Morbo di Crohn: una panoramica sull' argomento
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Argomento: Medicina Clinica


Una breve messa a punto sulla malattia di Crohn, ad opera del collega Renato Rossi.
Patogenesi, sintomatologia, diagnosi, opzioni terapeutiche

Cos'è il morbo di Crohn?
Il morbo di Crohn è una malattia cronica del tratto gastrointestinale le cui caratteristiche anatomopatologiche fondamentali sono la presenza di zone di flogosi transmurale di tipo granulomatoso in varie sedi del tubo digerente e la possibile formazione di fistole.
La parti più colpite sono l'ileo terminale, la zona ileocecale, l'intero tratto del colon e la regione anale e perianale. Tuttavia il morbo di Crohn può colpire l'intero tratto gastrointestinale, per cui non sono rari i casi di interessamento dello stomaco, dell'esofago e persino della faringe e della bocca.
Si distinguono tre tipi principali:
1) il tipo infiammatorio
2) il tipo fistolizzante ( o penetrante)
3) il tipo stenosante
Possono tuttavia esistere, nello stesso paziente, forme miste.

Quanto è frequente il morbo di Crohn?
Sono riportati ogni anno circa 1-15 casi di nuova diagnosi di morbo di Crohn ogni 100.000 abitanti. L'incidenza varia notevolmente a seconda del paese, probabilmente anche perchè in alcuni la diagnosi viene posta più spesso che in altri. Tuttavia negli ultimi decenni la malattia sembra aumentare notevolmente, anche in conseguenza di una maggior attenzione dei medici e di un miglioramento della diagnosi. L'incidenza è maggiore nelle aree urbane che in quelle rurali.
La malattia colpisce più frequentemente le donne nella fascia d'età che va dai 30 ai 50 anni.

Quali sono le cause del morbo di Crohn?
Le cause non sono note. Si ritiene che entrino in gioco sia fattori di tipo genetico che fattori ambientali che fungono da cause scatenanti. La predisposizione genetica implica probabilmente un difetto del sistema immunitario intestinale, mentre tra i fattori esterni scatenanti vanno ricordati la dieta (soprattutto se caratterizzata da una elevata assunzione di zuccheri) e il fumo.
Va ricordata anche l'ipotesi infettiva perchè in alcuni pazienti con morbo di Crohn è stato ritrovato il Micobatterio avium a livello intestinale.

Quali sono i sintomi?
I sintomi possono essere di tipo gastroenterico e di tipo extraintestinale. Tra i primi ricordiamo: il dolore addominale, la diarrea, l'emissioni di feci frammiste a muco e/o sangue, il dolore perianale, la presenza di fistole perianali. Può essere presente anche calo ponderale.
I sintomi extraintestinali comprendono: manifestazioni articolari (artrite, artralgia), dermatopatie (eritema nodoso, afte buccali, pioderma gangrenoso), manifestazioni oculari (uveite, episclerite, irite ricorrente).
La sintomatologia evolve con un decorso cronicizzante caratterizzato da periodi più o meno prolungati di acuzie alternati a fasi di remissione. Il paziente in realtà non guarisce mai dalla malattia ed ha una elevata probabilità di andar incontro alla necessità di un intervento chirurgico per il verificarsi di complicanze (stenosi, fistolizzazioni) oppure per mancata risposta al trattamento farmacologico. Si calcola che circa la metà dei pazienti dovrà essere operata entro 10 anni dall'esordio della malattia e che, comunque, nel decorso, circa 7-8 pazienti su 10 dovranno essere sottoposti ad intervento.
La malattia di Crohn porta anche ad un aumento della mortalità rispetto alla popolazione generale: mentre in alcuni studi l'aumento della mortalità era solo lievemente aumentato, in altri viene riferito un aumento fino a 5 volte.
Data la relativa rarità della malattia non di rado la diagnosi viene posta in ritardo, dopo mesi o talora qualche anno dall'insorgenza della sintomatologia, e questo è un problema rilevante perchè le forme diagnosticate e trattate precocemente hanno, probabilmente, una progosi migliore.

