Come può il medico affrontare dubbi e incertezze legate allo screening del cancro prostatico?
Ercole, 54 anni, non ha mai avuto problemi di salute, ma ama informarsi e leggere gli inserti di quotidiani e di settimanali che si occupano di medicina. In uno di questi legge un articolo che suggerisce agli uomini di oltre 50 anni di “prevenire” il cancro prostatico ricorrendo al dosaggio del PSA (le virgolette sono state usate volutamente perché non si tratterebbe affatto di prevenzione ma eventualmente di diagnosi precoce).
Si reca quindi dal medico curante per avere la prescrizione. Costui non è molto convinto e gli spiega che non avendo nessun disturbo urinario potrebbe essere non del tutto indicato fare quell’esame: forse è meglio pensarci sopra, conclude.
Ercole se ne va un po’ deluso e decide di fare l’esame a pagamento in una clinica privata. Il risultato lo spaventa perché il PSA risulta essere di 7,6 ng/ml. Si rivolge quindi di nuovo al medico curante.
Costui è incerto: che fare?
Richiedere una visita urologica con la probabile conseguente cascata prescrittiva (ecografia, probabile biopsia prostatica) oppure mettere in atto una vigile attesa limitandosi a controllare il dato tra un paio di mesi?
E come spiegare a Ercole le problematiche legate allo screening del cancro prostatico: falsi positivi, falsi negativi, forme istologicamente maligne ma clinicamente indolenti, sovradiagnosi e sovratrattamenti, linee guida ed evidenze di letteratura?
Renato Rossi
Per approfondimenti:
Rossi RL. Zona d’ombra. Dubbi e incertezze tra pazienti e medicina dell’evidenza. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore. 2022.
http://pensiero.it/catalogo/libri/pubblico/zona-d-ombra