Come interpretare i test sierologici per il coronavirus?
Uno studio recentemente pubblicato [1], eseguito in Cina su 285 pazienti con COVID-19, dimostra che entro il diciannovesimo giorno il 100% dei soggetti sviluppa anticorpi di tipo IgG.
I media hanno dato molto risalto alla notizia. Tuttavia alcune precisazioni sono d'obbligo. Anzitutto questi risultati dovrebbero essere confermati da studi su campioni più ampi di pazienti. Inoltre lo studio non risponde alla fondamentale domanda se la risposta immunitaria che si sviluppa in seguito all'infezione sia protettiva rispetto ad una reinfezione nè per quanto tempo una eventuale protezione persista.
In ogni caso pensiamo che questa sia l'occasione per una breve guida ai test sierologici, basata su quello che attualmente è noto.
E' risaputo che il tampone naso-faringeo serve a dimostrare la presenza dell'RNA virale, mentre il test sierologico serve a evidenziare la presenza di anticorpi (IgM e IgG).
Generalmente il SARS-CoV-2 infetta l'organismo e può essere ritrovato nel tampone o in altri fluidi corporei (saliva, feci, etc.) per 4-5 settimane, anche se sono stati descritti
casi di persistenza più prolungata.
Dopo circa una settimana dall'infezione si sviluppano le IgM che raggiungono un picco e si negativizzano in genere attorno alla terza settimana.
Le IgG, invece, compaiono dopo circa 15 giorni dall'infezione, raggiungono un picco e possono (ma nel caso del SARS-CoV-2 non è noto) persistere a lungo.
Questa dinamica permette di interpretare correttamente il risultato del test sierologico.
Si possono ipotizzare le seguenti evenienze, come da tabella sottostante.
Test sierologico negativo
a) soggetto che non è mai venuto in contatto con il virus, quindi suscettibile
b) soggetto infetto durante la fase iniziale in cui non si sono ancora sviluppati gli anticorpi
Test sierologico positivo
a) positività solo per IgM: soggetto molto probabilmente infetto in cui non si sono ancora sviluppate le IgG
b) positività per IgM e IgG: soggetto che è venuto in contatto con il virus e che, verosimilmente, non lo ha ancora eliminato
c) positività solo per IgG: soggetto che è venuto in contatto con il virus; potrebbe essere ancora positivo per il coronavirus oppure averlo già eliminato.
Come si può vedere da questo schema sintetico il test sierologico andrebbe sempre abbinato al tampone per determinare se sia presente o meno l'RNA virale (tenendo sempre presente che il tampone ha una sensibilità attorno al 70-80% che dipende anche dalla corretta tecnica di esecuzione)
Esistono due tipi di test sierologici: i test sierologici di laboratorio e quelli rapidi.
I test sierologici eseguiti in laboratorio sfruttano due tecniche: test in chemoluminescenza [CLIA) e test immunoenzimatico. Questi test forniscono una determinazione quantitativa degli anticorpi.
La disponibilità dei risultati dipende dal laboratorio e dalla tecnologia usata. Il rapido progredire tecnologico permette ora di poter avere il risultato in circa un'ora.
I test rapidi forniscono solo una determinazione qualitativa, si eseguono su sangue capillare e hanno tempi di risposta molto rapidi (circa un quarto d'ora).
Ma quanto sono affidabili i test sierlogici?
La sensibilità e la specificità dei test di laboratorio è molto elevata, potendo arrivare rispettivamente al 93% e al 95-100% [2]; quella dei test rapidi è difficile da definire in quanto varia a seconda
del kit usato (attualmente sono in commercio più di un centinaio di test rapidi).
Tuttavia va ricordato che l'affidabilità di un test dipende anche dalla prevalenza della malattia che si va a diagnosticare in quella data popolazione.
Così un test con una sensibilità/specificità del 90% porterebbe a una percentuale di falsi positivi molto elevata sia in caso di bassa o alta prevalenza.
Invece un test con una sensibilità/specificità del 99% porterebbe ad una percentuale elevata di falsi positivi solo in caso di malattia a bassa prevalenza.
Va considerato infine un altro aspetto cruciale, dovuto alle ancora scarse conoscenze sul coronavirus: non è noto se gli anticorpi evidenziati dal test siano protettivi verso una reinfezione nè a quale titolo; neppure è noto quanto possa durare nel tempo una eventuale protezione.
Questi ed altri aspetti dell'immunità verso il coronavirus potranno essere meglio compresi in futuro con l'evolvere delle conoscenze.
Per il momento la sierologia viene usata essenzialmente per eseguire studi epidemiologici di sieroprevalenza su campioni di popolazione, in modo da determinare quanto sia effettivamente diffuso il virus.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Long Q-X et al. Antibody responses to SARS-Cov-2 in patients with COVID-19. Nature Medicine. Pubblicato online il 29 aprile 2020
2. Documento della Johns Hopkins University. Center for Health Security. Developing a National Strategy for Sierology (Antibody Testing) in the United States.