L'incompletezza può essere utilizzata dal giudice per ritenere dimostrata, con criterio presuntivo, l'esistenza del nesso causale tra l'operato del medico e il danno lamentato dal paziente (Cass. n. 7250/2018)
La Corte di cassazione si e' nuovamente occupata degli effetti, ai fini processuali, di una cartella clinica incompleta sottolineando che le conseguenze della omessa tenuta o della sua lacunosa redazione ricadono in capo al medico che, quindi, non può giovarsi delle annotazioni in essa contenute.
Cio' era stato sottolineato gia' in precedenze sentenze evidenziando un inesatto adempimento (posto che e' responsabilita' del medico controllare la completezza e l'esatezza delle cartelle e dei documenti che sono ad esse allegati).
L' incompletezza della cartella clinica quindi non solo non consente di escludere la presenza di un nesso di causalita' tra condotta colposa dei medici e il danno del paziente ma permette il ricorso a un criterio presuntivo.
Per l' applicazione di questo criterio sono necessari, tuttavia, due presupposti:
- che proprio l' incompletezza della cartella non permetta di accertare il nesso di causalita'
- che la condotta posta in essere dal medico sia astrattametne idonea a cagionare il danno.
Stabiliti questi presupposti, quindi, per la Corte il giudice puo' utilizzare l'incompletezza della cartella clinica come una circostanza per ritenere dimostrata l'esistenza del nesso causale tra l'operato del medico e il danno lamentato dal paziente.
Daniele Zamperini