Gli indici di flogosi
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Argomento: Medicina Clinica





 Un breve excursus sull'uso clinico degli indici di flogosi.


Gli indici di flogosi comunemente usati sono la VES, la proteina C reattiva (PCR), la viscosità plasmatica, il fibrinogeno e la ferritina.

vengono prescritti per le seguenti ragioni:

1) come esami specifici per identificare una patologia particolare oppure per monitorare l'efficacia di una terapia

2) come esami non specifici per escludere una patologia grave.

Vi sono essenzialmente tre patologie in cui gli indici di flogosi aumentano: le malattie infettive, le malattie infiammatorie ed autoimmuni, le malattie neoplastiche (soprattutto ematologiche ma non solo).

La VES può essere influenzata dall'età e dal sesso, dalla presenza di anemia o policitemia oppure da un ritardo tra il prelievo e la sua determinazione, per cui attualmente si preferisce determinare la viscosità plasmatica su cui questi fattori non interagiscon.

L'utilità maggiore della misurazione di VES, viscosità plasmatica e PCR si ha nella diagnosi di polimialgia reumatica ed arterite di Horton. In questi casi una negatività degli indici di flogosi è molto rara per cui questi test hanno un elevato valore predittivo negativo. In altre parole ritrovare VES, viscosità ematica e PCR normali esclude con quasi certezza una polimialgia reumatica o una arterite di Horton.
Altra condizione in cui quasi sempre vi è un aumento degli indici di flogosi è il mieloma: anche in questo caso ritrovare indici di flogosi normali permette di escluderlo con ragionevole certezza.

Gli indici di flogosi possono ovviamente essere elevati in molte altre condizioni patologiche (malattie infettive, neoplastiche, autoimmuni, etc.), tuttavia in questi casi sensibilità e specificità non sono così dirimenti da poter confermare o escludere una determinata malattia.

Gli indici infiammatori vengono talora usati per differenziare patologie minori da malattie gravi, ma anche in questo caso va detto che sensibilità e specificità dei test non permettono di confermare o escludere un determinato sospetto. Pertanto questi esami debbono essere usati come complemento di una valutazione clinica globale.

Talora la PCR viene usata per decidere se somministrare o meno un antibiotico nel paziente con malattia febbrile perchè si ritiene che questo test aumenti soprattutto nelle infezioni batteriche.
In realtà anche questa affermazione va intesa con cautela: di fronte ad un paziente febbrile ritrovare una PCR normale permette di affermare che un'infezione batterica è meno probabile del 30% circa ma non permette di escluderla in assoluto.
In altre parole: in un paziente febbrile una PCR elevata giustifica l'uso degli antibiotici, una PCR normale rende meno verosimile una origine batterica ma non la esclude con certezza.

Altre volte gli indici di flogosi vengono usati in modo aspecifico per determinare se il paziente sia o meno affetto da una patologia sistemica. In realtà, in questi casi, i test si rivelano poco utili e possono portare ad imbattersi in "incidentalomi" di difficile interpretazione. Pertanto si dovrebbe usare questi test solo in aggiunta all'anamnesi, all'esame obiettivo e ad altri accertamenti laboratoristici e/o strumentali mirati di cui costituiscono un completamento.

Infine va considerato il caso in cui gli indici di flogosi vengono richiesti come parte di una batteria di esami senza che vi sia una specifica ragione clinica. 
In questi casi, se si riscontrano test alterati e se il paziente è asintomatico, conviene attendere qualche tempo e ricontrollarli in quanto spesso si tratta di alterazioni transitorie. Va considerato che in una elevata percentuale di casi le alterazioni possono permare per anni senza che il paziente sviluppi patologie importanti.
Questo porta a consigliare di non richiedere gli indici di flogosi al di fuori di una motivazione clinica.
Un caso a sè riguarda i soggetti che, anche se asintomatici, mostrano indici di flogosi molto elevati (per esempio VES > 100 mm/h). Se i test persistono elevati ad un successivo controllo è assai probabile la presenza di una importante patologia sottostante anche se il soggetto rimane asintomatico o paucisintomatico. Anamnesi, esame clinico ed indagini ad hoc generalmente permettono la diagnosi. Il sospetto deve indirizzarsi verso infezioni, malattie infiammatorie, neoplasie.



Renato Rossi 







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