Dalla saggezza antica un semplice ma prezioso indicatore prognostico
Un noto aforisma ippocratico, 2400 anni or sono, affermava che è di buon auspicio per il malato, specie se anziano, avere una mente lucida ed un buon appetito; al contrario una mente debole e la perdita di appetito erano cattive compagnie che anticipavano la fine.
Ai medici d’oggi è ben nota la relazione tra demenza ed aumento della mortalità ( 1,2) così come quella tra appetito, stato nutrizionale e mortalità.(3,4)
Nessuno tuttavia fino ad ora aveva pensato di valutare la applicazione combinata di questi semplicissimi indicatori clinici quali indici prognostici.
Ci hanno provato,con un pizzico di fantasia e di creatività due geriatri canadesi, che hanno dimostrato che applicando congiuntamente i due indicatori (stato cognitivo ed appetito) questi potevano essere equiparati ad un test prognostico con una sensibilità del 65 per cento ed una specificità del 60 per cento ed una area sotto la curva ROC di 0.65.(5)
Molti di noi, medici iper-tecnologici considerano con distacco e sufficienza valori apparentemente così modesti, ma se consideriamo che per raccogliere i due dati è sufficiente applicare il Mini Mental State (oggi è preferibile il GP COG ) e porre semplici domande sull’appetito del paziente ci rendiamo conto che il rapporto tra la quantità di informazione fornita e il tempo e risorse investite è invece molto favorevole.
I colleghi canadesi hanno seguito per 5 anni 1751 anziani ultra 65enni viventi in comunità; in tutta questa popolazione hanno valutato l'appetito mediante una scala validata per la depressione e lo stato cognitivo mediante il M.M.S., considerando normali i soggetti con punteggio maggiore di 25. La sopravvivenza dei soggetti con stato cognitivo normale ed appetito normale veniva confrontata con quella dei soggetti che presentavano deficit in uno dei due od in ambedue gli indicatori.
Sono stati utilizzati i modelli di regressione di Cox aggiustati per età, sesso, cultura e stato funzionale. I risultati dimostrano con chiarezza che gli indicatori suggeriti circa 2400 anni fa dall’ aforisma ippocratico, se usati congiuntamente,aumentano la probabilità di morte rispetto ai soggetti sani con un hazard ratio di 2,37 senza correzione,e di 1,71 se corretti in base ad età, sesso, cultura e stato funzionale.
Lo studio dei colleghi canadesi, condotto con un rigore che ne ha consentito la pubblicazione sul BMJ, ci offre un simpatico e prezioso spunto per l'anno che sta arrivando.
La fantasia e la creatività, unite a rigore logico e metodologico e ad un buon software statistico possono farci trovare gioielli inaspettati nella ricca inesplorata miniera della nostra millenarie storia e cultura.
Riccardo De Gobbi
Bibliografia
1. Todd S, Barr S, Roberts M, Passmore AP. Survival in dementia and predictors of mortality:a review. Int J Geriatr Psychiatry 2013;28:1109-24.
2. Witlox J, Eurelings LS, de Jonghe JF, Kalisvaart KJ, Eikelenboom P, van Gool WA.Delirium in elderly patients and the risk of postdischarge mortality, institutionalization, and dementia: a meta-analysis. JAMA 2010;304:443-51.
3. Newman AB, Yanez D, Harris T, Duxbury A, Enright PL, Fried LP. Weight change in old age and its association with mortality. J Am Geriatr Soc 2001;49:1309-18.
4. Donini LM, Savina C, Cannella C. Eating habits and appetite control in the elderly: the anorexia of aging. Int Psychogeriatr 2003;15:73-87.
5. St John Philip .D., Montgomery Patrick R. Utility of Hippocrates’ prognostic aphorism to predict death in the modern era: prospective cohort study BMJ 2014;349:g7390 doi: 10.1136