Due studi portano nuove evidenze circa il trattamento dei pazienti ambulatoriali con COVID-19 a rischio evolutivo.
In una pillola precedente [1] era stato recensito un piccolo studio che suggeriva l'efficacia di un antidepressivo, la fluvoxamina, nel trattamento della COVID-19.
Ora è stato pubblicato uno studio con maggiore casistica, lo studio TOGETHER [2] effettuato in pazienti con COVID-19 sintomatici e ad alto rischio di peggioramento.
Dopo randomizzazione i partecipanti sono stati trattati con fluvoxamina (100 mg x 2/die per 10 giorni) oppure con placebo. Lo studio era in cieco.
Il trial è stato interrotto il 5 agosto 2021 dopoche erano stati arruolati 1497 pazienti perchè vi era una chiara superiorità della fluvoxamina.
I partecipanti avevano in media 50 anni (range da 18 a 102) e nel 58% dei casi erano di sesso femminile. La percentuale di pazienti che furono ricoverati risultò essere dell'11% nel gruppo fluvoxamina e del 16% nel gruppo di controllo (RR 0,68; 95%CI 0,52-0,88).
I decessi furono 17 su 741 nel gruppo fluvoxamina e 25 su 756 nel gruppo controllo.
Gli eventi avverso non differivano tra i due gruppi.
Gli autori concludono che nei pazienti con COVID-19 ambulatoriali ad alto rischio evolutivo un trattamento precoce con fluvoxamina riduce le ospedalizzazioni.
Che dire?
Si tratta di uno studio con una casisitica numerosa che suggerisce che il trattamento con un farmaco ampiamente disponibile ed economico, purchè effettuato nelle fasi iniziali della malattia, riduce il rischio di peggioramento e di ricovero del 32%.
L'efficacia della fluvoxamina appare minore rispetto a quella del molnupuravir [3] (che riduce il rischio di circa il 50%) e del nuovo farmaco antivirale PAXLOVID che secondo la comunicazione dell'azienda produttrice riduce il rischio di ricovero o decesso addirittura dell'89% [4].
Tuttavia va osservato che la fluvoxamina è già ora liberamente disponibile e potrebbe essere un'opzione utile per i medici territoriali nei pazienti ambulatoriali.
Il PAXLOVID è composto da un inibitore dalla proteasi virale e da una bassa dose di ritonavir che ha lo scopo di prolungare l'emivita dell'inibitore) ed è stato testato nello studio EPIC-HR. Lo studio non è ancora stato pubblicato ed è stato oggetto solo di un comunicato stampa. Anche in questo caso il trial è stato interrotto anticipatamente per motivi etici data la chiara superiorità del PAXLOVID. Nel trial erano stati reclutati circa 1900 pazienti ambulatoriali con COVID-19 a rischio evolutivo (età > 60 anni oppure presenza di comorbilità). Dopo randomizzazione il trattamento è iniziato entro 3 oppure entro 5 giorni dai sintomi. Nel gruppo trattato entro 3 giorni le ospedalizzioni furono 3 su 389 con PAXLOVID e 27 su 385 con il placebo; nel gruppo trattato entro 5 giorni le ospedalizzazioni furono rispettivamente 6 su 607 e 41 su 612.
I decessi fuono in tutto 10 nel gruppo placebo e zero nel gruppo PAXLOVID.
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id?7515