Plasma iperimmune per COVID-19: due revisioni sistematiche
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Argomento: Medicina Clinica





 Sono state pubblicate due revisioni sistematiche sull'utilità del plasma iperimmune per la COVID-19.


Una prima revisione sistematica [1] ha analizzato tutti gli studi disponibili fino al 19 aprile 2020. In tutto sono stati ritovati cinque studi.
Le conclusioni, che gli autori stessi definiscono basate su evidenze limitate, si possono riassumere nei seguenti punti:
1) in quasi tutti i pazienti si è avuto la clearance del SARS-CoV-2
2) l'infusione di plasma donato da soggetti guariti può ridurre la mortalità nei pazienti critici.

Una seconda revisione [2] è stata effettuata dalla Cochrane ed ha esaminato 8 studi, nessuno dei quali randomizzato e con gruppo controllo che non riceveva il plasma.
A causa di questo, del fatto che il numero dei partecipanti era limitato e che i metodi usati per valutare i risultati non sono stati ritenuti affidabili, gli autori non possono esprimere certezze circa l'utilità del plasma iperimmune. I risultati degli studi possono essere dovuti alla trasfusione del plasma oppure al decorso naturale della malattia o anche all'uso di altri trattamenti.

Al di là dei risultati delle due revisioni, che, dato il rapido progredire delle conoscenze, potranno subire ulteriori modifiche, non vanno sottovalutate alcune criticità della metodica, come sottolinea un documento [3] della SIMTI (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia) e della SIdEM (Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare).

Anzitutto l'individuazione di donatori idonei. I candidati donatori devono possedere i seguenti requisiti: essere guariti da almeno 14 giorni dall'infezione (la guarigione deve essere documentata da due test biologici negativi consecutivi) e il titolo sierico degli anticorpi deve essere almeno superiore a 1:160 (misurato con metodica EIA). Il plasma raccolto dovrà ovviamente risultare negativo ai test per HIV, HBV, HCV, HAV e parvovirus 19.
Vi sono poi problemi di stoccaggio delle unità raccolte (congelamento, identificazione e tracciabilità).
Infine la terapia con plasma è indicata per specifici pazienti con COVID-19 grave o rapidamente progressiva; inoltre sembra che la risposta sia migliore nei soggetti che sono sieronegativi. Il plasma andrebbe somministrato preferibilmente entro 7 giorni dall'esordio dei sintomi; non è invece indicato oltre i 21 giorni.

La disponibilità di anticorpi anti SARS-CoV-2 in elevate quantità e concentrazione potrebbe ottenersi con tecniche di estrazione ricavando da pool di plasma di donatori immunoglobuline specifiche. Tuttavia anche in questo caso i problemi tecnici da affrontare non sono pochi.

Infine in varie parti del mondo si sta lavorando alla messa a punto, per via sintetica, di anticorpi monoclonali specifici per il SARS-CoV-2. Ma si tratta di una terapia con prospettive a più lungo termine.



Renato Rossi


Bibliografia

1. Narayanasamy K et al. Convalescent plasma traqnsfusion for the treatment of COVID-19. Systematic review. J med Virol. 2020, May 1.

2. Valk S et al. Cochrane rapid review investigates the use of convalescent plasma to treat people with COVID-19.
https://www.cochrane.org/news/cochrane-rapid-review-investigates-use-of-convalescent-plasma-treat-people-covid19

3. Accorsi P et al. in rappresentanza di SIMTI e SIdEM: "Position paper" sulla produzione di plasma iperimmune da utilizzare nella terapia della malattia da SARS-CoV-2.







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