Uno studio non randomizzato suggerisce che il trattamento conservativo in bambini con appendicite acuta non complicata è fattibile e che la percentuale di successo a breve termine è elevata.
Quando si parla di appendicite acuta il pensiero corre subito all'intervento chirurgico.
Tuttavia in una pillola precedente abbiamo visto che in circa il 60% dei casi di forme non complicate si può ricorrere alla terapia antibiotica [1].
Questa scelta può avere luci e ombre.
Chi sostiene la priorità dell'intervento chirurgico obietta che in circa il 40% dei casi la terapia antibiotica fallisce per cui è comunque necessario ricorrere all'intervento. Inoltre la metanalisi che aveva esaminato l'utilità della terapia medica aveva potuto ritrovare pochi studi per un totale di soli 900 pazienti.
Infine il medico può non essere sicuro di trovarsi di fronte ad un caso di appendicite non complicata perchè non è sempre agevole, prima dell'intervento chirurgico, escludere qualche complicazione (perforazione, ascessualizzazione), pur disponendo attualmente di sofisticati mezzi diagnostici come la tomografia computerizzata.
Viene pubblicato ora uno studio non randomizzato in cui sono stati arruolati 77 bambini con appendicite acuta non complicata; trenta di questi hanno scelto la terapia antibiotica e 47 l'intervento chirurgico [2].
Il successo della terapia medica è stato di 29 casi su 30 nell'immediato e di 27 su 30 a distanza di 30 giorni. Nei tre pazienti in cui è stato necessario ricorrere all'intervento non si è verificata la rottura dell'appendice.
La disabilità ha avuto una durata di 3 giorni rispetto ai 17 giorni del gruppo chirurgico.
Nel gruppo terapia medica si è registrata anche una migliore qualità di vita, sia nei bambini che genitori.
Lo studio suggerisce quindi che il trattamento medico dell'appendicite acuta non complicata ha una probabilità elevata di successo. Tuttavia gli autori avvertono che un follow up più prolungato permetterà di valutare se tutto questo si mantiene nel tempo.
Va considerato che lo studio in questione non era randomizzato: la scelta se sottoporsi all'intervento o limitarsi alla terapia medica era effettuata dai bambini e dai loro familiari. Si può quindi pensare che la gravità dell'appendicite non fosse paragonabile tra gruppo medico e gruppo chirurgico (quello medico potrebbe aver avuto una forma meno grave). In realtà gli autori affermano che non vi erano differenze tra i due gruppi per quanto riguarda le caratteristiche demografiche e cliniche. Rimane però il fatto che non vi era randomizzazione.
In ogni caso ci sembra ancora valido quanto scrivemmo a suo tempo: la scelta conservativa ha discrete probabilità di successo per cui si potrebbe optare inizialmente per gli antibiotici, tenedo sotto stretta osservazione clinica e strumentale il paziente, pronti ad intervenire in caso di mancato miglioramento o di comparsa di segni che facciano pensare ad una complicanza. Bisognerà fare attenzione, però, a non procrastinare troppo la sala operatoria nei casi complicati: potrebbe essere pericoloso o comunque rendere più difficile l'opera del chirurgo.
In ogni caso è probabile che questa strategia, nella pratica, passi in secondo piano, anche per motivi medico-legali. Almeno finchè non avremo i mezzi diagnostici per individuare con accuratezza quel sottogruppo di pazienti che potrebbero essere trattati con antibiotici con ragionevole sicurezza.
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5485
2. Minneci PC et al. Feasibility of a Nonoperative Management Strategy for Uncomplicated Acute Appendicitis in Children. J Am Coll Surg. Pubblicato online il 12 aprile 2014.