Nello studio CREDENCE canagliflozin ha ridotto esiti renali e cardiovascolari in pazienti con diabete tipo 2 e nefropatia.
Come è noto il diabete può portare a varie complicanze microvascolari fra cui, temibile, è la nefropatia diabetica.
Purtroppo non esistono molte armi a disposizione del medico per combattere questa evenienza.
Nello studio CREDENCE [1] è stata valutata la capacità del canagliflozin (un SGLT2 inibitore) di ridurre gli esiti renali in pazienti affetti da diabete tipo 2 e nefropatia cronica.
Nello studio sono stati arruolati 4401 pazienti affetti da diabete tipo 2 con nefropatia. Tutti i partecipanti avevano un filtrato glomerulare compreso tra 30 e 90 ml/minuto/1,73m2 e albuminuria (rapporto albumina/creatinina > 300 e fino a 5000) ed erano in terapia con un aceinibitore o un sartano.
I pazienti sono stati trattati con canagliflozin (100 mg/die) oppure placebo.
L'endpoint primario era composto da comparsa di nefropatia terminale (dialisi, trapianto renale oppure un VFG inferiore a 15 ml/minuto/1,73 m2), raddoppiamento dei livelli di creatinina sierica, morte da cause renali o cardiovascolari.
Dopo un follow up medio di 2,6 anni lo studio è stato interrotto anticipatamente perchè l'analisi ad interim dei risultati mostrava una chiara superiorità del trattamento rispetto al placebo.
Infatti l'endpoint primario risultava ridotto del 30% nel gruppo canagliflozin [HR 0,70; 95%CI 0,59-0,82). In particolare il rischio relativo di comparsa di nefropatia terminale risultava ridotto del 32% (HR 0,68; 95%CI 0,54-0,86), mentre il rischio di eventi cardiovascolari (infarto miocardico, ictus o morte cardiovacolare) risultava ridotto del 20% (HR 0,80; 95%CI 0,67-0,95).
Non sono state registrate differenze tra i due gruppi per quanto riguarda amputazioni agli arti inferiori o fratture.
Basandosi su questi risultati l'American Diabetes Association (ADA) ha aggiornato le sue linee guida raccomandando, in tutti i pazienti con diabete tipo 2 e nefropatia con VFG superiore a 30 ml/minuto/1,73m2 l'uso di un SGLT2 inibitore al fine di ridurre le complicanze renali e cardiovascolari.
Le stesse linee guida sottolineano anche che nei pazienti con nefropatia diabetica ad aumentato rischio cardiovascolare l'uso di un agonista del recettore del GLP-1 può ridurre il rischio di progressione dell'albumuniria e/o degli eventi cardiovascolari.
Insomma, le linee guida non fanno altro che recepire i risultati degli ultimi studi sia sugli SGLT2 inibitori che sugli agonisti del recettore del GLP-1 [2,3,4,5,6], che ormai devono essere considerati di scelta quando la metformina è insufficiente oppure non tollerata o controindicata.
Renato Rossi
Bibliografia
1. N Eng J Med. Pubblicato online il 14 aprile 2019.
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7072
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6575
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6408
5. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7070
6. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6906