E' possibile assistere un disabile usufruendo dei permessi dal lavoro ex L. 104/92 pur non coabitando col disabile, purche' sia effettivamente prestata un'assistenza continuativa al portatore di handicap. Il concetto di convivenza richiesto dalla legge non puo' essere restrittivamente ridotto a quello di coabitazione (Cassazione n. 2447/2017)
Un medico era stato imputato e condannato in secondo grado per reato di truffa aggravata ai danni della ASL di appartenenza, per aver attestato, nella dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, di essere convivente con la madre disabile, mentre in realtà dimorava altrove.
La Cassazione non condivideva la pronuncia del giudice del merito in quanto in casi come questi l'indicazione di convivenza con la persona da assistere non potrebbe ritenersi di per se' falsa, in quanto l''unica cosa che rileva a tal fine, e' la "prestazione di un'assistenza assidua e continuativa alla portatrice di handicap" non essendo cio' necessariamente incompatibile con la diversa dimora del sanitario con la moglie e i figli ne', di conseguenza, con la fruizione del congedo previsto dal decreto legislativo numero 151/2001.
La condanna veniva quindi annullata e la causa rinviata alla Corte d'appello per un nuovo giudizio.
Commento:
La sentenza apporta una importante reinterpretazione della norma, contrastando con l' interpretazione finora maggioritaria che prevedeva l' effettiva coabitazione nella stessa casa.
Non e' detto pero' che l' uso finora consolidato si venga ad allineare immediatamente a quanto stabilito in questa sentenza, anche perche' non sara' agevole poter valtare se l' assistenza effettivamente prestata sia da considerarsi veramente assidua e continuativa.
Vedremo come evolvera' la cosa...
Daniele Zamperini