Confermato l'indirizzo gia’ affermato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 577/2008): il danneggiato deve solo provare il contratto (o contatto sociale) e l'aggravamento della patologia ovvero l'insorgenza di un'affezione attribuibile al medico; questi deve invece dimostrare che l'inadempimento non vi sia stato o che, pur sussistendo, lo stesso non sia stato eziologicamente rilevante. (Cass. n. 11363 del 22 maggio 2014).
Daniele Zamperini
I fatti:
la ritardata diagnosi di un tumore mammario aveva condotto al decesso una donna.
Condannati in primo grado al risarcimento sia il medico che la struttura sanitaria, la condanna veniva invece annullata in appello.
La Cassazione, chiamata a concludere la vicenda, ha a sua volta annullato la sentenza di appello, ed ha ritenuto esistente un concorso di colpa tra la struttura, che si era avvalsa di un medico imperito, e lo stesso professionista che aveva omesso di approfondire le analisi e di fornire una diagnosi corretta.
La causa veniva quindi riinviata alla Corte d’ Appello con l’ espresso vincolo di attenersi ai dettati delle Sezioni Unite e della stessa sentenza qui riportata.
Daniele Zamperini