Una metanalisi "in rete" ha valutato efficacia e sicurezza delle varie strategie disponibili per il trattamento del tromboembolismo venoso acuto.
Il trattamento del tromboembolismo venoso (TEV) per molti anni si è basato sull'eparina non frazionata seguita da un antagonista della vitamina K.
In anni recenti l'eparina non frazionata è stata sostituita dalle eparine a basso peso molecolare.
Più recentemente ancora si sono rese disponibili altre alternative come per esempio il fondaparinux associato ad un antagonista della vitamina K e i nuovi anticoagulanti orali (dabigatran, rivaroxaban, edoxaban, apixaban).
Ma quale di queste opzioni è la più efficace?
In realtà in letteratura non esistono molti paragoni diretti per cui, per stabilirlo, alcuni autori hanno effettuato una "network metanalisi" [1]. Ricordiamo che questo tipo di analisi si basa su una tecnica particolare che permette di confrontare vari trattamenti tra di loro anche in mancanza di studi di confronto diretto.
Con una revisione sistematica della letteratura sono stati ritrovati 45 trials clinici randomizzati e controllati per un totale di poco meno di 45.000 pazienti arruolati.
La durata degli studi era generalmente di 3-6 mesi.
Sono state paragonate otto scelte terapeutiche:
1) eparina non frazionata/antagonista della vitamina K
2) eparina a basso peso molecolare/antagonista della vitamina K
3) fondaparinux/antagonista della vitamina K
4) eparina a basso peso molecolare/dabigatran
5) eparina a basso peso molecolare/edoxaban
6) rivaroxaban
7) apixaban
8) eparina a basso peso molecolare da sola.
Considerando come trattamento di paragone l'associazione eparina a basso peso molecolare/antagonista della vitamina K si è visto che tutte le altre opzioni hanno un'efficacia simile nel prevenire recidive di TEV se si eccettua l'associazione eparina non frazionata/antagonista della vitamina K. Con questa associazione, infatti, il rischio di recidiva di tromboembolismo venoso aumentava del 42% (HR 1,42; 95% CI 1,15-1,80) rispetto all' associazione eparina a basso peso molecolare/antagonista della vitamina K.
Sempre rispetto all'associazione eparina a basso peso molecolare/antagonista della vitamina K, tutte le terapie testate non differivano significativamente dal punto di vista statistico per gli eventi emorragici maggiori, eccettuati apixaban e rivaroxaban che evidenziavano un rischio minore. Con apixaban si aveva una riduzione del rischio di eventi emorragici maggiori del 69% (95% CI da 38% a 85%), mentre con rivaroxaban la riduzione era del 45% (95% CI da 11% a 65%).
Che dire?
Questa metanalisi è un utile strumento per decidere quale strategia terapeutica si può adottare nel tromboembolismo venoso acuto, adattando la terapia alle caratteristiche del paziente (per esempio presenza di elevato rischio emorragico, insufficienza renale, intolleranze, compliance, etc.).
Dobbiamo dire, tuttavia, che i risultati delle network metanalisi devono essere giudicati con prudenza in quanto realizzati con una tecnica particolare che permette paragoni pur in assenza di confronti diretti. In pratica, e detto in modo molto semplificato, se un farmaco A viene confrontato prima con B, poi con C e D, la metanalisi in rete permette di confrontare B, C e D anche se non vi è un paragone diretto tra di loro. Si ritiene generalmente che le evidenze derivanti da questa tecnica siano meno robuste di quelle che originano da studi randomizzati e controllati di confronto testa a testa perchè, per esempio, i pazienti reclutati nei vari studi potrebbero avere caratteristiche cliniche differenti.
Possiamo usare un paragone calcistico per meglio comprendere la questione: se la Juventus sconfigge il Milan e il Milan sconfigge l'Inter si può affermare con sicurezza che la Juventus è più forte dell'Inter?
Renato Rossi
Bibliogragia
1. Castellucci LA et al. Clinical and safety outcomes associated with treatment of acute venous thromboembolism. A systematic review and meta-analysis. JAMA 2014 Sep 17; 312:1122.