Illegittima la normativa che permetteva al fisco di equiparare presuntivamente, anche per i lavoratori autonomi, i prelievi ingiustificati a “pagamenti in nero”. Corte Costituzionale Sentenza 228/2014)
E' arbitraria l' ipotesi che i prelievi "ingiustificati" da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento in nero nell’ambito della propria attività professionale, e che questo a sua volta sia produttivo di reddito.
Daniele Zamperini
A seguito di un' ordinanza della Commissione tributaria regionale del Lazio, la questione e' arrivata alla Suprema Corte. Finora I lavoratori autonomi, tra cui i medici, dovevano dimostrare che i prelievi effettuati sui conti correnti e mancanti della documentazione di spesa non servissero per “ pagamenti in nero” connessi all' attivita' professionale.
Il Fisco, finora, operava in base ad una presunzione automatica.
Questa presunzione è decaduta in quanto la CC ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973 limitatamente alle parole «o compensi».
In altre parole e' stata dichiarata l' incostituzionalita' della parte che permetteva l'estensione della presunzione anche ai liberi professionisti di una norma diretta agli imprenditori.
Per i professionisti, infatti, e' prevalente l' aspetto personalistico del lavoro rispetto all' elemento organizzativo, prevalente invece nelle imprese. Per queste ultime puo' valere la presunzione che i prelievi senza causale né beneficiario siano serviti per l’acquisto di fattori produttivi e quindi per la realizzazione di nuovo reddito.
Va anche considerato che il sistema di contabilita' semplificata utilizzato dai professionisti comporta una certa irriducibile mescolanza degli elementi professionali e personali per cui la Corte ha ritenuto che questi non possano essere imputati tout-court a operazioni "in nero", ma vadano valutati caso per caso.
Daniele Zamperini