Terapia dell'ipertrofia prostatica benigna
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Argomento: Medicina Clinica





 Una messa a punto sulla terapia farmacologica dell'ipertrofia prostatica benigna.


L'ipertrofia prostatica benigna si presenta essenzialmente con due tipi di sintomatologia: disturbi del riempimento vescicale (per esempio nicturia, urgenza, 
minzioni frequenti) e disturbi dello svuolamento vescicale (mitto debole, intermittente o difficoltà ad iniziare la minzione). 

La gravità dei sintomi può essere valutata tramite un sistema a punteggio denominato I-PSS (International Prostate Symptom Score). 

La terapia di tipo farmacologico e si basa su alfabloccanti, gli inibitori della 5 alfareduttasi e gli inibitori della 5 fosfodiesterasi.

Gli alfabloccanti (tamsulosina, silodosina, terazosina, alfuzosina, prazosina) agiscono producendo una riduzione del tono della muscolatura prostatica e del collo vescicale. 
Il principale effetto collaterale di questi farmaci è una disfunzione dell'eiaculazione; sono pissibili anche altri effetti collaterali come eiaculazione retrograda, disfunzione erettile, congestione nasale. Effetti collaterali cardiovascolari (ipotensione, tachicardia) sono possibili ma poco frequenti. 
L'uso di un alfabloccante deve essere riferito al chirurgo oculista prima di un intervento cataratta in quanto potrebbe comportare delle difficoltà tecniche con comparsa di una sindrome intraoperatoria definita "floppy iris syndrome".

Gli inibitori della 5 alfareduttasi  (finasteride, dutasteride) agiscono inibendo la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone e di conseguenza riducono il volume prostatico. Questi farmaci sono indicati soprattutto quando l'ipertrofia prostatica è importante (volume della prostata > 40 mL) o per valori di PSA > 1,4- 1,5 ng/mL oppure in caso di sintomi che impattano molto sulla qualità di vita.
Il paziente va informato che l'effetto sui sintomi degli inibitori della 5 alfareduttasi comincia non prima di 3-6 mesi. 
Gli effetti avversi principali sono a carico dell'erezione e della libido.

Gli inibitori della 5 fosfodiesterasi sono farmaci usati essenzialmente per il trattamento della disfuzione erettile, tuttavia possono essere utili anche nell'ipertrofia prostatica benigna perchè riducono il tono della muscolatura liscia del 
detrusore. Inoltre sono talora prescritti per contrastare i disturbi dell'erezione causati dagli inibitori della 5 alfareduttasi. 

Spesso nei pazienti con ipertrofia prostatica benigna si usa associare un albloccante ad un inibitore della 5 fosfodiestesi. Studi randomizzati e controllati (MTOPS e 
CombAT) hanno dimostarto che questa associazione è più efficace della monoterapia nel migliorare i sintomi e nel ridurre il rischio di ritenzione urinaria e di interventi chirurgici. Uno studio recente suggerisce che dopo 12 mesi di terapia combinata si potrebbe sospendere l'alfabloccante, perlomeno in alcuni pazienti [2].

La terapia chirurgica trova indicazione nei casi che non rispondono alla terapia medica, nei casi di idronefrosi, di riduzione della funzionalità renale legata all'ostruzione e nei casi di ritenzione urinaria acuta.
Sono possibili vari tipi di intervento. La prostatectomia viene eseguita solo in casi selezionati, di solito si esegue la resezione transuretrale prostatica (TURP). Sono possibili anche interventi meno invasivi (per esempio l'ablazione transuretrale con ago).

Per la stesura di questa pillola sono state consultate essenzialmente le linee guida dell'American Urological Association [1].


Renato Rossi


Bibliografia

1. McVary KT et al. American Urological Association. Management of Benign Prostatic Hyperplasia. Linee guida pubblicate nel 2010 e confermate nel 2014.

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6915







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