Quando la necessità diviene virtu'
La pandemia da Sars-Cov2 ha imposto le ferree regole della prevenzione epidemiologica: evitare sempre il contatto e la vicinanza fisica e, ove assolutamente necessario per il paziente, proteggere gli operatori sanitari e limitare il loro intervento alle procedure indispensabili per la tutela della salute. Negli USA ad esempio alcune associazioni professionali mediche sconsigliano l'esame clinico nei pazienti asintomatici (1).
Molte regioni italiane durante la fase più acuta della epidemia hanno per questi motivi incentivato i controlli telematici dei pazienti: alcuni specialisti, ad esempio i diabetologi, hanno svolto efficacemente la propria attività utilizzando anche questi strumenti; nel caso citato l’iter prevede che i pazienti già noti inviino per e-mail i dati ematochimici, la PA, il BMI, eventuali esami strumentali: lo specialista risponde al paziente ed al curante fornendo un parere sul compenso metabolico e proponendo eventuali aggiustamenti della terapia.
Alcune importanti organizzazioni sindacali hanno offerto gratuitamente ai propri iscritti piattaforme digitali per la effettuazione di visite a distanza, e la regione Veneto ha approvato questa innovazione inserendola tra i requisiti necessari per ottenere gli incentivi economici previsti dall'accordo regionale.
Durante la fase acuta della epidemia in varie regioni italiane molti pazienti sono stati visitati e monitorati a distanza, ad esempio anche semplicemente utilizzando la telecamera di WhatsApp od il collegamento via Skype.
Il diffondersi di queste importantissime innovazioni tecnologiche ha suscitato un considerevole entusiasmo, specie tra i medici delle cure primarie. Negli Usa il prestigioso Jama ( Journal of American Medical Association) segue con grande interesse questi radicali cambiamenti(2) ed in tutto il mondo occidentale si parla sempre più spesso di Nuova Era della Telemedicina.
La storia tuttavia ci insegna che gli esseri umani tendono spesso a sopravvalutare le novità cadendo in due importanti bias cognitivi, ben noti agli psicologi: la “Overconfidence” ovvero la sovra- valutazione, e la “Omission byas” ovvero la “Scotomizzazione”, che porta ad accettare acriticamente tutti gli aspetti positivi, evitando la ricerca sistematica dei potenziali effetti negativi(3).
Può la Tele-visita sostituire l'esame clinico o, se preferiamo, è ancora indispensabile il contatto con il malato per formulare una diagnosi corretta e proporre una terapia efficace?
La risposta questo importantissimo quesito non è né semplice ne univoca, ma cercheremo di formularla per apposizioni successive, sulla base di quanto da decenni ci propone una imponente mole di studi e di riflessioni.
1) Il primo dato di fatto è che la tele-visita può essere molto utile anche al di fuori dei periodi epidemici, in tutte le circostanze e le situazioni in cui il contatto diretto possa apportare ben poche informazioni utili; abbiamo già citato le visite diabetologiche, ma molte visite di controllo in pazienti compensati e stabili non richiedono un contatto diretto.
2) Un secondo dato di fatto è che nei pazienti con sintomi non chiari o con malattie non stabilizzate il vecchio esame obiettivo è ancora il “gold standard” per formulare una ipotesi diagnostica e terapeutica In queste circostanze rinviamo ad un recente articolo di un notissimo clinico americano: nel tempio della tecnologia i medici americani documentano la grande importanza dell'esame clinico(4).
Se ci limitiamo al piano delle necessità, tuttavia, molti potrebbero concludere che il futuro è la tele-visita e che il contatto con il paziente dovrebbe avvenire solo se strettamente necessario. In realtà la ricerca neuroscientifica ci ha fornito importanti ed innovative conoscenze sulla relazione medico- paziente in base alle quali il contatto fisico, sia pure di pochi minuti, si dimostra essenziale per una buona diagnosi e per una efficace terapia. Ecco in sintesi i dati che ci provengono dalle neuroscienze.
Un approccio “neuro scientifico” alla tele-visita
A) La diagnosi medica ed in particolare la intuizione diagnostica non sono una semplice procedura logica,ma piuttosto la risultante di un processo neuropsicologico. Al buon medico non è sufficiente vedere: deve ascoltare, sentire, palpare, percuotere: tutte queste afferenze sensoriali forniranno dati utili per la diagnosi; le afferenze sensoriali saranno successivamente modulate ed influenzate non solo dalla fredda logica, ma anche dalla motivazione del medico,dal suo stato d'animo, dai sentimenti positivi o negativi che il paziente evoca in lui, dalle sue passate esperienze umani e professionali.
