Per il "reperibile" rifiutare la visita e' sempre reato
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Argomento: Normative di interesse sanitario


Cassazione: chirurgo reperibile rifiuta di tornare in ospedale? E' reato, anche se non c'è l'urgenza. Per l’ ennesima volta un medico che svolge funzione di Pubblico Ufficiale viene condannato per aver omesso una visita, anche se a posteriori si e’ accertato che tale visita sarebbe stata inutile.
Questo perche’ viene elevata l’ accusa di omissione o rifiuto di atti d’ ufficio, reato tipico del P.U., che prescinde dalla gravita’ del caso.

L’ omissione di atti d’ufficio viene interpretata sempre in modo restrittivo.
La Cassazione ( VI penale, n. 48379/2008) ha ribadito che commette reato (art. 328 c.p.) il chirurgo reperibile che rifiuta di tornare in ospedale, anche se la situazione e’ correttamente considerata ‘non urgente’.
 
Un chirurgo in servizio di reperibilita’ era stato chiamato con urgenza dai colleghi di turno in Ospedale, i quali illustravano una allarmata valutazione delle condizioni di una paziente, gia’ visitata dall’ imputato, e indicavano una situazione di progressivo peggioramento.
Il chirurgo dissentiva dalla valutazione dei colleghi e rifiutava il pronto ritorno in ospedale per una nuova visita finalizzata stabilire la necessita’ o meno di un intervento chirugico.
Questo rifiuto, secondo la Cassazione, rappresenta una colpevole omissione dei suoi doveri in quanto il chirurgo non era certo obbligato a condividere la valutazione dei suoi colleghi, ma ciò non poteva fare senza procedere a nuova diretta visita.
I magistrati hanno ribadito che”il chirurgo in servizio di reperibilità, chiamato dal collega già presente in ospedale che ne sollecita la presenza in relazione ad una ravvisata urgenza di intervento chirurgico, deve recarsi subito in reparto e visitare il malato. L’urgenza ed il relativo obbligo di recarsi subito in ospedale per sottoporre a visita il soggetto infermo vengono a configurarsi in termini formali, senza possibilità di sindacato a distanza da parte del chiamato. Ne consegue che il rifiuto penalmente rilevante ai sensi dell’art. 328, comma primo, cod. pen. si consuma con la violazione del suddetto obbligo e la responsabilità non è tecnicamente connessa all’effettiva ricorrenza della prospettata necessità ed urgenza dell’intervento chirurgico”.

La Corte ha poi precisato le caratteristiche del servizio di “reperibilità” o di “pronta disponibilità”, che costituisce una modalità organizzativa dei servizi apprestati dalle aziende sanitarie ed è disciplinato dall’art. 25 del DPR 25 giugno 1983, n. 348, recante trattamento del personale delle unità sanitarie locali (G.U. 20 luglio 1983, n. 197), successivamente sempre richiamato o ripreso dai contratti collettivi nazionali dell’area della dirigenza medico – veterinaria del servizio sanitario nazionale.
Tale servizio ‘è caratterizzato dall’immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata’”.
Nel caso di specie, ciò che è stato correttamente ascritto e addebitato al chirurgo, secondo la Corte, “non è l’omesso intervento chirurgico, bensì il rifiuto indebito dell’atto dovuto, richiestogli reiteratamente dai medici suoi colleghi in adempimento delle disposizioni organizzatorie dell’ospedale, adottate in piena conformità all’art. 25 del DPR cit. ed ai successivi CCNL dell’area di dirigenza medico – veterinaria.”.
 
In altre parole, come abbiamo scritto piu’ volte, i medici devono quindi saper distinguere la differenza tra l’ “omissione di soccorso” e il “rifiuto di atti d’ufficio”. Quest’ ultima violazione (nella quale sono incappati spesso anche i medici della guardia medica notturna convenzionata) prescinde assolutamente dalla reale gravita’ del caso. Quando i medici ricoprono un servizio che per sua natura prevede un intervento diretto in seguito a chiamata, questo intervento deve essere effettuato (a meno, ovviamente, di impedimento materiale) in quanto costituisce specifico dovere d’ ufficio, a prescindere dalla gravita’ della situazione.
 
Daniele Zamperini —Pina Onotri 





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