Parole ormai entrate nel comune intercalare (come il famoso "vaffa..." sembrano aver perso il loro valore offensivo. Ma cosi' non e', anche termini ormai abitudinari costituiscono ancora ingiuria se pronunciate con l' intento di ferire l' onore ( Cassazione, VI sez. pen. n. 35669/2014).
Daniele Zamperini
Una precedente sentenza di Cassazione (sentenza n. 27966/2007) aveva sminuito la portata offensiva della ben nota espressione ma ora la Corte sottolinea invece che non tutti i casi sono uguali: dipende dal tono, dal contesto, dall' intenzione.
E' ben noto agli esperti di comunicazione che la stessa espressione possa avere connotazioni addirittura opposte a seconda del contesto: un vaffa scherzoso indirizzato ad una persona che ti ha fatto uno scherzo non e' la stessa cosa di uno inviato in modo aggressivo e offensivo (come nel caso in oggetto) ad un vicino di casa che si lamentava di rumori molesti e che, oltre ai rumori, si era dovuto sorbire anche l' ingiuria.
I Giudici del Palazzaccio hanno percio' confermato la sentenza di condanna dei giudici di merito motivando che la natura umiliante e aggressiva di un insulto non sta tanto (e soltanto) nella parola, quanto soprattutto nel tono e nel contesto in cui questa è pronunciata - tono e contesto che sono rimessi all'esclusiva valutazione del Giudice competente.