La Legge 24 marzo 2001, n. 89, c.d. Legge Pinto, ha introdotto nel nostro ordinamento una procedura volta ad ottenere la equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo.
Si considera rispettato il termine c.d. ragionevole “se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. […] Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni”.
Il giudice, di regola, liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro non inferiore ad euro 400,00 e non superiore ad euro 800,00 per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo. La somma liquidata può essere incrementata fino al 20% per gli anni successivi al terzo e fino al 40% per gli anni successivi al settimo. La somma può essere diminuita fino al 20% quando le parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40% quando le parti del processo sono più di cinquanta.
Tale domanda di riparazione può essere proposta entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.
Ebbene, ciò che caratterizza tale rimedio è la celerità con cui si svolge l’intero procedimento. Infatti entro trenta giorni dal deposito del ricorso, il presidente della Corte d'Appello, o un magistrato della Corte a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato.
Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge all'Amministrazione contro cui é stata proposta la domanda, di pagare senza dilazione la somma liquidata a titolo di equa riparazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione. Inoltre, nel decreto il Giudice liquida le spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.
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Jessica Pischedda
Saraceno e Associati Studio Legale