Va valutato infatti anche l’ art 368 (Favoreggiamento):
“… Casi di non punibilità. Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, …, 365,…, 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore”.
Ovviamente non e’ possibile esprimere un giudizio senza conoscere precisamente i fatti e le motivazioni del medico, ma ritengo abbastanza chiaro che la semplice consapevolezza della reale identita’ del paziente possa di per se’ indurre un giustificato e grave timore di un “grave e inevitabile nocumento” in caso di denuncia alle autorita’.
L’ evento attuale mi ha riportato alla mente un episodio avvenuto diversi anni fa, allorche’ il sottoscritto contribuiva a tenere un corso di medicina legale ad un nutrito gruppo di medici di famiglia in una provincia del Sud.
Spiegavo i problemi ed i rischi legali connessi alle certificazioni mediche, agli errori, ed agli abusi eventualmente connessi ai certificati di comodo.
Si alzo’ un medico spettatore, vestito dimessamente e con aria un po’ smarrita, che intervenne con uno strascicato accento dialettale:
“Colleega, tu hai rrraggione, ma io lavoro a XXX. Li’ se mi chiedono un certificato falso, glielo deevo fare…”.
Spero che i lettori capiscano le implicazioni di questa affermazione, come fu per i presenti.
Nessuno dei partecipanti, neanche i funzionari al tavolo dei relatori, mostro’ di aver inteso il collega; tutti guardavano con aria assente il soffitto ed io, che non potevo fare lo stesso, elaborai una risposta che, lo confesso, era un capolavoro di ipocrisia.
Morale della favola: aspettiamo che le indagini, senza aggiustamenti o ipocrisie, illustrino il reale svolgimento dei fatti valutando gli aspetti detti sopra: se connivente o solo vittima della situazione; solo dopo prendere tutti gli idonei provvedimenti.
Opinione personale, naturalmente.
Daniele Zamperini