Commette il reato di rifiuto di atti di ufficio il medico che si rifiuta perentoriamente di visitare il paziente oncologico grave con veramente pleurico in corso, perché è inutile. In presenza di una situazione critica si e’ fuori dall’ambito di discrezionalita’ del medico (Cass 23406/2022)
I fatti:
Un medico in servizio in un reparto di medicina viene condannato in primo e secondo grado per "Rifiuto di atti di ufficio" ('art. 328 c.p.) in quanto si rifiutava di visitare in qualità di medico in servizio nel reparto di medicina un paziente neoplastico con versamento pleurico destro e difficolta’ respiratorie, inviatogli dal Pronto Soccorso dove era stato assegnato un codice giallo in quanto affetto da una forma morbosa grave.
Al sanitario veniva contestato anche l’accesso nel reparto con 45 minuti di ritardo rispetto all'inizio del turno, ma soprattutto di essersi rifiutato di visitare il paziente suddetto nonostante i solleciti del figlio, a cui il medico voltava, le spalle allontanandosi.
Il figlio, a quanto risulterebbe, avrebbe poi aggredito il medico.
Il medico ricorreva in Cassazione e, a sua difesa, sottolineava che l’ accesso in ritardo nel reparto poteva rivestire inadempimento contrattuale, ma non penale.
In secondo luogo ritiene che il vero responsabile della mancata visita sarebbe il medico del turno precedente, che non può lasciare il reparto fino a quando il medico del turno successivo non sia arrivato;
Sostiene inoltre di non aver potuto vistare il paziente perché aggredito dal figlio di quest'ultimo;
La Cassazione respingeva il ricorso del medico.
Si sottolineava come fosse provato il rifiuto dell'imputato al compimento degli atti d'ufficio a cui era tenuto non a causa del ritardo, bensì per il suo netto rifiuto. Il ritardo era stato valutato solo come indice rivelatore della condotta del medico nella vicenda nel suo complesso.
Veniva giudicata inammisibile anche la giustificazione addotta dal sanitario che aveva affermato che: "la visita al paziente non si sia potuta svolgere a causa della feroce aggressione da parte dei familiari del degente" perché sia la sentenza di primo grado, che la sentenza impugnata hanno accertato che il rifiuto dell'imputato a visitare il paziente è stato anteriore all'aggressione e ne è stato la causa, non la conseguenza.
Dalla sentenza emerge che "sono state accertate poi le plurime sollecitazioni rivolte all'appellante affinché si recasse a visitare quel degente, così come la scelta delibata di non farlo... Netto è il rifiuto di visitare l'uomo, manifestato anche inforcando il corridoio che portava al reparto di cardiologia, abbandonando parenti e paziente, decidendo di non visitarlo."
Nella sentenza e’ stato precisato che "si era obiettivamente al di fuori dell'ambito della discrezionalità tecnica del medico, in quanto le condizioni del paziente erano critiche e sussisteva un preciso obbligo del medico di procedere immediatamente alla visita del paziente, peraltro in attesa da un'ora e mezza."
In ogni caso, ricorda la Corte: "integra il reato di rifiuto di atti di ufficio, la condotta del medico di guardia in servizio presso una casa di cura che, richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico in relazione alla progressiva ingravescenza delle condizioni di salute di un paziente ivi ricoverato, ometta di procedere alla visita ed alla diretta valutazione della situazione, a nulla rilevando che il paziente sia comunque assistito dal suddetto personale, incaricato di monitorarne le condizioni fisiche e i parametri vitali, e che, in tal caso, la valutazione del sanitario si fondi soltanto su dati clinici e strumentali."
Daniele Zamperini