Dapagliflozin nello scompenso con F.E. lievemente ridotta o conservata.
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Argomento: Medicina Clinica





Sono stati presentati a Barcellona, al meeting annuale dell’European Society of Cardiology, i risultati dello studio DELIVER.


Lo studio DELIVER ha arruolato 6263 pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione > 40% randomizzati a ricevere, oltre alla terapia standard, dapagliflozin /10 mg/die) oppure placebo.
L’endpoint primario era di tipo composto: peggioramento dello scompenso cardiaco (definito come necessità di ricovero o di visita al Pronto Soccorso) o morte da causa cardiovascolare.
Il follow-up è stato in media di 2,3 anni. L’endpoint primario si è verificato nel 16,4% del gruppo dapagliflozin e nel 19,5% del gruppo placebo (HR 0,82; 95%CI 0,73-0,92; p < 0,001).

Il peggioramento dello scompenso si è verificato rispettivamente nel 11,8% e nel 14,5% (HR 0,79; 95%CI 0,69-0,91), i decessi cardiovascolari nel 7,4% e nell’8,3% (HR 0,88; 95%CI 0,74-1,05).
Questi risultati erano simili sia nei pazienti con frazione di eiezione ≥ 60% sia in quelli con valori < 60% e in tutti i sottogruppi prespecificati, inclusi i diabetici e i pazienti con frazione di eiezione migliorata (una nuova categoria introdotta di recente che individua soggetti con scompenso cardiaco che grazie alla terapia standard vede migliorare i valori della frazione di eiezione).

I risultati dello studio sono stati presentati a Barcellona al meeting annuale dell’European Society of Cardiology (ESC) tenutosi dal 26 al 29 agosto 2022. In uno studio precedente [2] il dapagliflozin si era dimostrato efficace anche nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ridotta (studio DAPA-HF).

I risultati combinati dei due studi mostrano che il dapagliflozin è utile in tutti i casi di scompenso cardiaco, indipendentemente dal valore della frazione di eiezione. Da ricordare che anche l’empagliflozin [3] si è dimostrato efficace nei casi di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata [studio EMPEROR-Preserve), anche se in questo caso i benefici del trattamento non si erano visti quando la frazione di eiezione era superiore al 60%.

Da ricordare anche lo studio SOLIST-WHF in cui è stato usato un altro inibitore del SGLT2, il sotagliflozin.
Un’analisi combinata di tutti gli studi in cui sono stati usati questi farmaci nello scompenso cardiaco [4] ne conferma l’efficacia in tutti i pazienti con scompenso cardiaco, indipendentemente dalla frazione di eiezione.

Il messaggio è chiaro: a meno che non vi siano chiare controindicazioni al loro uso gli inibitori del SGLT2 devono entrare a far parte della terapia standard dello scompenso cardiaco, a prescindere dalla presenza o meno di diabete e dal valore della frazione di eiezione.

Renato Rossi


Bibliografia

1. Solomon SD et al for the DELIVER Trial Committees and Investigators. Dapagliflozin in Heart Failure with Mildly Reduced or Preserved Ejection Fraction. N Eng J Med. Pubblicato online il 27 agosto 2022. DOI: 10.1056/NEJMoa2206286

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7240

3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7739

4. Vaduganathan M et al. SGLT-2 inhibitors in patients with heart failure: a comprehensive meta-analysis of five randomised controlled trials. Lancet. Pubblicato online il 27 agosto 2022.
DOI:https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)01429-5







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