Quando nuove evidenze scientifiche non riescono a spazzare vecchie credenze e si rischia di far confusione tra causa ed effetto della malattia cardiorenale…..
L’acido urico rappresenta il prodotto finale del metabolismo purinico e dell’attività della xantino-ossidasi, un enzima che tende ad aumentare lo stress ossidativo e la produzione di radicali liberi dell’ossigeno direttamente responsabili della produzione di citochine, dell’apoptosi e disfunzione endoteliale. Eppure per molti anni è stato considerato una sostanza ad attività anti-ossidante in grado di svolgere azioni potenzialmente protettive sull’apparato cardiovascolare. Tuttavia, un crescente numero di dati clinici e sperimentali tende oggi a suggerire che livelli moderatamente elevati di acido urico possono rappresentare un fattore di rischio, causa di danno d’organo indotto dalla disfunzione e attivazione endoteliale direttamente collegata alla iperuricemia, cosicchè qualche autore (1) può concludere,nonostanete una letteratura non proprio numerosa o dirimente (2) che anche per l’uricemia potrebbe valere il principio del lower is better.
Ora, poi, due ultimissimi lavori sembrano attribuire all’acido urico il ruolo anche di marcatore prognostico dell’insufficienza cardiaca e della insufficienza renale cronica
Nel primo articolo (3) Wannamethee ha dimostrato che gli uomini ipertesi con livelli di uricemia superiori a 410 micromol/L(6,9 mg/dl) presentavano un incremento del rischio di insufficienza cardiaca più che doppio rispetto a quelli con uricemia inferiore a 350 micromol/L (5,9 mg/dl), anche tenendo conto delle caratteristiche relative allo stile di vita e dei fattori di rischio biologici. I livelli sierici di acido urico sono direttamente correlati all’attività della xantina ossidasi, la quale è causa di stress ossidativo, considerato tra i meccanismi patogenetici implicati nella fisiopatologia dello scompenso cardiaco. Dal momento che la xantina ossidasi va incontro ad up-regulation nello Scompenso cardiaco cronico, l’iperuricemia potrebbe rappresentare un indicatore dell’aumentata attività enzimatica, utile ad individuare i pazienti a rischio di scompenso. Così può concludere che l’acido urico può essere particolarmente utile come marcatore prognostico di scompenso cardiaco cronico negli uomini anziani sotto trattamento antipertensivo
Nel secondo articolo Ceriello (4) ha cercato di chiarire l’impatto della costellazione dei marcatori di evoluzione della nefropatia diabetica. La variabilità dell'emoglobina glicata, della pressione arteriosa, del quadro lipidico e dell'uricemia influenzano lo sviluppo della malattia renale diabetica, con un impatto diverso sull'evoluzione dell'albuminuria e sul declino della velocità di filtrazione glomerulare.
L'impatto della variabilità di questi parametri sul rischio di malattia renale diabetica è stato valutato con adeguate analisi statistiche su 4.231 pazienti in termini di comparsa di albuminuria e su 7.560 pazienti in termini di involuzione della velocità di filtrazione glomerulare (eGfr).
I dati raccolti indicano che un rischio significativamente maggiore di sviluppare albuminuria si associa alla variabilità dell'HbA1c, mentre le variazioni di pressione sistolica e diastolica, di colesterolo Hdl e Ldl, ma soprattutto di uricemia, sono fattori predittivi di una riduzione dell'eGfr. E la riduzione dell’eGFR è uno dei fattori di rischio indipendenti per i principali outcomes cardiovascolari (5)
La crescente evidenza di una associazione sempre più solida tra iperuricemia, fattori di rischio cardiovascolare ed eventi cardiovascolari deve quindi suggerire l’opportunità di tenere sempre nella giusta considerazione i livelli di acido urico all’interno di una strategia di prevenzione cardiovascolare anche perché il percorso di produzione dell’acido urico può favorire l’ossidazione delle lipoproteine e l’aggregazione piastrinica, con ovvio potenziamento dell’attività aterotrombotica e facilitazione nell’insorgenza e nella progressione della malattia coronarica e dello stato ipertensivo (6,7), tanto che alcuni autori (8) oggi valutano che l’associazione tra iperuricemia e malattia cardiovascolare e renale possa essere perfino di natura causale.
Enzo Pirrotta
Bibliografia
1. G Bellomo Uric acid in Chronic Kidney disease Contrib Nephrol. Basel, Karger, 2018, vol 192, pp 69-76 (DOI:10.1159/000484280)
2. Hsieh Is lower uric acid level better? A combined cross-sectional and longitudinal study in the elderly. Endocrine. 2014 Dec;47(3):806-15. doi: 10.1007/s12020-014-0201-6. Epub 2014 Feb 21
3. SG Wannamethee et al. Serum Uric Acid as a Potential Marker for Heart Failure Risk in Men on Antihypertensive Treatment: The British Regional Heart Study Int J Cardiol 252, 187-192. 2018 Fe01.
4. A Ceriello et al Variability in HbA1c, blood pressure, lipid parameters and serum uric acid, and risk of development of chronic kidney disease in type 2 diabetes Diabetes, Obesity and Metabolism 2017. doi: 10.1111/dom.12976
5. K Matsushita Estimated glomerular filtration rate and albuminuria for prediction of cardiovascular outcomes: a collaborative meta-analysis of individual participant data The Lancet 2015, Vol 3 , n7. Pag 514-525
6. Corry DB, Eslami P, Yamamoto K, Nyby MD, Makino H, Tuck ML. Uric acid stimulates vascular smooth muscle cell proliferation and oxidative stress via the vascular renin–angiotensin system. J Hypertens. 2008; 26 (2): 269-75.
7. Cheng TH, Lin JW, Chao HH, et al. Uric acid activates extracellular signal-regulated kinases and thereafter endothelin-1 expression in rat cardiac fibroblasts. Int J Cardiol. 2010; 139 (1): 42-9
8. G. Bellomo et al: Acido urico e rischio cardiorenale, marker o concausa? G Ital Nefrol 2011; 28 (2): 157-165