secolo Shopenhauer dapprima, e, parecchi decenni dopo Freud, iniziarono a
riflettere in maniera sistematica sulle molteplici facoltà della psiche ed in
particolare sull’ inconscio cercando di comprenderla e di utilizzarne le
risorse.
Nel mondo
contemporaneo vi sono numerosissime scuole psicoterapeutiche, ufficiali od
ufficiose, istituzionali od alternative, con indirizzi completamente
differenti, spesso incompatibili; anche in nazioni sviluppate e con grande
tradizione culturale, si assiste ad inspiegabili paradossi: in Italia, ad
esempio, esistono circa 300 scuole di psicoterapia riconosciute dal MIUR ai sensi
della legge 56 del 1989, senza che alcuna norma di legge abbia mai definito la
psicoterapia e neppure ne abbia precisato ambiti e limiti di applicazioni.
Solo a
titolo informativo ricordiamo le principali scuole psicoterapiche operanti nel
nostro Paese, ognuna delle quali articolate in ulteriori branche: la Scuola
Cogntivo-Comportamentale, la Psicodinamica, la Sistemico-Relazionale,
la Gestaltica,la Psicosintesi, la
psicoterapia Individuale Adleriana, la Ipnosi Eriksoniana,la Umanistica , la Interpersonale, la Psicoterapia di
Gruppo ecc.
Nonostante
queste non proprio confortanti premesse, la nostra pratica quotidiana conferma
che almeno alcune psicoterapie apportano benefici anche duraturi a persone che
soffrono: ma quale è il meccanismo attraverso il quale psicoterapeuti molto
diversi gli uni dagli altri utilizzando tecniche completamente differenti
ottengono tuttavia risultati soddisfacenti in una percentuale ragguardevole di
individui ?
Prendiamo
in esame a titolo di esempio le due principali scuole nel mondo occidentale:
quella psicodinamica e quella cognitivo comportamentale.
L’indirizzo
psicodinamico postula la esistenza di un inconscio che è il serbatoio di
pulsioni primitive che l’individuo, grazie alla terapia, imparerà a conoscere
,comprendere ed utilizzare al fine di migliorare il proprio stato psicologico e
di adattarsi quanto meglio possibile all’ambiente. Secondo questo indirizzo è
poco utile analizzare la parte cosciente delle persone e lo stesso
comportamento dell’individuo sarebbe in larga parte condizionato da forze
inconsce.
Secondo
l’indirizzo cognitivo-comportamentale, invece, la parte inconscia di ciascuno
di noi non può essere conosciuta né tantomeno utilizzata , ma è invece
possibile e molto utile analizzare i processi che regolano il pensiero e gli
schemi comportamentali delle persone: si possono in tal modo identificare
schemi e processi errati e disadattivi derivanti da esperienze di vita
traumatiche e, attraverso tecniche pedagogiche ed esperenziali, aiutare la
persona sofferente ad acquisire nuove modalità che migliorino lo stato psichico
e l’adattamento sociale.
Le
differenze teoriche e di tecnica tra queste due scuole sono dunque molto
profonde e ulteriori profonde differenze esistono nei confronti di decine di
altre scuole.
Eppure il
dato sorprendente che ora anticipiamo ma che vedremo meglio in dettaglio è che
ambedue questi indirizzi psicoterapeutici in molti casi sono efficaci, così
come lo sono, forse in un numero più ridotto di casi, anche altre tecniche
psico-terapeutiche.
Vi è dunque
una base comune che dovrebbe rendere ragione di questa sorprendente efficacia
nella diversità. Vediamo di comprendere meglio la situazione selezionando,
nella vastissima bibliografia su questi temi, alcuni tra i lavori più rigorosi
ed illuminanti: va a questo proposito tenuto presente che in ambito
psicoterapeutico permangono molte incertezze legate alle insormontabili
difficoltà nel distinguere i meccanismi neuropsicologici collegati all'effetto
di ciascuna tecnica da quelli legati invece ad un più generale effetto placebo.
( Continua nella seconda parte)