Come si diagnostica il morbo di Crohn?
Il sospetto diagnostico dovrebbe insorgere di fronte a disturbi intestinali persistenti, soprattutto se associati a segni o sintomi di tipo generale (come la perdita di peso o la febbre) oppure a manifestazioni extraintestinali.
Gli esami di laboratorio non sono diagnostici, ma possono evidenziare anemia, piastrinosi, aumento della VES e della proteina C reattiva. Possono risultare alterati anche i test di funzionalità epatica e gli elettroliti. La coprocoltura risulta negativa.
La diagnosi di certezza viene posta con l'esame endoscopico e il prelievo bioptico delle aree sospette, con successivo esame istologico e può risultare difficile quando le lesioni non interessano il colon. La colonscopia eseguita in sedazione può permettere l'esame dell'ultimo tratto dell'ileo.
Gli esami radiologici del piccolo intestino con bario possono essere utili nel determinare localizzazioni ed entità delle lesioni e delle fistole. L'ecografia dell'ultima ansa ileale può mostrare un ispessimento, che in mani esperte assume un elevato valore indicativo, inoltre l'ecografia può essere utile per evidenziare lesioni tubariche ed ovariche. La TAC addominale può evidenziare localizzazioni extramurali, epatiche, pelviche, fistole ed ascessi. La RMN è più utile dell'ecografia per la diagnosi di lesioni pelviche.
L'endoscopia delle vie digerenti superiori con prelievo per esame istologico viene usata nelle forme ad interessamento alto.
La diagnosi differenziale con la colite ulcerosa può risultare particolarmente difficile (anche dal punto di vista istologico) quando la malattia è localizzata solo al colon.

Come si cura il morbo di Crohn?
E' opportuno che la terapia venga impostata con la supervisione di un medico specialista nel trattare la malattia. Lo scopo del trattamento è quello di indurre una remissione dei sintomi e successivamente di mantenere il paziente in remissione.
I farmaci usati possono essere sostanzialmente distinti in quattro classi: gli aminosalicilati (mesalazina), gli steroidi, i farmaci biologici e gli immunosoppressori.
Le mesalazina (alla dose di 4 g/die) viene iniziata per indurre la remissione nelle forme lievi e moderate, tuttavia è probabile che l'efficacia sia modesta. Sembrerebbe più utile per mantenere la remissione dopo terapia chirurgica, ma non nelle remissioni ottenute dopo terapia medica.
I corticosteroidi sono i farmaci di prima scelta per indurre la remissione, ma non sono efficaci per il mantenimento della stessa. Non ha quindi senso continuare ad usarli una volta ottenuta la remissione dei sintomi. Nelle forme lievi e moderate si preferisce la budesonide per i suoi minori effetti sistemici, mentre per le forme più impegnative è di scelta il prednisolone.
I farmaci biologici sono rappresentati da anticorpi monoclonali (infliximab, adalimumab) che agiscono inibendo l'azione della citokina TNF alfa (Tumor Necrosis Factor alfa), coinvolta nella infiammazione che è alla base del Crohn. Gli anticorpi monoclonali vengono somministrati per via parenterale ed hanno una emivita molto lunga per cui la loro azione persiste per molti giorni.
Gli immunomodulatori sono rappresentati dalla azatioprina, dalla mercaptopurina e dal metotrexato. Essi agiscono in maniera meno specifica rispetto agli anticorpi monoclonali, inibendo la risposta immunitaria.
Sia gli anticorpi monoclonali che gli immunomodulatori sono quindi in grado di cambiare, potenzialmente, il decorso della malattia e vengono usati sia per indurre la remissione che per mantenerla. Tuttavia, proprio per il loro meccanismo d'azione, sono gravati da effetti collaterali come la comparsa di infezioni opportunistiche.


