Se una conversazione viene registrata da uno dei partecipanti, la procedura e’ lecita anche se clandestina: non e’ assimilabile ad intercettazione. Ne va valutato l’ utilizzo (Cass. 10079/2024)
Ne abbiamo parlato gia’ in precedenti occasioni (v. ad es. gia’ Cass. Pen 18908/2011 ) (http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=1377): la registrazione fonografica di una conversazione, svoltasi tra presenti ad opera di un soggetto che ne sia partecipe a buon diritto, non è riconducibile, anche se realizzata clandestinamente, ad intercettazione ed e’ pienamente utilizzabile in sede civile e penale.
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi, anche stavolta in sede penale, a proposito delle dichiarazioni confessorie rese dall'imputato nel corso del colloquio telefonico con la figlia, e registrate.
L’ uomo era stato sottoposto a processo sotto l’ accusa di aver costretto la nipote, in varie occasioni e con varie modalita’, per periodi prolungati e gia’ dalla minore eta’, a sottostare ad atti sessuali, aveva contestato la validita’ di tali registrazioni, da lui non espressamente consentite, che andavano considerate a suo dire alla stregua di intercettazioni e quindi inutilizzabili.
Condannato gia’ dai giudici di merito, la Cassazione ha considerato manifestamente infondata l’impugnazione posto che "le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. cod. proc. pen. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l'intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo".
La Corte ha poi affermato che "la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo".
La Corte confermava la sentenza delle Corti di merito e condannato il ricorrente anche al pagamenteo delle spese processuali.
Molta attenzione, quindi, quando ci si lascia andare a parlare in liberta’…
Daniele Zamperini