Il mondo scientifico continua a discutere su quale debba essere il target pressorio ideale nel trattamento dell'ipertensione
Le linee guida consigliano, come obiettivo, valori pressori generalmente inferiori a 140/90 mmHg, anche in presenza di diabete, nefropatia o complicanze cardiovascolari; nei soggetti anziani possono essere accettabili anche valori inferiori a 150/90 [1,2].
Tuttavia queste raccomandazioni sono state recentemente messe in dubbio dallo studio SPRINT [3] che ha dimostrato come in soggetti ipertesi ad elevato rischio cardiovascolare un target di pressione sistolica inferiore a 120 mmHg può ridurre eventi cardiovascolari e mortalità.
Nel commentare i risultati di questo trial sottolineavamo alcuni punti importanti: l'esclusione dallo studio dei soggetti diabetici o con pregresso ictus, le caratteristiche della popolazione arruolata e soprattutto la metodologia usata per misurare la pressione [3].
Due studi pubblicati ora dal BMJ portano altri contributi alla vexata quaestio.
Il primo studio è una revisione sistematica con metanalisi di 49 trials per quasi 74.000 pazienti che dimostra come il trattamento antipertensivo riduca mortalità e morbilità cardiovascolare nei soggetti diabetici ipertesi con una pressione sistolica basale superiore a 140 mmHg; tuttavia un trattamento in soggetti che hanno valori basali inferiori a questa soglia potrebbe comportare un aumento della mortalità cardiovascolare [4]. Per gli autori questo potrebbe dipendere dal fatto che un trattamento ipotensivo aggressivo porta ad una riduzione del flusso arterioso a livello dei tessuti periferici con conseguente ischemia. Insomma, secondo questa metanalisi, il medico, nel trattare la pressione arteriosa nel diabetico, dovrebbe tener conto soprattutto dei valori tensivi basali.
Per la verità i risultati di questa metanalisi non dovrebbero stupire in quanto già lo studio ACCORD BP aveva suggerito che il trattamento intensivo dell'ipertensione nei diabetici non porta a benefici aggiuntivi [5].
E tuttavia va detto che una metanalisi recente [6] di 123 trials per un totale di quasi 614.000 pazienti è arrivata a conclusioni opposte: ridurre la pressione arteriosa sistolica al di sotto dei 130 mmHg porta a benefici clinici importanti in vari sottotipi di soggetti: con pregresse malattie cardiovascolari, coronaropatia, ictus, diabete, scompenso cardiaco e nefropatia cronica.
Il secondo studio [7] è, invece, un trial clinico randomizzato e controllato in cui sono stati arruolati 529 pazienti con pregresso ictus o TIA, randomizzati a due target di trattamento: valori di pressione arteriosa sistolica inferiori a 130 mmHg oppure 140 mmHg.
Si è visto che il trattamento intensivo portava ad una ulteriore, anche se piccola, riduzione dei valori pressori.
Però lo studio non ci dice se questa ulteriore riduzione pressoria sia associata o meno alla riduzione di endpoints hard (mortalità e complicanze cardiovascolari, etc.).
Un editoriale di accompagnamento [8] evidenzia come i pazienti arruolati negli studi sono in genere più giovani e più sani di quelli che si osservano nel mondo reale per cui è difficile tradurre i risultati dei trials nella pratica quotidiana. Senza contare che negli anziani (spesso con importanti patologie concomitanti) un trattamento ipotensivo troppo spinto può comportare effetti collaterali che non vanno sottovalutati. Infine l'editoriale conclude che conoscere quale sia la reale pressione del paziente può essere difficile per cui il trattamento e la sua intensità devono basarsi soprattutto sull'automonitoraggio domiciliare della pressione.
Come si vede la questione del target ottimale del trattamento antipertensivo è ancora oggetto di dibattito e di studio e le osservazioni dell'editoriale citato sono state fatte proprie più volte anche da questa testata.
Il trattamento antipertensivo e la sua intensità devono essere molto personalizzati e devono basarsi non solo su quanto dice la letteratura (risultati degli RCT e delle metanalisi, raccomandazioni delle linee guida) ma anche sui valori "reali" della pressione (ricorrenedo all'automonitoraggio domiciliare e non fidandosi della semplice misurazione ambulatoriale "una tantum"), sulle tolleranza ai vari farmaci, sulla presenza di comorbilità, sulla aspettativa di vita, sulla effettiva applicabilità di un determinato target a quello specifico paziente, etc.
Renato Rossi
Bibliografia
4. Brunström M et al. Effect of antihypertensive treatment at different blood pressure levels in patients with diabetes mellitus: systematic review and meta-analyses. BMJ 2016 Feb 27;352:i717
6. Ettehad D et al. Blood pressure lowering for prevention of cardiovascular disease and death: a systematic review and meta-analysis. Lancet 2016 March 5;387:957–967.
7. Mant J et al. Different systolic blood pressure targets for people with history of stroke or transient ischaemic attack: PAST-BP (Prevention After Stroke—Blood Pressure) randomised controlled trial. BMJ 2016 Feb 27;352:i708.
8. Muth C et al. Blood pressure targets in primary care. BMJ 2016 Feb 27;352:i813