Il coronavirus sta diventando meno aggressivo?
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Argomento: Medicina Clinica





 Non ci sono prove che il virus sia mutato, ma alcuni dati empirici fanno ritenere che ora ci si trovi di fronte a forme cliniche decisamente meno gravi.


Sono ormai molte le segnalazioni da parte di infettivologi e di medici dei reparti di terapia intensiva che sottolineano come in queste ultime settimane in ospedale arrivino pazienti con forme meno gravi di COVID-19 e che spesso non è neppure necessario ricorrere alla supplementazione di ossigeno o alla intubazione.

Viene logica quindi la domanda: il coronavirus sta diventando meno aggressivo?

Si possono etichettare le dichiarazioni di medici e virologi come semplicemente anedottiche, tuttavia i dati mostrano chiaramente che la curva epidemica si sta attenuando man mano che passano i giorni e soprattutto che i reparti di terapia intensiva si stanno svuotando. Al momento in cui scriviamo sono poco più di mille i pazienti ricoverati in terapia intensiva in Italia affetti da COVID-19, mentre durante il picco epidemico si era arrivati ad occupare poco più di quattromila letti.

Ovviamente è ancora presto per dichiarare terminata la fase emergenziale e fanno bene molti esperti a invocare cautela, almeno finchè i dati non saranno ulteriormente consolidati.

Tuttavia si possono avanzare alcune ipotesi per spiegare il fenomeno.


Effetto del lockdown

Le misure di lockdown e di distanziamento sociale hanno indubbiamente fatto la loro parte e ridotto la progressione del contagio. Il che comporta una riduzione progressiva di pazienti giornalieri contagiati e diagnosticati. Oltre a questo però queste misure hanno probabilmente ridotto il tempo di contatto con gli individui infetti diminuendo in tal modo la carica virale a cui un soggetto viene sottoposto.
Una ridotta carica virale può spiegare, almeno in parte, le forme meno virulente che si stanno osservando oggi.


Effetto del caldo

E' noto che molti virus che provocano infezioni respiratorie a trasmissione aerea riducono molto la loro virulenza e contagiosità durante la bella stagione, complice forse l'aumento delle temperature, la maggior aerazione degli ambienti, il minor tempo trascorso in spazi chiusi.
Questa spiegazione cozza però contro alcuni dati di fatto. Per esempio il Brasile, che si trova nell'emisfero sud nel quale è ancora in corso la stagione calda, sta ora affrontando un'epidemia molto intensa.


Migliori cure da parte dei medici

E'una ipotesi plausibile. Anche se non sono ancora disponibili trattamenti di provata efficacia è ovvio che dopo il primo mese in cui il mondo medico si è trovato impreparato di fronte ad una malattia mai riscontrata, abbia ora cominciato a prendere le misure e a trattare più adeguatamente i malati di COVID-19


Miglior consapevolezza dei pazienti

Mentre nei primi giorni dell'epidemia arrivavano in ospedale pazienti con forme avanzate di malattia, attualmente grazie alla informazione capillare e alla miglior conoscenza dei sintomi è possibile che i pazienti affluiscano all'ospedale e ai Pronto Soccorso quando la malattia è ancora in fase iniziale e quindi più trattabile.
Si tratta di una ipotesi da verificare ma che non può essere trascurata.


Mutazione del virus

E' un fenomeno noto in virologia; col passare del tempo spesso il virus va incontro a mutazioni adattandosi all'ospite e perdendo in parte la sua virulenza iniziale.
E' ancora presto per dire se questa ipotesi sia corretta e molti sostengono che per ora non ci sono prove che il virus sia mutato.
Tuttavia mancanza di prove non vuol dire l'ipotesi non sia vera, ma solo che deve ancora essere dimostrata.
Si potrebbe anche ipotizzare che il coronavirus sia andato incontro a mutazioni minime che per il momento non si è riusciti ad evidenziare ma che, comunque, ne comportano una ridotta virulenza.


E' possibile che la ridotta aggressività che si sta riscontrando in queste ultime settimane sia dovuta a più ragioni, alcune anche ignote, e solo il futuro potrà chiarire questa complessa questione con il progressivo progredire delle conoscenze.

In ogni casa è buona regola attenersi al principio di precauzione e prepararsi ad una seconda nuova ondata in autunno-inverno, soprattutto individuando e isolando subito i nuovi focalai che dovessero manifestarsi, sperando che nel frattempo si riesca a mettere a punto una terapia e/o una profilassi vaccinale di provata efficacia. 



Renato Rossi







Questo Articolo proviene da Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico)
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