Quali farmaci scegliere?
Tradizionalmente la scelta del farmaco iniziale tiene conto della gravità della malattia. Nelle forme lievi e moderate si può iniziare con lo steroide, mentre nell forme che non rispondono o che appaiono subito più gravi si parte con i farmaci immonomodulanti, ricorrendo agli anticorpi monoclonali nelle forme gravi e/o nei non responders. Tuttavia si è fatto strada negli ultimi anni un atteggiamento diverso che si basa sull'ipotesi che ricorrendo alle terapia biologiche precocemente, nelle fasi iniziali, si può interagire e cambiare il decorso della malattia. Questa nuova strategia prevede quindi di iniziare subito con un anticorpo monoclonale associato ad azotioprima e dati preliminari mostrano risultati a breve termine superiori a quelli ottenuti con la terapia convenzionale. E' ancora presto tuttavia per trarre conclusioni definitive. In effetti le linee guida consigliano di personalizzare la terapia e decidere se usare o meno i farmaci biologici basandosi su vari parametri come l'aspettativa di vita, la gravità della malattia, la presenza di complicanze, la risposta a precedenti terapie, etc. Proprio per la complessità della scelta è preferibile che la gestione di questo tipo di pazienti sia condivisa con uno specialista esperto dell'argomento. Al medico di famiglia spetta invece il compito di monitorare il trattamento per evidenziare precocemente la comparsa di effetti collaterali come la mielosoppressione, la tossicità epatica e pancreatica, lo sviluppo di infezioni opportunistiche (polmoniti, TBC, aspergillosi) e la possibilità di un aumentato rischio oncologico. E' opportuno inoltre conoscere le controindicazioni alla terapia con gli anticorpi monoclonali che comprendono le sepsi, la TBC, la neurite ottica e le neoplasie.

Esistono altre terapie?
Sono stati proposti trattamenti a base di olio di pesce e di probiotici, ma per il momento non vi sono prove sufficienti per un loro utilizzo.
Importante è che il paziente, se fuma, smetta, perchè è stato visto che chi fuma ha una probabilità molto elevata di recidiva una volta ottenuta la remissione.
La loperamide, usata occasionalmente a scopo sintomatico, può trovare impiego in caso di diarrea mentre gli antibiotici sono utili se vi è una sovrapposizione infettiva, come per esempio un ascesso perianale.

Quando la chirurgia?
La chirurgia viene presa in considerazione nei pazienti con complicanze come per esempio stenosi o fistole con ascessualizzazione o fistole che non guariscono con la terapia medica, oppure nei casi molto gravi che non rispondono al trattamento farmacologico. Nei pazienti con localizzazione limitata al colon si ricorre alla colectomia segmentaria, ma qualche volta è necessario arrivare alla colectomia totale, mentre quando la malattia ha sede nel piccolo intestino l'intervento consiste nella resezione del tratto interessato. Le resezioni effettuate per via laparoscopica stanno diventando sempre più comuni, soprattutto quando la zona da asportare è il tratto ileocecale. Nel caso di stenosi talora può essere sufficiente ricorrere ad una dilatazione endoscopica. Come si è già detto, circa 7-8 pazienti su 10 andranno incontro, nel corso della malattia, ad un qualche tipo di intervento chirurgico.


Renato Rossi


Referenze

1. Cummings FR et al. Medical management of Crohn’s disease. BMJ 2008 May 10;336;1062-1066
2. Podolsly DK. Inflammatory bowel disease. N Engl J Med 2002 Aug 8; 347: 417-429.
3. Knutson D et al. Management of Crohn’s Disease—A pratical approach. Am Fam Physician 2003 Aug 15; 68: 707-714.
4. Wu GY et al. Crohn Disease. http://www.emedicine.com/med/TOPIC477.HTM (accesso del 28 ottobre 2008).







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