Una breve sintesi sulla diagnosi differenziale delle cause più frequenti di ipopotassiemie.
Le ipopotassiemie (o ipokaliemie) rappresentano l'alterazione elettrolitica più comune che si riscontra nella pratica clinica ma talora l'individuazione della causa non è agevole.
L'ipopotassiemia viene definita per valori di potassio inferiori a 3,5 mmol/L.
Per prima cosa bisogna escludere una pseudoipokaliemia, condizione che può verificarsi nella leucemia mieloide acuta con livelli elevati di leucociti. Questa condizione, tuttavia, è di facile verifica e comunque una pseudoipopotassiemia può essere evitata se si conserva il campione di sangue a + 4 gradi centigradi.
Una volta stabilito che si tratta di una ipokaliemia vera bisogna escludere un ridotto apporto di potassio con la dieta. Questa condizione può verificarsi nei casi di anoressia nervosa oppure in caso di diete estreme molto povere di vegetali o ancora nei casi di digiuno che duri da vari giorni.
Il primo passo, poi, è quello di valutare se l'ipokaliemia è di origine iatrogena. Le due classi di farmaci che nella pratica causano più frequentemente ipokaliemia sono i diuretici e gli antibiotici (per esempio penicillina e aminoglicosidi). Ancora un'ipopotassiemia può essere causata da contraccetivi orali, farmaci a base di liquirizia o da abuso di lassativi.
Lo step successivo è di escludere altre condizioni morbose o farmaci che possono causare più raramente ipokaliemia: somministrazione di insulina in soggetti in coma chetoacidosico, trattamento con beta 2 agonisti nell'asma bronchiale, sovradosaggio di teofillina, talune condizioni morbose (per esempio infarto, trauma cranico, chirurgia cardiaca, ustioni estese), alcalosi (soprattutto quella metabolica), sovradossagio di clorochina, terapie con cisplatino, vomito o diarrea protratti, ipomagnesemia, prime fasi del trattamento dell'anemia perniciosa, leucemie, etc.
Si tratta di situazioni che, in generale, sono facilmente diagnosticabili in base alla storia clinica e all'anamensi farmacologica del paziente oppure con semplici accertamenti emato-chimici.
Una volta che siano state escluse le cause precedenti vanno ricercati: un iperaldosteronismo (primario o secondario), una sindrome di Cushing, un tumore secernente ACTH, l'acidosi tubulare renale, l'ipertensione maligna (valori elevati di pressione arteriosa con retinopatia di terzo o quarto grado).
La condizione che più spesso si verifica nella pratica è l'ipokaliemia del paziente iperteso in terapia con diuretici.
Bisogna anzitutto sospendere il diuretico.
Se l'ipokaliemia non si corregge si deve considerare che essa potrebbe dipendere da cause diverse dal diuretico: iperaldosteronismo primario, ipertensione nefrovascolare, sindrome di Cushing, tumori secernenti renina, iperplasia surrenalica congenita.
Nell'iperaldosteronismo primario l'attività reninica è bassa mentre l'aldosterone è elevato.
Nella sindrome di Cushing questi due parametri sono normali. Qualora entrambi siano elevati ci si indirizza verso un'ipertensione nefrovascolare o un'ipertensione maligna o un tumore secernente renina. Se sono entrambi ridotti bisogna considerare un'iperplasia surrenalica congenita o una sindrome di Liddle.
In alcune pillole precedenti sono stati trattati: la sindrome di Cushing [1], l'iperaldosteronismo primario [2], l'ipertensione nefrovascolare [3].
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3587
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3584
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3696