Terapia "ponte" per gli scoagulati. Serve proprio?
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Argomento: Medicina Clinica


I risultati del BRIDGE trial evidenziano che la semplice sospensione della terapia anticoagulante orale, nei pazienti che devono sottoporsi a interventi chirurgici o procedure invasive, non è inferiore alla "terapia ponte" (sostituzione temporanea con eparine).


Nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali che devono sottoporsi a interventi chirurgici o a procedure invasive spesso si ricorre alla terapia ponte (bridge therapy) che prevede la sospensione dell'anticoagulante e la sua sostituzione con eparina non frazionata oppure eparina a basso peso molecolare [1,2].
Si presuppone, infatti, che la terapia ponte riduca i rischi tromboembolici rspetto alla semplice sospensione della TAO, contemporaneamente minimizzando il rischio emorragico.

Questa pratica, pur prevista dalle linee guida, è però frutto del consenso tra esperti e non deriva da evidenze di tipo randomizzato e controllato.

Lo studio BRIDGE [3] aveva lo scopo di colmare questa lacuna. Infatti sono stati arruolati 1884 pazienti in trattamento con warfarin che dovevano sottoporsi a intervento chirurgico o a procedure di tipo invasivo.
I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere placebo oppure una eparina a basso peso molecolare (dalteparina 100 UI per kg a partire da tre giorni prima dell'intervento fino a 24 ore prima e poi per 5-10 gioni dopo l'intervento). Il warfarin veniva sospeso 5 giorni prima della procedura e ripreso entro 24 ore dall'intervento.

Il follow up è stato di 30 giorni dopo la procedura. L'endpoint primario era composto da tromboembolismo arterioso (ictus, embolismo sistemico,TIA) e da emorragie maggiori.

La terapia con placebo si è dimostrata non inferiore alla terapia ponte per il tromboembolismo arterioso. D'altra parte le emorragie maggiori furono più frequenti nel gruppo sottoposto a terapia ponte (3,2% versus 1,3%).

Gli autori, nel commentare il loro studio, ricordano che altri studi di tipo osservazionale (tra cui una subanalisi dello studio RE-LY e lo studio ORBIT-AF) avevano insinuato qualche dubbio sulla opportunità di effettuare una terapia ponte.

Che dire?

Secondo i risultati dello studio BRIDGE la terapia ponte non solo non ridurrebbe il rischio di eventi tromboembolici arteriosi, ma esporrebbe il paziente ad un maggior rischio emorragico rispetto alla semplice sospensione della terapia anticoagulante orale.

Porterà questo ad un cambiamento delle attuali raccomandazioni delle linee guida?

E' opportuno richiamare alla cautela.

Anzitutto può essere azzardato cambiare una prassi consolidata e ampiamente condivisa dalla comunità scientifica sulla basa dei risultati di uno solo RCT. Infatti l'esperienza insegna che spesso i dati non sono definitivi e possono essere radicalmente smentiti da studi successivi.

In secondo luogo gli stessi autori dello studio BRIDGE ammettono alcuni limiti che è opportuno ricordare. Infatti nella popolazione arruolata non erano presenti soggetti con fibrillazione atriale valvolare oppure con CHADS score elevato. Inoltre nello studio non sono stati effettuati alcuni tipi di interventi molto comuni (per esempio chirurgia oncologica, chirurgia cardiaca, neurochirurgia, endoarterectomia carotidea). Ancora: il numero di eventi tromboembolici arteriosi è risultato inferiore rispetto all'atteso, il che può aver ridotto il potere statistico dello studio di evidenziare benefici della terapia ponte.

Insomma, è nostra convinzione che la parola conclusiva non sia stata ancora scritta per cui per il momento convenga attenersi a quanto suggerito dalle linee guida (anche per evidenti motivi di tipo medico.legale), fermo restando che nei soggetti a basso rischio tromboembolico che devono sottoporsi a interventi a basso o bassissimo rischio emorragico la semplice sospensione della TAO per alcuni giorni può essere una scelta ragionevole [4].


Renato Rossi


Bibliografia



3. Douketis JD et al. Perioperative bridging anticoagulation in patients with atrial fibrillation.
N Engl J Med. Pubblicato online il 22 giugno 2015.








Questo Articolo proviene da Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico)
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