Il medico non ha diritto di decidere se il paziente deve sopravvivere o se e’ preferibile che muoia. Non deve somministrare ai pazienti terminali trattamenti eutanasici senza che siano stati richiesti o consentiti. E’ omicidio (Cass.48944/2022)
Un medico di Pronto Soccorso aveva volontariamente causato il decesso di alcuni pazienti (ricoverati in gravi condizioni) somministrando senza consenso delle terapie palliative finalizzate ad una eutanasia.
In particolare “per aver volontariamente cagionato la morte … mediante trattamenti eutanasici non richiesti, abusando dei poteri inerenti il pubblico servizio esercitato con uso di sostanze dall’ effetto venefico…”.
In altri casi, per giustificare la necessita’ di trattamenti farmacologici venefici, “ a suo puro e discrezionale arbitrio” aveva simulato inesistenti patologie e falsificato la documentazione sanitaria anche se, talvolta, in concorso con i familiari dei pazienti.
Le Corti di merito avevano condannato all’ ergastolo il medico ritenendolo colpevole di multipli omicidi volontari.
Venivano condannati anche alcuni componenti delle autorita’ sanitarie locali in quanto avevano omesso, essendo venuti a conoscenza dei fatti a seguito di segnalazioni infermieristiche, di informarne l’ Autorita’ Giudiziaria.
Il medico ricorreva in Cassazione negando intenti letiferi e sostenendo di aver attuato unicamente delle tecniche di sedazione palliativa. Sosteneva inoltre che le condizioni dei pazienti erano talmente gravi da rendere ininfluenti le terapie farmacologiche attuate dal medico.
Le Corti di merito avevano pero’ gia’ riscontrato discrepanze in merito, ed atteggiamenti indicanti un comportamento doloso (intercettazioni telefoniche indicavano la consapevolezza di eutanasia).
La Cassazione, con articolata e complessa motivazione, respingeva la tesi che i trattamenti effettuati fossero inquadrabili nei riconosciuti (ed estesamente codificati) trattamenti palliativi.
Veniva pure rimarcato il dolo, non avendo mai consultato ne’ i pazienti ne’ i loro rappresentanti, circa i trattamenti consapevolmente effettuati.
Veniva sottolineata la questione del consenso informato ricordando che, anche se i fatti sono anteriori all'entrata in vigore della legge n. 219/2017 sul consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, la trasparenza del procedimento degli interventi di medicina palliativa era comunque già imposta dalla legge n. 38/2010, mentre per quanto riguarda la regola del consenso informato essa è alla base di ogni trattamento terapeutico.
Veniva percio’ confermata, in sostanza, la condanna del medico per l'omicidio volontario di diversi pazienti terminali a cui, senza chiedere il consenso, ne’ indagarne la necessita’, somministrava cure palliative in modo del tutto arbitrario al solo fine di obbedire a proprie convinzioni su chi in quel momento, meritava o meno di vivere.
Daniele Zamperini