Si crea così una imponente mole di dati che viene elaborata lungamente ed in parte inconsapevolmente, e che conduce come risultante a diagnosi a volte decisamente brillanti. Per comprendere questo processo dobbiamo ricordare che è stato dimostrato che la maggior parte della nostra attività cognitiva è sotto-corticale e che anche strutture un tempo sottovalutate quali i nuclei della base e cervelletto sono implicati nelle elaborazioni cognitive(5)
B) Il cervello del paziente è in uno stato particolare molto ben descritto in due essenziali testi dal neuroscienziato Fabrizio Benedetti (6,7): il paziente ha delle aspettative, a volte positive a volte negative nei confronti del medico, che influenzano fortemente la efficacia della terapia. Egli è inoltre anche in uno stato emotivo particolare, ha necessità di avvertire la disponibilità emozionale del medico a prendersi cura di lui; se ciò avviene il paziente ha fiducia e collabora attivamente con il medico.
In questa delicata fase il contatto diretto, a volte anche fisico, è essenziale: non è sufficiente vedere il medico magari in una immagine deformata al computer con una voce alterata; è necessario averlo di fronte, sentire che è interessato, notare dalla sua mimica la partecipazione e l'impegno.
E’ necessario anche per il paziente l’ attivazione di afferenze multisensoriali perché si crei uno stato d'animo favorevole ad una evoluzione positiva…
Concludendo numerosi studi dei decenni passati, centrati sulla relazione medico-paziente, ma in particolare le ricerche delle neuroscienze sul cervello del paziente e sull'effetto placebo e nocebo dimostrano la grande importanza della visita clinica e del contatto diretto tra medico e paziente. Tanto il processo diagnostico che il percorso terapeutico sono eventi che richiedono stimoli multisensoriali, non solo visivi.
Infine non dobbiamo dimenticare gli aspetti medico-legali del problema. Se dopo una televisita avviene un …decesso, il magistrato si accontenterà delle giustificazioni, quali che siano, del medico curante? O non chiederà spiegazioni del “perché” non si è andati al domicilio del paziente per verificare personalmente la sua situazione clinica? E cosa avverrà in caso di complicanze dovute al mancato ricovero, in quanto la tele-visita non aveva evidenziato qualche elemento clinico importante e grave? Per non parlare poi dei ritardi diagnostici di malattie severe…
Come si può osservare, il problema è ancora molto complesso e di difficile inquadramento, e quindi, come sempre, è la prudenza ed il bene del paziente che devono sempre guidarci nel cambiamento dei comportamenti professionali.
La tele-visita è una risorsa di grande importanza e di grande utilità in determinate situazioni, ma non può sostituire la comune, pluri-secolare visita medica.
Riccardo De Gobbi, Roberto Fassina, Giampaolo Collecchia
Bibliografia
1) Society of General Internal Medicine. Five things physicians and patients should question. Choosing Wisely. September 12, 2013. Updated February 15, 2017. Accessed May 8, 2020. https://www.choosingwisely.org/societies/society-of-general-internal-medicine
2) Paul Hyman: The Disappearance of the Primary Care Physical Examination—Losing Touch
JAMA Intern Med. Published online August 24, 2020. doi:10.1001/jamainternmed.2020.3546
3) Pat Croskerry, M.D., Ph.D.: From Mindless to Mindful Practice — Cognitive Bias
and Clinical Decision Making N Engl J Med 368;26 nejm.org june 27, 2013
4) Parks T. Dr. Abraham Verghese looks at the patient-physician relationship. American Medical Association. January 20, 2016. Accessed May 8, 2020. https://www.ama-assn.org/delivering-care/patient-support-advocacy/dr-abraham-verghese-looks-patient-physician-relationship
5) Purves D, Brannon E, et al.: Neuroscienze Cognitive.- Zanichelli Ed.Bologna, 2014 pg.
6 ) Benedetti Fabrizio: Il Cervello del paziente Giovanni Fioriti Ed. Roma 2012 pg. 165 e seg.
7) Benedetti Fabrizio: Effetti Placebo e Nocebo Giovanni Fioriti Ed. Roma 2015 pg. 96 e seg.