La morte di un figlio malato "vale" quanto quella di uno sano
Data:
Argomento: Normative di interesse sanitario


Non e’ lecito valutare il danno morale per la morte del figlio psichicamente instabile in misura inferiore a quanto verrebbe valutata la morte di un figlio sano.
Cassazione, sezione III civile, con la sentenza del 28 febbraio 2008, n° 5282

Un giovane napoletano, affetto da una forma psicotica allucinatoria, veniva ricoverato dai genitori presso un reparto di neuropsichiatria. Malgrado i genitori avessere segnalato l’ esistenza di propositi suicidi da parte del malato, non furono prese idonee precauzioni e il giovane mori’ suicida poche ore dopo.
La responsabilita’ del decesso venne attribuita al medico di guardia, che non dispose idonei controlli.
Per tali motivi il Tribunale di Napoli aveva accolto la richiesta di risarcimento dei danni (sia patrimoniali che morali) avanzata dai genitori, mettendola a carico del sanitario.
Il medico ricorse in appello, lamentando come eccessiva la liquidazione del danno morale.
La Corte d’ Appello accolse in parte le tesi del sanitario, ritenendo che si dovesse tenere nel debito conto (nel valutare la sofferenza psichica dei genitori del ragazzo) dell’ infermita’ da cui lo stesso era affetto,  in quanto e’ da ritenere diversa l’ intensita’ del rapporto emotivo tra persone del tutto sane rispetto a quello che intercorre con soggetto privo delle proprie facolta’ mentali. Poiche’ il giovane aveva tentato piu’ volte il suicidio, doveva poi essere considerata una certa “predisposizione” dei genitori all’ evento luttuoso.

La Cassazione ha pero’ rigettato tale tesi, considerando, al contrario, che il legame affettivo tra genitori e un figlio infermo tende semmai ad intensificarsi, piuttosto che affievolirsi; cio’ veniva dimostrato proprio dalla quantità e qualità di cure che i genitori avevano prodigato all’infermo.
La richiesta di assistenza specialistica in una struttura pubblica dimostrava infatti semmai la forte determinazione di prevenire l’ evento infausto, e non una rassegnata accettazione.
Il concetto di una minore intensità del rapporto affettivo tra i genitori e il figlio ammalato appare quindi viziato sotto il profilo logico-giuridico, essendo semmai vero il contrario
La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso dei genitori e rinviato il giudizio alla Corte d’Appello di Napoli in altra composizione
DZ- PO







Questo Articolo proviene da Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico)
http://www.scienzaeprofessione.it

L'URL per questa storia è:
http://www.scienzaeprofessione.it/modules.php?name=News&file=article&sid=124