L'aumentata incidenza di neoplasie probabilmente riflette un eccesso di sovradiagnosi
Numerosi studi epidemiologici dimostrano che l'incidenza globale di neoplasie è in aumento.
Ma questo può essere spiegato semplicemente con un aumento delle diagnosi.
E' quanto sostiene uno "Special Report" pubblicato dal New England Journal of Medicine [1].
Insomma, più che ad una epidemia di tumori siamo di fronte ad una epidemia di "sovradiagnosi", concetto che i lettori attenti di questa testata conoscono bene.
Gli autori definiscono sovradiagnosi un "effetto collaterale sfortunato" dei nostri sforzi volti alla diagnosi precoce dei tumori.
In altre parole, grazie ad indagini sempre più sofisticate, riusciamo a diagnosticare neoplasie che in molti casi non sarebbero mai diventate clinicamente evidenti e non avrebbero mai portato a morte il paziente.
Questo concetto era già stato ribadito da Welch e coll. in un articolo del 2016 che riguardava lo screening mammografico [2]. Secondo questo studio la riduzione della mortalità da cancro mammario osservata era dovuta soprattutto al miglioramento delle terapie disponibili più che allo screening [2].
Per tornare allo studio del 2019 può essere utile sintetizzare alcuni punti.
Secondo Welch e coll. per interpretare correttamente l'aumentata incidenza di neoplasie osservata si devono considerare due altri fattori: il trend della mortalità oncologica e l'incidenza di malattia metastatica.
Dal 1975 al 2015 sono state analizzate l'incidenza, la mortalità e la malattia metastatica delle neoplasie negli USA utilizzando i dati del SEER (Surveillance, Epidemiology and Result Program).
Nel linfoma di Hodgkin si è assistito ad una incidenza costante e a una riduzione della mortalità: questo significa un miglioramento delle terapie disponibili.
Un andamento analogo si è visto per la leucemia mieloide cronica e il tumore dello stomaco: nel primo caso grazie a terapie più efficaci, nel secondo caso grazie al trattamento dell'infezione da H. Pylori.
Al contrario nel caso di tumori renali e melanoma c'è stato un aumento dell'incidenza mentre la mortalità è rimasta stabile: questo si spiega probabilmente con una sovradiagnosi.
Diverso ancora il caso del tumore mammario dove lo screening ha giocato un ruolo decisivo:
ad un aumento delle diagnosi è corrisposta una riduzione della mortalità. Come è stato suggerito precedentemente [2] questo è dovuto probabilmente più ad un miglioramento delle terapie disponibili che ad un effetto dello screening.
Nel caso di tumore prostatico si è avuto dapprima un aumento dell'incidenza, ma in seguito una sua drastica riduzione, quando numerosi studi hanno evidenziato i limiti dello screening con PSA. Gli autori, nel definire questo fenomeno, utilizzano un termine borsistico: aumento della "volatilità".
Questo in sintesi lo "Special Report". Dal canto nostro non possiamo che ripetere quanto già ampiamente scritto in precedenza: gli screening sono una medaglia a due facce.
Da una parte la diagnosi precoce può permettere interventi e terapie meno invasivi e più efficaci, dall'altra può portare, oltre ad ovvi falsi negativi e falsi positivi, al fenomeno della sovradiagnosi. Questo fenomeno non ha effetti neutri in quanto espone il paziente a trattamenti e interventi non necessari e non privi di effetti avversi.
Per questo è importante che, nella corretta informazione del paziente, sia presentato un quadro completo del rapporto benefici/rischi in modo da favorire una scelta consapevole.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Welch HG et al. Epidemiology Signatures in Cancer. N Engl J Med 2019 Oct 3; 381:1378-1386.
2. Welch HG et al. Breast-Cancer tumor size, overdiagnosis, and Mammography Screening Effectiveness. N Engl J med 2016 oct 13; 375:1438-1447.