L' informazione non è soltanto un dovere correlato alla buona fede richiesta nella formazione del contratto tra medico e paziente, ma è un vero e proprio elemento imprescindibile per la validità del consenso stesso e costituisce anche "un elemento costitutivo della protezione del paziente con rilievo costituzionale" ( Cassazione, III civ. n. 19731/14).
Daniele Zamperini
L'erede di un soggetto, deceduto a seguito di intervento chirurgico “riparatore”, aveva presentato richiesta di risarcimento (verso il chirurgo e presso la struttura ospedaliera) che era stata accolta in primo grado ma poi respinta in appello.
La questione si era posta in particolare sulla validita' del consenso informato: in particolare i giudici di merito avevano ritenuto che non fosse necessario informare il paziente di un eventuale rischio di morte quando questo fosse estremamente basso, intorno ad una probabilita' statistica dell' 1% in quanto si tratterebbe di una percentuale cosi' bassa da essere assimilabile al caso fortuito.
La Corte invece accoglieva il ricorso dell' erede, sottolineando che la valutazione dell'importanza del rischio e' prerogativa del paziente e non dei medici.
Nel caso in oggetto il consenso informato risultava sintetico e incompleto, "lasciando la integrazione del suo contenuto a un colloquio esaustivo tra paziente e medico, che non risulta neppure dalla cartella clinica".
" Il fondamento del consenso informato (sottolinea la Corte) ...viene ad essere configurato come elemento strutturale dei contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario. In questi gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa che l'inadempimento del debitore della prestazione di garanzia è idoneo a ledere diritti inviolabili della persona, cagionando anche pregiudizi non patrimoniali”.
Il paziente, invece, a causa della carenza di consenso informato, non era stato messo nelle condizioni di poter scegliere se sottoporsi o meno all'intervento; non importa quale sia la percentuale di riuscita che, statisticamente, era prevista per quella determinata operazione.
"La valutazione del rischio - conclude la Corte - appartiene al titolare del diritto esposto, e cioè al paziente e costituisce una operazione di bilanciamento che non può essere annullata in favore della parte che interviene sia pure con intenti salvifici".
Daniele Zamperini