E' stata confermata dalla Cassazione la condanna per diffamazione verso un condomino incastrato dalla telecamera che lo ha ripreso mentre parlava male di un vicino in luoghi condominiali aperti al pubblico (Cass. n. 21507/2018).
Una condomina, comunicando con piu' persone, , aveva offeso la reputazione di un vicino definendolo, tra l'altro, "malandrino" e "abusivo" in quanto, a sua detta, inadempiente nei confronti degli oneri condominiali
Il fatto era stato ripreso da una telecamera che la persona offesa aveva posto all' ingresso della sua abitazione in modo tale da riprendere anche parte del pianerottolo nonche' altre parti di uso comune (androne, ingresso ascensori ecc.
La persona accusata si difendeva sostenendo l' illegittimita' di tali riprese. Condannata per diffamazione dalle corti di merito, si rivolgeva quindi alla Cassazione.
La tesi difensiva verteva sulla tesi che tali riprese sarebbero dovute essere considerate illegittime ex art. 191 c.p.p. in quanto effettuate in violazione della privacy dei condomini dello stabile non essendo possibile considerare il pianerottolo condominiale come luogo aperto al pubblico essendo un piazzale destinato a private abitazioni.
La Cassazione si e' soffermata sulla qualificazione come luogo aperto al pubblico dell'ambiente inquadrato dalla telecamera installata sulla porta di ingresso dell'abitazione della persona offesa, rifacendosi anche a precedenti pronunce giurisprudenziali.
Per luogo aperto al pubblico va individuato quello al quale chiunque puo' accedere a determinate condizioni, ovvero quello frequentabile da un'intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto.
Pertanto, chiariscono i giudici, le videoriprese effettuate in questi luoghi saranno pienamente utilizzabili, al di fuori e prima dell'instaurazione del procedimento penale, trattandosi non di prove atipiche, bensì di documenti, acquisibili senza la necessità dell'instaurazione del contraddittorio previsto dall'art. 189 del codice di procedura penale.
E' stato poi specificato che, in mancata acquisizione delle videoriprese tesse, si ritiene legittima la testimonianza resa dagli operatori di polizia giudiziaria circa il loro contenuto non potendo, in ogni caso, la violazione della disciplina a tutela della privacy costituire uno sbarramento rispetto alle preminenti esigenze di accertamento del processo penale.
In definitiva nel caso in esame le videoriprese erano state effettuati in luoghi qualificabili come aperti al pubblico, per cui lecite ed utilizzabili,
Il ricorso della donna veniva percio' rigettato.
Daniele Zamperini