E' corretto l' uso di lasciare le ricette mediche incustodite in sala d' aspetto per facilitarne il ritiro da parte dei pazienti?
E' indispensabile lasciarle in busta chiusa, ma anche tale avvertenza puo' non essere sufficiente in caso di "incidenti" come un ritiro erroneo o volontario da parte di estranei. In questo caso possono esserci conseguenze per il medico.
Abbiamo chiesto in merito il parere dello Studio Legale Cermignani, di Roma.
Oramai costituisce prassi diffusa il deposito delle ricette mediche, nella sala d’attesa degli studi, onde evitare inutili attese ai pazienti che richiedano la sola prescrizione di farmaci.
Si chiede di conoscere la compatibilità di tale procedura con le disposizioni della legge n. 196/2003 (cd. “Codice della privacy”), in relazione a due diversi profili: a) la possibile lesione del diritto alla riservatezza del paziente; b) la possibile mancanza di idonee misure di sicurezza ed organizzative.
a) La tutela della “riservatezza del paziente” non appare ostativa alla prassi in oggetto, essendo sufficiente la predisposizione di alcuni accorgimenti organizzativi: l'insermento della ricetta medica in una busta chiusa (condotta che rende conseguentemente “lecita” l’indicazione del nome del paziente sulla busta); la predisposizione di un solo comune schedario, ordinato per nome, o anche più schedari, purchè ordinati con criteri “neutrali” (come, ad es., la data della richiesta) e non “discriminatori” (come, ad es., la tipologia di farmaco prescritto).
Va infine evidenziato che la ricetta medica è documento redatto su “supporto cartaceo” dal professionista, a “richiesta e nell'interesse” del paziente: pertanto, non si pone alcun problema di trattamento di dati sensibili, ma soltanto la fondamentale questione della “temporanea custodia” della ricetta medica compilata.
b) Peraltro va evidenziato, quali che siano le caratteristiche dello studio medico e le misure di sicurezza concretamente predisposte dal professionista, che non si può comunque prescindere dalla presenza di una persona fisica preposta, comunque, allo schedario contenente le ricette mediche già compilate.
E' evidente che uno studio medico dotato di reception, o di altri mezzi di accesso controllato, comporta minori rischi di sottrazione volontaria di ricette mediche, rispetto ad uno spazio accessibile da chiunque (come, ad es., alcuni studi medici siti al piano terra ... ); anche la predisposizione di una telecamera nella sala d’attesa, seppur serio disincentivo alla sottrazione volontaria, certamente non elimina il rischio di sottrazioni colpose.
Va ancora sottolineato che, secondo l’ordinamento giuridico, nel caso in cui un soggetto ritiri, erroneamente, una ricetta medica non propria:
- tale condotta non può considerarsi illecita ed è comunque scusabile;
- al contrario, il professionista è soggetto a sanzione, a meno che non dimostri di aver predisposto ogni misura idonea ad evitare “incidenti”di sorta.
Pertanto, in considerazione di quanto disposto dal Codice della privacy e dai disciplinari tecnici in materia, onde evitare rigorosamente che un soggetto (anche un non-paziente) entri in possesso (scientemente o per errore) di una altrui ricetta medica (accedendo così ai dati sensibili ed ai farmaci prescritti), appare indispensabile organizzare una “consegna” delle ricette mediche, e non già il semplice “ritiro” delle stesse.
Avv. Carlo Cermignani - Roma
avvcarlocermignani@virgilio.it