La Corte riteneva che le contusioni provocate erano da considerarsi malattie giuridicamente rilevanti in entrambi i casi,
Dal punto di vista giuridico, la nozione di “malattia” comprende “qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che innesti un significativo processo patologico, anche non definitivo; vale a dire, qualsiasi alterazione anatomica che importi un processo di reintegrazione, pur se di breve durata”. Pertanto, anche “la contusione costituisce malattia ai sensi dell’art. 582 c.p.”
Per di più, secondo la Corte, anche una spinta “idonea per la sua violenza, a far cadere una persona (sia pure, eventualmente, con il concorso di particolari condizioni ambientali, come la scarsa vigoria fisica della persona offesa, il terreno bagnato) costituisce una violenza fisica che aggredisce la incolumità personale e, pertanto, una volta provata la consapevolezza e la volontà dell'agente di dare tale spinta, si rende configurabile il dolo del delitto di lesioni personali volontarie, avente quale evento le conseguenze lesive in concreto causate dalla condotta costitutiva di violenza fisica esercitata sulla persona offesa".
Si confermava quindi la condanna condannando l’imputato anche al pagamento di una ammenda.
Daniele Zamperini