Alcune considerazioni su quali dovrebbero essere i valori ottimali del colesterolo LDL.
Attualmente le linee guida considerano, nei soggetti normali, un valore di colesterolo LDL ottimale inferiore a 100 mg/dl. Nei soggetti a rischio elevato si consigliano valori inferiori a 70 mg/dl mentre se il rischio è molto elevato il limite scende a valori inferiori a 55 mg/dl oppure a una riduzione del 50% dei valori basali.
Tuttavia uno studio recente [1] fa sorgere qualche dubbio.
Sono stati considerati ben 112 studi osservazionali effettuati in 34 paesi. È stata analizzata l’associazione tra cinque dei fattori di rischio cardiovascolare più usati per il calcolo del rischio e l’incidenza di malattie cardiovascolari e di mortalità totale. I cinque fattori considerati erano: il BMI, la colesterolemia non HDL, la pressione arteriosa, il fumo e il diabete. In tutto si tratta di circa un milione e mezzo di partecipanti, età media 54 anni, con un follow-up di circa 7-8 anni.
Ne sono emersi dati interessanti. Per esempio la mortalità più bassa si è registrata per valori di BMI appena superiori a 25 e per una pressione sistolica di circa 120 mmHg. Per il colesterolo non HDL la mortalità più bassa si è registrata per valori attorno a 175 mg/dl. Se si considera che il colesterolo LDL rappresenta circa il 75-85% del colesterolo non HDL si può dire che la mortalità totale più bassa si è registrata per valori di colesterolo LDL di circa 135-145 mg/dl, valori, come si vede, lontani da quelli consigliati dalle linee guida. Se è vero che bassi valori di colesterolo LDL si associano a una riduzione degli eventi cardiovascolari, perché non è così anche per la mortalità totale?
D’altra parte questi risultati trovano conferma in altri studi.
Per esempio un’analisi [2] effettuata su soggetti di circa 60 anni, con un colesterolo LDL mediamente di 150 mg/dl, seguiti per 9 anni, in percentuale variabile affetti da ipertensione, diabete, cardiopatia ischemica, ha evidenziato che la mortalità più elevata riguardava soggetti con valori di colesterolo totale inferiore a 200 e di colesterolo LDL inferiore a 130, mentre quella più bassa si registrava per i valori più elevati. Questo risultato è stato così sorprendente che gli autori parlano di paradosso e consigliano di rivalutare le attuali raccomandazioni sulla dislipdemia per la prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria.
In una revisione sistematica su 19 studi di coorte per un totale di poco meno di 70.000 soggetti anziani (> 60 anni) si è registrata un’associazione assente o inversa tra valori di colesterolo LDL e mortalità negli anziani, tanto che gli autori mettono in dubbio l’ipotesi “colesterolo”. Anche loro ritengono sia necessario rivedere le raccomandazioni delle linee guida sul target di colesterolo LDL negli anziani.
In un altro studio prospettico di coorte [4] effettuato in Danimarca su oltre 108.000 soggetti di età compresa tra 20 e 100 anni (media 81), la mortalità più bassa si è registrata per valori di colesterolo LDL di 140 mg/dl nei soggetti non in terapia con ipolipemizzanti e di circa 89 mg/dl in quelli in trattamento con ipolipemizzanti. La curva della mortalità mostrava una forma a U: era più elevata quando i valori di colesterolo LDL erano inferiori a 70 mg/dl oppure superiori a 189 mg/dl.
Una curva a U tra mortalità totale e colesterolo non HDL è stata evidenziata anche in un altro studio [7] su oltre 32.000 partecipanti al National Health and Nutrition Examination Survey. Sempre una curva a U è stata riscontrata in pazienti ipertesi [8] (in particolare il cut-off del colesterolo non HDL era a 158 mg/dl per la mortalità totale e a 190 mg/dl per la mortalità cardiovascolare) e in uomini non in terapia con statine [9] (in questo caso il cut-off era di 144 mg/dl per la mortalità totale e di 142 mg/dl per la mortalità cardiovascolare).
Risultati simili emergono da uno studio giapponese [5] secondo il quale la mortalità totale era di 2.54 volte superiore in chi aveva un colesterolo LDL inferiore a 70 rispetto a che aveva valori di 144 mg/dl.
D'altra parte i risultati derivanti dagli RCT sembrano andare in direzione opposta. Per esempio un’analisi di 34 trial in cui erano usati farmaci ipolipemizzanti [6] ha evidenziato che una terapia più intensiva era associata a una riduzione della mortalità totale e cardiovascolare rispetto a un trattamento meno intensivo. Questi risultati si manifestavano soprattutto in chi aveva valori di colesterolo LDL basali superiori a 100 mg/dl meno in chi aveva valori basali inferiori.
Perché gli studi osservazionali forniscono questi dati apparentemente in contrasto con gli RCT e le indicazioni delle linee guida? Rimane la domanda iniziale: colesterolo LDL basso, ma quanto?
Renato Rossi
Bibliografia
1. Global Cardiovascular Risk Consortium; Magnussen C, Ojeda FM, Leong DP, Alegre-Diaz J, Amouyel P, Aviles-Santa L, De Bacquer D, Ballantyne CM, Bernabé-Ortiz A, Bobak M, Brenner H, Carrillo-Larco RM, de Lemos J, Dobson A, Dörr M, Donfrancesco C, Drygas W, Dullaart RP, Engström G, Ferrario MM, Ferrières J, de Gaetano G, Goldbourt U, Gonzalez C, Grassi G, Hodge AM, Hveem K, Iacoviello L, Ikram MK, Irazola V, Jobe M, Jousilahti P, Kaleebu P, Kavousi M, Kee F, Khalili D, Koenig W, Kontsevaya A, Kuulasmaa K, Lackner KJ, Leistner DM, Lind L, Linneberg A, Lorenz T, Lyngbakken MN, Malekzadeh R, Malyutina S, Mathiesen EB, Melander O, Metspalu A, Miranda JJ, Moitry M, Mugisha J, Nalini M, Nambi V, Ninomiya T, Oppermann K, d'Orsi E, Pająk A, Palmieri L, Panagiotakos D, Perianayagam A, Peters A, Poustchi H, Prentice AM, Prescott E, Risérus U, Salomaa V, Sans S, Sakata S, Schöttker B, Schutte AE, Sepanlou SG, Sharma SK, Shaw JE, Simons LA, Söderberg S, Tamosiunas A, Thorand B, Tunstall-Pedoe H, Twerenbold R, Vanuzzo D, Veronesi G, Waibel J, Wannamethee SG, Watanabe M, Wild PS, Yao Y, Zeng Y, Ziegler A, Blankenberg S. Global Effect of Modifiable Risk Factors on Cardiovascular Disease and Mortality. N Engl J Med. 2023 Oct 5;389(14):1273-1285. doi: 10.1056/NEJMoa2206916. Epub 2023 Aug 26. PMID: 37632466; PMCID: PMC10589462.
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